Che cosa resterà di noi, della nostra storia, delle tante esperienze, delle tante relazioni che hanno dato corpo alla nostra vita e che l’hanno segnata, in positivo o in negativo? Tutto è destinato a svanire nel nulla, oppure no? Il male e la morte, con cui ciascuno di noi in una maniera o in un’altra deve fare i conti, avranno l’ultima parola o possiamo sperare in un futuro di salvezza, di liberazione? E da chi dobbiamo aspettarci questo futuro, chi è in grado di promettercelo in maniera affidabile?
A partire da questi interrogativi comuni all’esperienza di ogni uomo e di ogni donna, all’interno di un progetto di accompagnamento di persone in lutto promosso dalla diocesi di Fossano, è nata la proposta di una serata di approfondimento e dibattito, per scoprire o riscoprire il fondamento di una speranza possibile.
Ad affrontare questo compito complesso e delicato, è stato chiamato Duilio Albarello, docente allo Studio Teologico fossanese che con realismo osserva: “Nella cultura contemporanea si è diffusa una sorta di parola d’ordine, che impone di censurare e rimuovere tali interrogativi. Spesso, il mutismo culturale su questi temi diventa anche mutismo ecclesiale. Questo silenzio può dipendere da un certo disagio per il motivo che, in passato, nella predicazione e nella catechesi ci si è preoccupati soprattutto di consolare o di spaventare, piuttosto che di gettare una luce forse meno abbagliante, ma capace di sostenere una speranza vera, concreta. A partire dal riferimento all’evento di Gesù Cristo la conoscenza possibile a proposito di ciò che è oggetto della speranza, soprattutto della speranza di fronte alla sfida morte, non si presenta come l’ingenua descrizione di una geografia e cronologia dell’aldilà. Occorre rispettare il complesso equilibrio tra l’impossibilità di trovare un linguaggio adeguato e la necessità di elaborare un discorso sapienziale, senza il quale la speranza risulterebbe vuota e incomunicabile. Senza dubbio, la meta ultima della speranza evangelica, cioè la felicità e la vita piena nell’essere sempre con il Signore, è ciò che non possiamo costatare al presente, è ciò che il marchio opaco della realtà impedisce di sperimentare compiutamente qui e ora. Tuttavia tenendo alta la candela accesa della speranza, è dato di mantenere l’esperienza del male e della morte dentro il senso dell’esistere, affrontandola e attraversandola con Gesù Cristo e come lui”.
“Il senso di questa serata – aggiunge Paolo Tassinari, coordinatore dell’incontro -non è quello di ribadire dottrine o proporre strane teorie, piuttosto offrire “tracce di speranza” a fronte dell’esperienza della morte di una persona amata, anche quando pare impossibile vederle e tantomeno incamminarsi in quella direzione. Una sfida appunto, non solo dei cristiani, ma che accomuna ogni uomo e ogni donna”.