Otto giorni di “Operazione Norvegia” per la squadra nazionale Juniores di sci nordico, ospitata dal 6 al 14 agosto dalla federazione sci norvegese fra Oslo e Sjusjoen, nell’ambito del progetto“Heroes of Tomorrow”.
I giovani fondisti azzurri hanno partecipato ad uno stage di otto giorni per circa 27 ore complessive di allenamento. Il gruppo era composto da Mattia Armellini, dal cuneese Daniele Serra (Sci Club Valle Maira), da Giacomo Gabrielli, Paolo Ventura, Jean Luc Perron, Mikael Abram, Ilenia Defrancesco, Monica Tomasini, Chiara De Zolt, Cristina Pittin, Anna Comarella e Martina Bellini.
“Al nostro arrivo ad Oslo, – ricorda Daniele Serra – l’eccitazione era tanta e nell’aria c’era qualcosa di speciale. All’hotel ci aspettavano gli altri atleti e gli altri tecnici, per la presentazione delle squadre nazionali presenti. Il giorno seguente siamo subito partiti forte, con due ore skiroll a tecnica classica vicino allo stabilimento della Statoil, ditta che lavora nel settore petrolifero e main sponsor del camp. Nel pomeriggio ci siamo spostati a Holmenkollen, dove abbiamo potuto visitare il museo dello sci, la Ski Jump Tower e fare un’ora e mezza circa di pattinaggio sulla pista dei mondiali del 2011. La sera abbiamo partecipato a un meeting con uno dei più importanti giudici FIS della Norvegia, che ci ha spiegato alcuni dettagli importanti dei regolamenti agonistici internazionali”. Sabato 8 agosto gli atleti hanno effettuato un intenso test di corsa in salita di 6 km, mentre nel pomeriggio sono stati divisi in gruppi, per partecipare a lavori di forza a corpo a libero, con esercizi di pliometria e flessibilità. “La sera, – prosegue Serra – abbiamo deciso di visitare il centro di Oslo: siamo stati al palazzo dei premi Nobel, all’opera e al porto, la zona con i locali più belli della città. Domenica mattina ci siamo spostati a Sjusjoen: abbiamo viaggiato per quasi un’ora in pullman. Poi siamo scesi per percorrere i restanti 42 km con gli skiroll da tecnica classica: un allenamento di quasi tre ore, su e giù per le colline norvegesi, immersi in una vegetazione molto simile a quella della Valle Maira, in cui vivo”. Gli atleti hanno utilizzato un raro momento libero nel pomeriggio per esplorare la località sciistica norvegese, ammirare lo stadio del fondo e fare due passi intorno al lago.
“Lunedì 10 agosto, – spiega ancora Daniele Serra – si è svolta una seduta di tecnica di passo alternato con Sondre Turvoll Fossli, nella quale abbiamo potuto confrontarci con le altre nazioni sulla tecnica e imparare qualche segreto del campione norvegese sulle gare Sprint. Nel pomeriggio abbiamo fatto una seduta di stretching e mobilità con il fisioterapista della nazionale norvegese. La mattinata di martedì è stata dedicata a una gara di Sprint in tecnica libera mentre il pomeriggio lo abbiamo passato in palestra a Lillehammer lavorando sulla core stability, con una serie di esercizi volti a migliorare il controllo della zona addominale e lombare, sempre più usata nello sci di fondo. Siamo stati seguiti da Sondre Fossli e da Astrid Jacobsen, che in serata ci ha raccontato la sua storia, dandoci spunti su come lavorare in futuro e su come coniugare università e sport”. Mercoledì 12 agosto la mattina è stata dedicata ad una seduta di cinque ore di “Bog Jog”, la corsa nella palude, un tipo di allenamento praticato due volte la settimana dagli atleti della nazionale norvegese. “All’inizio è stato un po’ difficile correre nell’acqua e nel fango, soprattutto perché avevamo tutti paura di sporcarci. – ricorda Serra – Ma dopo un’oretta la cosa ha iniziati a divertirci, trasformando la seduta in una delle più ‘epiche’ di tutto il camp”.
Giovedì 13 agosto l’ultima giornata del campì a Lillehammer è stata dedicata ad una seduta di balzi in salita, risalendo una pista da discesa. Il pomeriggio è stato dedicato a esercizi di tecnica e gimkane con gli skiroll da pattinaggio. “Penso che sia stata una delle esperienze più belle e più intense della mia vita. – conclude Daniele Serra – Vivere una settimana a contatto con ragazzi che provengono da altre nazioni mi ha fatto provare forti emozioni e mi ha fatto capire meglio su cosa devo ancora lavorare per migliorare. Superando le differenze linguistiche e la timidezza, ci ha uniti la passione per lo sci di fondo, uno sport magico, faticoso, ma che regala momenti che altri sport non riescono a dare”.