Non è azzardato dire che una parte di merito per la vittoria di Beatrice Porro nel premio vinto al recente concorso nazionale di recitazione, svoltosi nella capitale, derivi dal fatto che la protagonista del monologo presentato abbia 40 anni, mentre chi l’ha interpretata sul palcoscenico si fermi a meno della metà di quegli anni.
Non c’è dubbio, infatti, che sia tutt’altro che semplice, per una diciottenne, mettersi nei panni di una donna molto più grande di lei, con un vissuto del tutto differente. Però bastano quattro chiacchiere con Beatrice Porro, residente a Roreto di Cherasco, per capire che, se le difficoltà risiedessero nelle divergenze tra le biografie del personaggio e dell’interprete, l’ostacolo più grande da superare non sarebbe quello anagrafico. Sul palco, infatti, la cheraschese si è cimentata con un monologo di una donna schiacciata dalla ripetitività della propria esistenza, piena di rammarichi, di occasioni perse per le quali dolersi. Beatrice, al contrario, sa cosa vuole e, aspetto certo non meno importante, sa quanto costi provare a ottenerlo.
Il sogno (cullato fin da quando, sette anni fa, aggiunse il corso di recitazione a quello di danza) di entrare in una prestigiosa accademia d’arte drammatica, con il passare del tempo sta diventando sempre più un obiettivo concreto. Difficile (quest’anno alla “Silvio d’Amico” si sono presentati in più di 600 per una ventina di posti disponibili, ndr), ma possibile. Beatrice Porro è una studentessa del liceo linguistico “Giolitti-Gandino” di Bra , allieva da tredici anni della scuola “Arte danza-Donatella Poggio” di Bra. A Roma ha vinto, presso il salone “Margherita” (il mitico ex “Bagaglino”) la sezione “under 18” del concorso nazionale di recitazione “Grand prix del teatro” promosso e organizzato dall’associazione “Nashira”.
La giovane attrice, ben preparata dall’insegnante Maria Paola Casorelli, ha impressionato la qualificatissima giuria di esperti (da Tullio Solenghi a Vince Tempera, a Mariano Rigillo), portando in scena un monologo molto impegnativo, scritto da Gianni Forte e Stefano Ricci, i quali rappresentano un vero e proprio fenomeno teatrale di questi ultimi anni. Questo testo di teatro contemporaneo ha permesso di evidenziare come Beatrice abbia alle spalle anche una buona e lunga preparazione di danza e canto. La “Maschera d’argento” conquistata a Roma (con la futura partecipazione come protagonista a un cortometraggio sul tema del bullismo nelle scuole) è la conferma per la ragazza cheraschese di un talento che, in questa stagione, aveva già dimostrato, conquistando, a fine giugno, la vittoria assoluta nel concorso nazionale “Attori Doc-Premio Luigi Vannucchi” al teatro “Vittorio Alfieri” di Asti e il primo posto assoluto nella fase eliminatoria piemontese del concorso “Grand prix del teatro” a San Mauro Torinese. Nel 2016, dopo la maturità, Beatrice tenterà la scalata all’accademia nazionale d’arte drammatica di Roma “Silvio D’Amico”.
Partiamo da qui, dal tuo sogno del cassetto. Se, malauguratamente, non dovessi entrare alla “Silvio D’Amico”, avresti un piano B? «Proverò anche con altre accademie, come la “Paolo Grassi” di Milano, e, se non dovessi entrare, di certo riproverei l’anno successivo». Insomma, a 18 anni hai idee abbastanza chiare su cosa vuoi dalla vita, par di capire. «Vorrei diventare un’attrice teatrale. Ma non mi dispiacerebbe prendere parte anche a “musical”, visto che ho studiato pure ballo e canto…». Quindi non cinema o tv? «Diciamo che, se sei pronta come attrice teatrale, il resto risulta essere più facile. A teatro c’è l’impatto diretto con il pubblico, non esiste quasi mai microfono e questo implica anche uno sforzo fisico».
Cosa ti ha fatto capire, a un certo punto, che ti così tanto piaceva recitare? «All’inizio era improvvisazione: essendo una bambina vivace, ci mettevo poco a immaginare e a creare delle scene. Ora mi piace vivere le vite degli altri attraverso monologhi, mi affascina diventare un’altra persona». Come è vista questa passione dai tuoi coetanei? «Recitare non è una pratica che attiri molto i giovani. Non è esattamente la prima cosa con cui un ragazzo o una ragazza pensa di impegnare parte del proprio tempo libero… Se, da una parte, posso essere considerata diversa rispetto agli altri, dall’altra mi sento anche una “privilegiata” perché ho l’occasione di imparare nozioni legate al mondo del teatro che a scuola, inevitabilmente, non vengono approfondite».
RV