Il tema migrazione e accoglienza è da mesi al centro dell’attenzione dei media nazionali e locali, troppo spesso purtroppo oggetto di propaganda e scontro politico, alle spalle di chi cerca la vita – o la perde – nel viaggio verso la speranza, fuggendo da guerre, povertà, distruzione.
Come su altri fronti complessi, Uncem – con moltissimi Sindaci e Amministratori di Comuni montani – ha aperto una serie di riflessioni sulle sfide in corso. Non va dimenticato come siano infatti molti i centri montani, anche piccolissimi, che ospitano migranti e richiedenti asilo. In tante realtà sono nati modelli virtuosi di accoglienza e sono maturate esperienze particolarmente significative.
La dimensione della comunità, piccola ma aperta, implica condizioni (pur senza generalizzare) di integrazione, comprensione, inclusione molto diverse da quelle delle realtà urbane. Migliori e veramente rispettose dell’uomo, della cultura, della religione, del dialogo, necessario. In più occasioni pubbliche, convocate dalle istituzioni regionali e nazionali, Uncem ha segnalato alcune esperienze-modello, replicabili, degne di analisi e comunque mai abbastanza evidenziate dai media nazionali. Uncem, con Fondazione Montagne Italia, l’ha scritto anche nel Rapporto Montagne 2015, volume presentato ad aprile a Roma, con i numerosi dati e i numeri uniti nell’analisi sulle Terre Alte realizzata dal Caire e da altri istituti di ricerca nazionali.
Anche per questi motivi, per queste evidenze, “il punto oggi – spiega il presidente nazionale Uncem on. Enrico Borghi – non é ripopolare i borghi alpini con i migranti o i richiedenti asilo. Chi crede questo mistifica sfide e necessità. Cioè capire, anche nelle aree montane del Piemonte e dell’Italia, come si modificheranno nel breve e nel medio periodo il tessuto sociale, il sistema organizzativo, la rappresentanza e la società in genere, carica della sua cultura, della sua economia, della sua coesione”. Negli ultimi cinquant’anni, proprio aver tralasciato questa analisi, ha impedito di capire bisogni e necessità di chi poi ha abbandonato il territorio. Le dinamiche sociali ancora oggi non sono state abbastanza approfondite e comunque dovrebbero essere oggetto di maggiore e migliore comprensione da parte di chi ha responsabilità istituzionali. “Ecco oggi lo sforzo di capire, di conoscere – spiega ancora Borghi, presidente dell’Intergruppo per lo Sviluppo della Montagna – oltre qualsiasi banalità campanilista, demagogica e populista. Immigrazione e accoglienza fanno parte di quei fenomeni antropologici, politici, sociali che non si possono non approfondire, studiare a fondo. Mai come oggi questi fenomeni non sono banali e non sono facilmente inseribili in schemi tradizionali. Non sono incasellabili. Approfondire, innovare, scommettere sul futuro, ecco cosa serve, senza pensare però di avere delle verità in tasca. Chi lo crede, gioca e millanta. Non ne abbiamo affatto bisogno”.