Sarà di nuovo un’estate lunghissima per il calcio italiano che si trova ancora una volta in mezzo ad una vera e propria bufera. Il caso Catania è solamente l’ultimo in ordine temporale che ha fatto rizzare i capelli agli appassionati calcistici dello ‘stivale’ che, però, non sembrano ancora stufi di queste marachelle.
Si sprecano, infatti, le parole sui giornali e sui social network: Cosentino di qua, Cosentino di là, Pulvirenti cattivone, giocatori venduti, tutti al rogo, radiamoli, retrocediamoli etc. Come sempre i quasi 60 milioni di allenatori tricolori si sbizzarriscono con delle sentenze sommarie e populiste che poi vengono dimenticate al primo fischio d’inizio della gara successiva. E’ proprio questo il problema: l’italiano ha la memoria estremamente corta.
Un esempio? La presunta frase dell’ormai sfiduciato Presidente della LND Felice Belloli (“Basta dare soldi a quelle quattro lesbiche”). Una settimana d’inferno quella successiva a questa dichiarazione ancora al vaglio della Procura Federale. In tutti i telegiornali e su tutti i giornali chiunque si sentiva in dovere di dire la propria idea e per la prima volta nella sua storia il calcio femminile ha goduto di una visibilità quasi decente. Sarà la volta buona? I dirigenti della FIGC avranno capito quali sono i problemi che attanagliano il calcio in rosa? Oppure sarà l’ennesima conferma che l’italiano medio ha la memori corta?
Il Presidente FIGC Carlo Tavecchio in prima linea alla ricerca della soluzione giusta. Rossella Sensi a capo della Commissione Sviluppo Calcio Femminile. Sembrava veramente che fosse la volta buona. E invece? Invece i problemi continuano ad esserci e riguardano svariati ambiti della vita del belpaese. In primo piano c’è la grande crisi che si sta facendo sentire come non mai impedendo agli sponsor di aiutare le squadre di calcio femminile a qualsiasi livello. Subito dopo, ma non meno importante, la mentalità che l’italiano medio ha in dotazione, ovvero quella del maschilismo più totale.
Il tentativo del Presidente Tavecchio di avvicinare il calcio professionistico maschile a quello femminile è ammirevole ma utopico da mettere in atto. Mancano i numeri, mancano le ragazze per poter ampliare questa magnifica disciplina che nulla ha da invidiare al calcio maschile se non scandali e combine. Le società che partecipano ai campionati nazionali non hanno avuto risposte neanche sui ‘Contributi per le trasferte disagiate’ ed ora si trovano con l’acqua alla gola in attesa di capire se potranno iscriversi o meno alla prossima stagione. Molte scuole in Italia, inoltre, non permettono l’inserimento del calcio femminile come corso facoltativo per le alunne di elementari e medie prediligendo atletica, pallavolo e basket. In questo modo i maschietti, che vedono il calcio ovunque, possono scegliere tra tutti gli sport, le ragazzine, invece, si sentono spesso dire che il calcio femminile non è ‘normale’ per loro e vengono dirottate su altre discipline.
Eh no cari signori e signore. Bisogna essere obiettivi. E’ vero che la normalità è soggettiva e va rispettata ogni tipologia d’idea, ma avendo varcato le soglie del terzo millennio occorre farsi delle domande.
Secondo voi è normale che nel 2015 si possano ancora fare distinzioni di sesso (per non citare le altre) per la pratica di uno sport?
Secondo voi è normale che le ragazze che giocano a calcio debbano essere viste come persone diverse dalle altre oppure come “quattro lesbiche”?
Secondo voi è normale che un giocatore militante nei più infimi campionati provinciali e regionali percepisca un ‘rimborso spese’ di elevata consistenza quando magari non è neanche in grado di colpire la palla di tacco ed il tentativo porti solamente ad una goffa caduta a terra (ps. non è un esempio a caso, l’ho visto per davvero!).
Non sono qui a dire che il calcio maschile non debba essere considerato ma, con ogni probabilità, si è superato quel limite che bisogna sempre tenere bene a mente. Il rovescio della medaglia sono le giovani calciatrici che, a differenza dei colleghi maschi, percepiscono meri rimborsi benzina e magari si allenano tre/quattro volte la settimana più la partita mosse dalla pura passione, quella stessa passione che alberga anche nel cuore dei più blasonati e considerati giocatori maschi.
La situazione che sta vivendo l’Italia pallonara del momento è incredibile. Scommesse, partite truccare, scandali a non finire, eppure gli italiani continuano ad osannare questa disciplina non accorgendosi che parallelamente ce n’è una che rappresenta lo stesso sport ma senza i vizi che stanno distruggendo il più bel gioco del mondo.
Ovviamente nessuno può obbligarvi, cari italiani e care italiane, a seguire il calcio femminile e tanto meno queste mie parole vogliono denigrare la totalità del calcio maschile. Una cosa ve la chiedo, però, non agite per partito preso e sprecate un pomeriggio della vostra vita a seguire una partita di calcio femminile: tenete presente gli sforzi (non solo fisici ma anche economici) che fanno queste ragazze per poter praticare lo sport che amano, guardatele giocare senza pregiudizi e vedrete che vi divertirete. E volete sapere perché? Perché il calcio è sempre il calcio e merita la stessa dignità a prescindere dal sesso di chi lo pratica.
Andrea Rubiolo