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Il futuro delle Province: approvato all’unanimità ordine del giorno per migliorarne il ruolo

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Consiglio provinciale aperto con autorità e vertici Upp. Gancia: “La Provincia di Cuneo è nata prima dell’Unità d’Italia. Oggi discutiamo un’operazione data in pasto all’antipolitica e basata sul sacrificio dell’anello più debole”

Mercoledì 5 marzo – 17.45

Un documento, già affrontato da altre Province piemontesi, che rileva le criticità del disegno di legge Delrio e chiede al Governo di porvi rimedio: è stato approvato all’unanimità dal Consiglio provinciale aperto, convocato mercoledì 5 marzo, per analizzare e porre ai voti proprio l’ordine del giorno relativo al disegno di legge “Disposizioni sulle città metropolitane, sulle Province, sulle Unioni e Fusioni di Comuni”.

Alla discussione hanno preso parte amministratori del territorio, presidenti e responsabili di associazioni ed autorità civili e militari. Presenti anche il presidente dell’Unione Province Piemontesi, Massimo Nobili, ed il segretario, Marco Orlando.

 

La Presidente della Provincia, Gianna Gancia, ha parlato di colpo di mano, spiegando: “La Provincia di Cuneo è nata prima dell’Unità d’Italia, ne abbiamo da poco festeggiato i 150 anni: quella che discutiamo oggi è un’operazione data in pasto all’antipolitica, basata sul sacrificio dell’anello più debole. Le Regioni autonome e le Province a statuto speciale ricevono fondi per noi impensabili; quelle ordinarie sono già di fatto svuotate dal taglio dei trasferimenti. La Provincia di Cuneo manterrebbe, ad esempio, la gestione delle strade: per noi una voce di spesa importante resta, quindi, lo sgombero neve e dovremmo avere in questo senso una distinzione nell’erogazione dei fondi”. Concorde il presidente del Consiglio, Giorgio Bergesio. “Il disegno di legge Delrio – dice – ha fatto un grande passo indietro con evidenti conseguenze politiche ed organizzative, perchè la Provincia non è solo un’istituzione, ma anche una comunità di persone che si coordinano per organizzare servizi”.

 

Al segretario dell’Unione Province Piemontesi è, quindi, stata affidata l’analisi delle modifiche normative e delle relative ricadute organizzative, a partire dai tempi di approvazione prolungati a fine marzo in conseguenza del probabile effetto navetta tra Senato e Camera. “La prima conseguenza del disegno di legge – ha spiegato Orlandoè la mancata abolizione delle Province, possibile unicamente tramite revisione costituzionale. Di fatto possiamo, quindi, parlare di superamento dell’attuale forma di governo delle Province. Delrio ne conferma il ruolo di ente territoriale ad area vasta, ma introduce la modifica delle circoscrizioni territoriali, a favore del nascere delle Città metropolitane”. Sul tavolo anche la riduzione del potere delle Regioni a beneficio dello Stato, le specificità delle Province a territorio totalmente montano e confinante con uno Stato estero, le modalità di elezione indiretta del Consiglio, la differente rappresentatività dei sindaci a discapito dei piccoli centri, la concentrazione del potere esecutivo nelle mani del presidente della Provincia e di eventuali consiglieri delegati, con conseguente abolizione di Giunta e del principio di collegialità. Infine le funzioni: “Il ddl svuota le Province di molte funzioni, conservando solo competenze in materia di valorizzazione dell’ambiente, trasporti, strade, rete scolastica e raccolta dati, oltre all’edilizia scolastica sottoposta all’accordo con i Comuni. Le altre funzioni (al 90%) saranno riassegnate a Regioni, Comuni o Unioni di Comuni”.

 

Massimo Nobili (presidente Upp) si è soffermato sul percorso dell’ordine del giorno illustrato ai Consigli delle otto Province piemontesi, spiegando come “oggi qualcuno si renda finalmente conto del fatto che far venir meno un ente di livello intermedio ad area vasta può mettere in discussione l’erogazione di servizi e le stesse realtà più decentrate”. Numerosi gli argomenti della sua relazione: le influenze esercitate sul provvediemnto dai grandi centri con il proliferare delle città metropolitane; la scarsa chiarezza in materia di competenze, prima fra tutte l’edilizia scolastica; il vuoto normativo in materia di personale; la specificità dei territori montani. E poi le risorse, di cui il Ddl non parla: “Le Province sono già stremate dai tagli e dal patto di stabilità che, di fatto, non permette alle amministrazioni di onorare le fatture emesse dalle aziende che lavorano. Rischiamo di avere enti con competenze e funzioni, ma senza trasferimenti. Confermiamo la disponibilità alla riduzione delle Province, in presenza di elezioni dirette degli amministratori e di gestione di crescenti competenze, così che questo ente intermedio ad area vasta possa continuare a svolgere il suo ruolo a fianco di Comuni e Regioni come accade nel resto d’Europa”.

 

L’ordine del giorno ribadisce, infatti, “la contrarietà al fatto che le Province perdano la possibilità di essere costituite da rappresentanti eletti direttamente dai cittadini in quanto ciò significa aumentare il numero dei nominati a tutto svantaggio della rappresentatività democratica che invece deve caratterizzare, con elezione a suffragio universale, le Istituzioni del Paese, trattandosi di una interpretazione costituzionalmente orientata del concetto di rappresentatività degli Enti territoriali previsti in Costituzione”. Sottolinea, inoltre, i limiti di un provvedimento che prevede, tra le altre cose, l’eliminazione dei rappresentati eletti direttamente dai cittadini, nessuna specificità per le province con territorio interamente montano e confinanti con Paesi stranieri, mancanza di chiarezza su competenze, funzioni e risorse economiche necessarie a garantire il funzionamento dei servizi. Il disegno di legge non chiarisce se rimangano in capo alle Province le competenze di pianificazione e programmazione territoriale svolte in condivisione con i Comuni e le Unioni di Comuni e la gestione dell’edilizia scolastica, nè come salvaguardare le professionalità delle risorse umane provinciali nel processo di trasformazione delle Province alla luce delle funzioni riconosciute secondo il nuovo assetto.

 

Qualche specifica in materia di costi. Le spese annue della pubblica amministrazione, come recentemente stimate dall’Unione delle Province d’Italia, sono, in Euro, le seguenti: amministrazione centrale 182 milioni di euro; previdenza 298 milioni; interessi sul debito 72 milioni; regioni 170 milioni di cui 114 per la sanità; Comuni 73 milioni e Province 12 milioni. “Ne discende, quindi – si legge nel documento -, che i veri centri di spesa e di costo, sono altri soggetti istituzionali rispetto alle Province e che, anzi, come rilevato dall’Unione Province d’Italia e dalla stessa Corte dei Conti, non si genererà una riduzione della spesa pubblica ma un suo incremento”.

 

Gli interventi del pubblico in sala hanno visto salire al tavolo dei relatori il senatore Guido Brignone: “Il mio pensiero è che questo disegno di legge, salvo emendamenti sostitutivi, non può funzionare. Un suggerimento: la Provincia di Cuneo ha un’arma. Ha subito mutilazioni territoriali nell’ultima guerra. Perchè non impugnare queste menomazioni per chiedere maggiore autonomia, a giusto risarcimento?”. Alessandro Bertaina, segretario provinciale Cisl Funzione Pubblica: “Qui ci sono circa 680 dipendenti, chiedo un intervento urgente. Sarebbe importante una riunione dei vertici delle amminsitrazioni territoriali per sanare, mediante richieste volontarie di mobilità, esuberi eventuali o carenze di dipendenti. Desidero, inoltre,  sapere qualcosa di più sulle deleghe regionali prima del 25 maggio”. L’avvocato Filippo Bonomonte: “Il provvedimento Delrio si trova in perfetto contrasto con il principio democratico. Avanzo qui un fervido appello a non ripetere l’errore della riorganizzazione giudiziaria: è solo una trasformazione che porta costi e non cambia quasi nulla”.

 

Tra i consiglieri provinciali hanno parlato Marco Perosino (Pdl), portavoce della relazione esposta dal presidente Anpci Franca Biglio durante l’audizione in Senato: “La casta ha deciso che bisognava dare qualcosa in pasto al pubblico e ha offerto le Province. Sono contrario: non è che l’ultimo atto di una serie di leggi che hanno attentato alle autonomie. Le Province – quella di Cuneo in particolare – assolvono alle loro funzioni in modo egregio”. “Ognuno di noi – ha confermato Pio Giverso (Pd-Impegno civico) – vede i problemi del ddl: non so come siamo arrivati a questo insieme di norme di provocatoria inutilità. Si vogliono togliere le Province quando abbiamo le Regioni autonome che sperperano”. A seguire Pierpaolo Varrone (Pd-Impegno civico): “Contesto che la presenza di sprechi o singoli esempi di malgoverno debba coesistere con l’abolizione dell’istituzione. E’ necessario dare funzionalità agli enti ed ascoltarne le necessità, per questo contesto questa riforma: la parità tra enti, inserita in Costituzione, viene violata”. Sul tema del personale si è soffermato il consigliere Riccardo Cravero (Pdl), “va valorizzato – ha detto – e noi abbiamo un compito gravoso, ovvero favorire e ricercare come prioritaria l’ipotesi della mobilità esterna tra enti”. Secondo Angelo Rosso (gruppo misto) “Le Province sono un’istituzione storica, vicina alla gente e sentita nella cultura comune. I consiglieri e gli assessori provinciali sono ancora degli amministratori per passione”. Dopo di lui Paolo Demarchi (Lega Nord): “Il disegno di legge è una finta riforma, molto più dannosa della situazione attuale. La legge non elimina le Province che restano operanti: è la prima illusione della propaganda. Cambierà la leadership con l’espropriazione per i cittadini della rappresentatività elettorale”.  “Nulla è chiaro – ha dichiarato Giovanna        Zetti (Lista Costa) – in termini di finanziamento o personale. Cuneo è detta la Granda, è una Provincia importante che ha fatto molto lavoro in questi anni, nonostante la crisi”. “Da Roma – ha precisato Nico Giusiano (Lega Nord) –  giudicano noi, eletti dai cittadini in rappresentanza del territorio, ci dicono che abbiamo lavorato male, ma non è vero. Abbiamo risparmiato e fatto tanto”. D’accordo anche Stefano Dho (Pd-Impegno civico): “Sono a favore dell’ordine del giorno: per dire che la Provincia c’è e deve continuare ad esistere. Propongo, per il personale, di creare un’organizzazione bipartisan di amministratori ed organizzazioni sindacali a tutela dei lavoratori”. In chiusura Piermario Giordano (Lega Nord): “Il presidente Nobili dovrebbe portare ad esempio questa Provincia, con decisioni anche impopolari abbiamo tolto i nostri rappresentanti da 13 società partecipate, con la cancellazione di 119 poltrone ed un risparmio economico di 3 milioni di euro. Nel 2009 questa Provincia aveva 190 milioni di debito, la lasceremo con 150 milioni. Istituiamo un tavolo tecnico sulla mobilità delle pubbliche amministrazioni”.

 

cs

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