Le dichiarazioni del direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, rendono finalmente giustizia alla serietà della popolazione cuneese
Mercoledì 16 aprile – 8.45
La provincia di Cuneo ha il più basso rischio di evasione fiscale a livello nazionale e le industrie sono la categoria con minor propensione all’evasione. Questo non è un dato del centro studi di Confindustria ma emerge da una ricerca dell’Agenzia delle Entrate illustrata dal suo direttore Attilio Befera nel corso di un’audizione al Senato.
Se colleghiamo questi due dati possiamo tranquillamente affermare che nell’industria Cunese vi è un rischio di evasione quasi pari a zero.
“Non possiamo far altro che accogliere con grande soddisfazione queste parole che danno atto della propensione alla legalità delle nostre imprese – ha subito commentato il presidente di Confindustria Cuneo, Franco Biraghi -, per questo chiediamo che anche gli uffici finanziari locali prendano atto della comunicazione giunta dall’ente nazionale, adeguando in tal senso la loro attività di comunicazione verso gli organi di informazione”.
Secondo la “mappa dell’evasione” tracciata dall’Agenzia delle Entrate, a Cuneo stanno “tutti bene”. Lo studio ha diviso e classificato le province italiane in otto gruppi, a cui ha assegnato nomi di fantasia, per indici di pericolosità fiscale, sociale e di tenore di vita. La Granda, inserita nel “Stanno tutti bene”, si conferma così una provincia con una bassa vocazione all’evasione e all’irregolarità tributaria (pericolosità fiscale 1). L’Italia rimane spaccata in due, con le aree a “rischio totale” nel Sud del Paese dove l’alta pericolosità fiscale e sociale si sposa con un bassissimo tenore di vita. A Cuneo stiamo meglio anche rispetto a molte altre aree del Nord e siamo i migliori in Piemonte.
“Costantemente ci battiamo contro una mentalità dilagante che addita ingiustamente le imprese e gli imprenditori come responsabili di molti mali tra cui l’evasione fiscale e ritiene ingiustamente che il profitto sia il prodotto di comportamenti sospetti – continua Biraghi -. È vero che il profitto ormai è un miraggio, perché la stessa sopravvivenza delle industrie è messa in forse da un sistema fiscale che ‘ruba’ il 70% degli utili e impedisce qualsiasi investimento. Per non parlare poi di un costo dell’energia spropositato, dell’incertezza del diritto che umilia gli italiani e li condanna a pagare fior di consulenti per capire come applicare le leggi (se e quando lo capiscono) e di una casta di burocrati che si applicano con impegno a spaccare i capelli in quattro pur di negare ogni richiesta di permesso o autorizzazione. È ora di smettere di denigrare le imprese produttive che sono le uniche a creare ricchezza per un paese allo sfascio e che costituiscono l’unica e ultima speranza di risollevarne le sorti. Vogliamo diffondere una mentalità favorevole agli insediamenti industriali nei nostri territori – conclude Biraghi –, partendo proprio dal riconoscimento di pericolosità pressoché nulla che la stessa Agenzia delle Entrate ci riconosce”.
cs