La legge “Sblocca Italia” approvata dal Parlamento italiano ha riscritto le norme contenute nel D.Lgs. 152/2006 relative al Servizio idrico. Tra i tanti adempimenti previsti, le nuove disposizioni impongono la scelta della forma di gestione del Servizio idrico per le province che non hanno già effettuato questa scelta precedentemente e l’individuazione della figura del “gestore unico d’ambito”, che dopo la riforma non costituisce più solo un obiettivo tendenziale ma un concreto obbligo gestionale da rendere concreto subito dopo la scadenza delle gestioni in atto.
Il ricorso ad un unico gestore ha rappresentato, e rappresenterà un compito assai arduo in una Provincia come la nostra, in cui si sono stratificate in questi anni situazioni diverse e nella quale si contano 12 società di gestione e 32 comuni in economia.
Il dibattito su questa problematica così delicata ha assunto talvolta anche toni accesi, tali da offuscare la reale portata di alcune scelte già compiute dagli organismi responsabili che, a seguito dell’esito referendario, facendosi interpreti della volontà popolare, hanno operato coerentemente per trovare soluzioni adeguate alla gestione del servizio.
In tale contesto riveste ora una valenza fondamentale l’approvazione, all’unanimità da parte della Conferenza d’ambito, della delibera n. 2 del 13/02/2014, che revocava l’atto amministrativo n.15 del 29/11/2010 nelle parti in cui, nel rispetto della normativa statale all’epoca vigente, individuava il gestore unico in un soggetto industriale privato da individuare attraverso gara pubblica.
Tale scelta, imposta dalla normativa statale in tema di affidamento dei servizi pubblici locali era stata introdotta nel 2008 dall’art. 23/bis, cancellato poi ad ampia maggioranza dal referendum popolare del 2011 in seguito al quale la gestione in house il servizio idrico integrato, non solo è stata equiparata alle altre modalità di gestione ma è stata individuata come la più coerente con la natura, le caratteristiche e le esigenze sottese dalla gestione.
A tale riguardo la legittimità della gestione in house non solo è stata recentemente ribadita da più interventi della magistratura ma una recente decisione della Consulta ha escluso che il legislatore, dopo l’esito referendario, possa limitare le scelte degli enti di governo d’ambito e la non obbligatorietà della partecipazione privata alla gestione del SII venne, in seguito, più volte ribadita da sentenze della Corte Costituzionale.
Con la cancellazione delle parti della delibera del 2010, che prevedeva l’applicazione dell’articolo di legge abrogato, la Conferenza dell’ATO 4, recependo anche i risultati di un’Assemblea dei Sindaci all’uopo convocata, escludeva la procedura di gara come strumento per giungere alla individuazione del gestore del servizio idrico in Provincia di Cuneo.
Tale scelta è stata recentemente ribadita dall’Assemblea dei Sindaci che, nella seduta del 2 luglio scorso, ha individuato in una società a partecipazione pubblica, unica o consortile, lo strumento idoneo per adempiere alle prescrizioni di legge e per rispettare l’esito referendario.
La delibera dell’Assemblea dei Sindaci dello scorso 2 luglio ha impegnato la Conferenza a produrre entro il 30 settembre una delibera quadro che fornisse elementi tecnici per definire i bisogni emergenti e degli interventi eseguiti in corso di ammortamento, le modalità di rielaborazione del Piano d’ambito secondo le priorità previste dall’AEEGSI e dalle leggi in vigore e la redazione del Piano Economico Finanziario e della proiezione tariffaria a sostegno degli interventi previsti. Questi elementi sono stati considerati dall’Assemblea necessari per poter avviare l’iter di costituzione della società unica provinciale a partecipazione pubblica, che potrà anche avere forma consortile, data la dimensione e l’eterogeneità dell’ambito cuneese.
Dal 2 luglio questo Tavolo Tecnico ha studiato prima di tutto la risposta ad alcune questioni fondamentali emerse nel dibattito dei mesi scorsi. In particolare ha evidenziato che a fronte degli investimenti realmente eseguiti dagli attuali gestori, non ci sono impegni finanziari a carico dei Comuni dovuti alla creazione del gestore unico. Sarà infatti questo nuovo soggetto che dovrà avere la capacità finanziaria di liquidare gli investimenti anticipati dai gestori cessanti. Inoltre ha verificato lo scarso peso dei costi di costituzione della nuova società che graverebbero sui soci.
Il Comitato ha poi preso atto della ricognizione condotta dai tecnici dell’ATO che ha quantificato l’ammontare degli interventi eseguiti, o che dovranno essere eseguiti entro la scadenza degli affidamenti, da parte dei Gestori. Questa quantificazione, che dovrà essere poi affinata in un momento successivo, ha comunque evidenziato in via preliminare che ragionevolmente il futuro gestore unico dovrà avere comunque la forza finanziaria per sostenere gli oneri per subentrare alle attuali gestioni.
Contemporaneamente si è approfondita la tematica del piano d’ambito, che, non potrà non essere adeguato in modo tale che la sua durata non sia inferiore a quella del nuovo affidamento.
Il piano d’ambito attuale scade nel 2026, ma, prevedendo un affidamento che abbia durata 25/30 anni per consentire gli investimenti necessari al territorio, tale scadenza risulta inadeguata. Occorre prevederne una rimodulazione, aggiornato anche alla luce delle deliberazioni AEEGSI, la cui durata dovrebbe arrivare al 2042/47. Peraltro anche la scelta del modello gestionale in house, che l’Assemblea ATO ha indicato come soluzione da verificare in via prioritaria, non potrebbe non giovarsi di una valutazione sulla sostenibilità tecnico economica avvalorata dalle previsioni di un nuovo piano d’ambito.
Alla luce di quanto sopra emerge che il Tavolo Tecnico ha sciolto alcuni dubbi che erano d’ostacolo al procedere del percorso intrapreso. Ha dato, d’altra parte, assoluta rilevanza a tutte le questioni che rappresentano realmente un problema di natura giuridica, finanziaria o amministrativa, ponendo le basi per affrontare la questione centrale della natura giuridica e societaria del nuovo gestore unico, dei vincoli finanziari legati alla sua costituzione e alle modalità di funzionamento.
In tale ottica il Comitato Tecnico è pervenuto alla conclusione che:
a) nell’Ambito Cuneese, alla luce delle deliberazioni e delle indicazioni assunte dagli organi consortili e prima riferite, non possa che essere assicurata al termine di un congruo percorso di integrazione, la gestione in house attraverso una società unica interamente pubblica;
b) alla luce dell’attuale complessità gestionale del territorio cuneese, tale società debba essere in questa fase configurata come società pubblica consortile ai sensi dell’articolo 2615/ter per garantire a ciascun territorio provinciale la salvaguardia dei livelli di qualità del servizio e di sostenibilità delle tariffe per i cittadini, oltre alla già richiamata salvaguardia dei bilanci comunali, con la possibilità di conservare, all’interno del nuovi assetti di gestione, quelle specificità di servizio di livello territoriale che hanno consentito le prestazioni apprezzate dai cittadini fino ad oggi;
c) contemporaneamente all’individuazione del soggetto gestore si debba procedere
o alla ricognizione delle strutture e degli impianti esistenti, ove già non attuata,
o alla ricognizione degli investimenti necessari;
o alla ridefinizione del Piano tecnico finanziario e alla rimodulazione della tariffa;
o alla rimodulazione temporale fino al 2042/2047 del Piano d’Ambito;
o al supporto delle amministrazioni locali nella soluzione delle problematiche inerenti le società miste affidatarie di servizi, sia nei profili di salvaguardia degli equilibri finanziari dei Comuni, che nella dovuta considerazione per i percorsi imprenditoriali che hanno reso possibili le gestioni in essere.
A formalizzazione degli indirizzi di cui sopra viene convocata una Assemblea della Conferenza d’Ambito il 20 ottobre 2015 in cui verrà adottata la deliberazione indicata nel documento approvato dall’Assemblea in data 2 luglio 2015.
Il Presidente ATO n.4
prof.ssa Bruna Sibille