Sabato 7 febbraio è mancata Margherita Comoglio. Nata a Biella il 23 novembre 1912 da una famiglia agiata (il padre possedeva un’azienda di pianoforti, però poi fallita). Con il trasferimento a Torino, Margherita studia e ottiene il diploma commerciale, quindi trova lavoro da impiegata.
In contatto con l’organizzazione clandestina del Pci, agli inizi del 1944 lascia la città e raggiunge i partigiani della valle Varaita. Ha 22 anni: le sue, al di là del dolore per la perdita di un fratello, sono scelte politiche mature e decise. All’interno di quella che sarà la 15a Brigata Garibaldi dirige il gruppo delle donne che tengono i collegamenti con i distaccamenti e il comando fra valle Po, valle Varaita e Saluzzo. Gestire quel servizio diventerà molto pericoloso, dopo l’arrivo in zona della V Gebirgsjäger Division e del battaglione Bassano (Lucia Frusso e Mafalda Barra a settembre sono catturate e sottoposte a pesanti interrogatori). Durante i mesi di partigianato Rita (questo il suo nome di battaglia) conosce Ermes Bazzanini, il commissario politico della 15a, che diverrà suo marito.
Nel dopoguerra Rita è stata funzionaria del Pci, collaborando in particolare con Sante Baiardi (pure lui ex partigiano), che la volle con sé anche in Regione, quando fu chiamato a reggere l’assessorato alla sanità. Furono quelli gli anni più gloriosi della Regione Piemonte, segnati da vere riforme (legge urbanistica, parchi regionali, piano sanitario, piano dei trasporti ecc.) e da una grande moralità nella gestione. Era lo spirito della resistenza che animava molti dei protagonisti di quella stagione. Rita, arrivata ai 103 anni, fino all’ultimo ha dato testimonianza del suo impegno politico, magari ridotto per ovvie limitazioni di movimento alla partecipazione al voto. Ha anche dimostrato in occasione di ricorrenze e celebrazioni un particolare attaccamento a Venasca, alla valle Varaita, alla nostra provincia. Noi la ricambiamo con un abbraccio ideale.
Livio Berardo, presidente dell’Istituto storico della resistenza per Cuneo e provincia