L’esposto presentato da Confindustria Cuneo nel mese di maggio del 2013 contro l’Asmel, società consortile nata per aggregare gli appalti dei Comuni, in risposta ai nuovi obblighi sulla centralizzazione degli appalti, ha fatto centro. L’Anac (Autorità nazionale anticorruzione), infatti, per mano del proprio presidente Raffaele Cantone, ha riconosciuto ieri (martedì 12 maggio, ndr) come la società non abbia i requisiti per svolgere questa funzione.
La battaglia di Confindustria Cuneo sulla vicenda era iniziata dopo il caso del Comune di Cortemilia, che proprio tramite la centrale di committenza Asmel, aveva indetto una gara per l’affidamento di alcuni lavori, salvo poi far pagare alle aziende vincitrici dell’appalto i costi dell’istruttoria dovuti all’utilizzo della piattaforma, una somma pari all’1,5% dell’importo aggiudicato.
“Con l’Asmel si era trovato il modo di scaricare sulle imprese i costi di funzionamento della pubblica amministrazione – commenta il presidente di Confindustria Cuneo, Franco Biraghi -. Si trattava di una situazione inaccettabile ancor più alla luce del fatto che l’obbligo per i singoli Comuni di rivolgersi alle centrali di committenza avrebbe dovuto portare ad una razionalizzazione della spesa. Si era ottenuto esattamente il risultato opposto: più costi e tutti a carico dell’impresa”.
L’esposto di Confindustria Cuneo fu a suo tempo redatto dal responsabile dell’ufficio Legale, Giacomo Tassone, e presentato all’Autorità di Vigilanza nel maggio 2013. Anche la Sezione costruttori edili Ance Cuneo di Confindustria Cuneo, segnalando il fatto all’Autorità di Vigilanza per i Contratti Pubblici, aveva messo in luce come ‘l’accollo all’appaltatore delle spese di procedura della stazione appaltante, se non previsto da specifiche norme di legge, si trasformava in un indebito e forzoso scarico di oneri della Pubblica amministrazione in capo ad un operatore privato che esula da un equilibrio contrattuale delle prestazioni’.
Porre a carico dell’appaltatore l’onere di rimborsare le spese di procedura in percentuale sull’importo aggiudicato equivaleva, a tutti gli effetti, ad imporre uno sconto ulteriore, un prezzo più basso rispetto ai prezzi del prezzario di riferimento impiegato dai progettisti e a quelli ribassati offerti dal concorrente. Di fatto, una tassa non prevista da alcuna disposizione normativa, necessaria a coprire proprio il costo del servizio della piattaforma informatica dell’Asmel.
Ora, con la bocciatura, Asmel potrebbe perdere i requisiti per svolgere il ruolo di centrale di committenza degli enti locali e neppure può essere inclusa tra i soggetti aggregatori, con l’obiettivo di qualificare e ridurre la spesa degli enti locali. “La società – si legge in una nota scritta del presidente dell’Autorità Anticorruzione – non può considerarsi legittimata ad espletare attività di intermediazione negli acquisti pubblici. Tutte le gare promosse da Asmel sono, dunque da considerarsi illegittime”.
Nella ricostruzione dell’Autorità, solo negli ultimi mesi (tra maggio 2013 e febbraio 2014) Asmel ha gestito 152 gare d’appalto per un valore di 39,2 milioni. Un servizio offerto ai comuni aderenti (oltre 450 in tutta Italia) a fronte di un canone annuale stabilito in proporzione al numero degli abitanti e a una tariffa di aggiudicazione pari all’1,5% del valore dell’appalto posta però a carico dell’aggiudicatario.