Ogni anno i passaggi nei pronto soccorso sono in Piemonte 1.768.800, di cui 1.601.335 (cioè il 90.54%) sono codici bianchi e verdi (dati 2013) e solo il 10% dei passaggi nei pronto Soccorso è seguito da ricovero.
L’attività legata all’emergenza urgenza ospedaliera rappresenta il 35% dei ricoveri, mentre oltre il 40% dei Piemontesi ha avuto un accesso in pronto soccorso: considerando anche i passaggi ripetuti, possiamo tranquillamente affermare che almeno 1 piemontese su 3 si è recato nell’arco di un anno in
un Pronto soccorso. All’interno del dato del 90,54% di codici bianchi e verdi che accedono al Pronto Soccorso va ricercata l’inappropriatezza della risposta alle necessità dei pazienti: si tratta di casi che si recano al Pronto Soccorso perché non trovano risposta sul territorio (fine settimana, orari serali/notturni, festività etc.) anche se molto spesso le risposte esistono.
Considerando invece i numeri relativi ai ricoveri ordinari (senza tenere conto dell’attività di day hospital) in Piemonte in un anno si sono registrati 492.399 ricoveri, di cui il 47. 19% in urgenza: tra i pazienti ricoverati, quelli di età compresa fra i 70 e i 90 anni e oltre sono ben 193.605, cioè il 40% del totale. Ad oggi solo lo 0.73% di loro dopo il ricovero intraprende un percorso di assistenza domiciliare integrata, ancora meno usufruisce dell’ospedalizzazione a domicilio (0.19%), il 54.2% viene ricoverato nelle RSA-residenze sanitarie assistenziali ed il 7.3% viene destinato al percorso di riabilitazione.
Quindi circa l’80% di questi pazienti anziani dopo il ricovero fa ritorno a casa: questo vuol dire che persone molto anziane vengono sempre più spesso
ospedalizzate, mentre un’efficace e diversa azione mirata di prevenzione e cura domiciliare potrebbe avere grande efficacia per loro e per le loro
famiglie, ma farebbe anche registrare un beneficio per le casse della sanità piemontese.
L’assessore alla sanità Antonio Saitta oggi ha condiviso con la Giunta regionale il nuovo piano per l’assistenza territoriale: “Il modello organizzativo che la Regione Piemonte affianca alla revisione della rete ospedaliera – ha detto – parte dalla programmazione e dal governo della rete dei servizi già presenti sul nostro territorio. Per rendere concreta l’integrazione tra ospedale e territorio e garantire la continuità assistenziale in tutte le fasi del percorso di salute, dobbiamo evitare dispersione organizzativa, sovrapposizione di competenza, ma soprattutto dobbiamo partire dal rilancio del Distretto cui attribuire vera responsabilità di governo della rete territoriale.
Lo intendiamo come il distretto della salute e della coesione sociale, cui afferiscono le istituzioni che hanno la responsabilità dei servizi sanitari (ASL) e le istituzioni che hanno la responsabilità dei servizi sociali (i Comuni nella forma associata), in cui si costruisce un modello forte ed omogeneo per la gestione dei servizi ad integrazione sociosanitaria (in cui ASL e comuni devono operare congiuntamente e in un rapporto paritario e trasparente); in cui si costruisce una vera rete integrata con il vasto mondo del volontariato e del terzo settore” commenta Saitta che su questa parte ha
ragionato in sinergia con il collega Augusto Ferrari.
Ogni Distretto avrà una dimensione tra gli 80 e i 150mila abitanti, coinciderà con l’ambito territoriale dei Consorzi socio assistenziali, ma si terrà conto delle specificità delle aree montane a scarsa densità abitativa. “Avremo ragionevolmente un numero di Distretti che oscilla fra i 30 e i 35” dice Saitta che aggiunge “nel piano per il rilancio della rete di assistenza territoriale, il Distretto viene individuato come braccio operativo delle Asl, responsabile per il governo della rete territoriale che comprende sia le cure primarie, sia le strutture intermedie (i cavs, gli ospedali di comunità), sia la rete socio sanitaria dei servizi domiciliari, residenziali e semiresidenziali gestita in raccordo con il sistema dei servizi sociali”.
Il rilancio della rete territoriale passerà dalle AFT, le aggregazioni funzionali territoriali gestite dai medici di medicina generale (tra i 15 e i 20 medici per ciascuna AFT) con il supporto di infermieri ed assistenti sociali: loro compito la presa in carico globale del paziente (non più di 30mila assistiti in tutto) sia per la sua salute che per il necessario supporto sociale alle famiglie. Utilizzeranno le risorse tecnologiche delle centrali uniche di riferimento per l’assistenza primaria, diventeranno punto di riferimento della popolazione anche per l’accesso alle prestazioni ospedaliere e di specialistica ambulatoriale, ma anche per le necessità di assistenza domiciliare.
L’altro punto di forza dovranno essere le UCCP- unità complesse di cure primarie: ogni distretto ne avrà al massimo 2, saranno centri multi professionali (di fatto l’evoluzione degli attuali CAP già sperimentati sul territorio) composti da medici specialisti, pediatri e medici di medicina generale e saranno aperti 24/24. Nel rilancio della rete territoriale, la Giunta regionale ridisegna anche le struttura complesse.