È di nuovo allarme nel campo alimentare. L’OMS ha lanciato una campagna denigratoria sulla carne rossa e sulle carni lavorate molto generalizzata e che rischia di compromettere economicamente un settore produttivo fiore all’occhiello del made in Italy alimentare.
Il comparto, con un valore complessivo pari a 180 miliardi di euro, rappresenta il 15-20% del prodotto lordo interno annuo. 30 miliardi provengono proprio dal settore delle carni e dei salumi che impiegano nelle intera filiera circa 125.000 persone, con un apporto significativo dell’artigianato con 2.400 imprese e 12.000 persone impiegate.
«La ricerca mette in guardia dall’eccessivo consumo di carni, creando un panico immotivato per quanto riguarda il nostro Paese, soprattutto se si considera che la qualità della carne italiana, dalla stalla allo scaffale, è diversa e migliore. – afferma William Toni, Presidente nazionale di Confartigianato lavorazione carni – E soprattutto i cibi sotto accusa come hot dog e bacon non fanno parte della tradizione nostrana. Nulla hanno infatti da spartire con le metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura di tipo “naturale” a base di sale garantite dalle lavorazioni dei laboratori artigiani. Negli Stati Uniti il consumo e la lavorazione delle carni è invece molto differente con un uso di additivi sicuramente più massiccio rispetto agli artigiani nostrani che sono molto attenti».
«Grazie alle nuove regole sull’etichettatura – aggiunge Angela Astesano, rappresentante provinciale lavorazione carni e salumi di Confartigianato Cuneo – oggi è possibile scegliere oculatamente cosa mangiare. Infatti vengono fornite ampie garanzie al consumatore, il quale può acquistare in sicurezza tutti i tipi di carni, fresche e lavorate, insaccati, salumi , a patto che questa carne sia lavorata in modo corretto. Sul territorio nazionale, nei vari distretti delle carni, operano imprese che garantiscono livelli elevati di qualità e tracciabilità, con produzioni a marchio IGP e DOP. Tante sono le carni e i salumi italiani ad aver ottenuto la denominazione d’origine o l’indicazione geografica, basate su disciplinari di tutela della lavorazione e provenienza delle materie prime».
«Bisogna evitare ai consumatori – conclude Domenico Massimino, presidente provinciale di Confartigianato Cuneo – di incorrere in paure ingiustificate che, nel passato, per situazioni analoghe, hanno provocato senza ragione una psicosi nei consumi».