Boves: presentato il libro dello storico Ernesto Zucconi

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Nonostante serata di fitta nebbia, buono era il pubblico, venerdì sera 20 novembre, in Antica Osteria di Madonna dei Boschi di Boves (Via Fratelli Marquet) a presentazione nuova, curiosa, opera dello storico torinese, ormai trapiantato in Valle Colla, Ernesto Zucconi.

 

 

Tralasciati, temporaneamente, gli, amati, studi contemporanei, quelli degli anni dello scorso conflitto mondiale (cui dedica alcuni richiami), il bovesano tratteggia la figura cinquecentesca di Gottfried (Götz, Goffredo) von Berlichingen, cavaliere di ventura tedesco, detto «Mano di Ferro» (per protesi con cui ferita giovanile di battaglia lo obbligò a vivere per tutta la vita, dai ventiquattro anni, senza mai farlo rinunciare alla lotta), affresco vivo di epoca intensa e nodale della storia continentale, tra guerre religiose e rivolte sociali (volume di centotrenta pagine «Le imprese cavalleresche di Messer Gotz von Berlinghen Mano di Ferro», prezzo di copertina 20 euro.
Nella nuova impresa è stato coinvolto dal suo editore della «NovAntico», per far partire «collana», della cui responsabilità è stato investito. Si tratta della «Muninn», dedicata a figure del mondo germanico, a spiritualità e socialità tedesca.

 

Esiste uno stretto collegamento tra noi la Germania, la «terra dei Germani», incontro e scontro, amore e frizione, dal tempo in cui Gaio Mario annientò le tribù tedesche dei Cimbri e Teutoni penetrate, intorno al 100 avanti Cristo, in Pianura Padana e Gallia (prima gli scontri coi nemici venuti dal Nord erano stati coi nostri avi celti, il più famoso Brenno). Successivo incontro e scontro fu in età augustea, un secolo dopo, quando le legioni varcarono il Reno ed Arrivarono fino all’Elba. Tre di esse e varie forze ausiliare (si parla di oltre ventimila uomini), guidate da Varo, furono massacrate, nel 9 dopo Cristo, dai Cheruschi del capo Arminio in una serie di agguati nella zona boschiva di Teutoburgo.

 

I romani rinunciarono all’idea di occupare la Germania, fissando i confini, i «limes» fortificati lungo Reno e Danubio, con, al più, qualche scorreria oltre, pur riuscendo, comunque, ad influenzare culturalmente (si pensi a quanto latino c’è nella struttura letteraria del tedesco) anche oltre zone bavaresi ed austriache che erano nell’impero. Italia e Germania fecero parte del Sacro Romano Impero e del, successivo, Sacro Romano Impero Germanico. Dopo Carlo Magno cominciarono a definirsi i vari caratteri nazionali in quello che era stato il suo dominio, le differenze tra quello italiano e tedesco ben si individuano notando, soprattutto nel X secolo, le ben nette tra i Pontefici romani scelti dall’imperatore germanico e gli eletti da popolo, clero e nobiltà della città eterna… Sempre i tedeschi furono affascinati dal nostro Paese, dal clima e dalla ricchezza artistica (si pensi al viaggio settecentesco di Goethe), ma anche in Italia non mancarono (e non mancano) quelli attratti dallo spirito del popolo a nord delle Alpi, nonostante episodi bellici anche novecenteschi… Una volta un bavarese ci disse che ci volevano molto bene perché da sobri siamo come loro dopo aver bevuto almeno due birre… Questa collana, sicuramente, può far appello a chi nutre, magari accanto a quello «americano», «mito tedesco», ispirato dalla disciplina, dal senso del dovere, dall’efficienza, dalla preparazione culturale di quel popolo.
La figura di «Mano di Ferro» ben sembra rappresentare immagine tipica di alcuni aspetti che si identificano con «l’essere tedesco», anche non amatissimi in Italia: da certo militarismo, cui molto contributo, occupando la terra dei Prussi, diedero i monaci-guerrieri teutonici (dal cui dominio si formò il granducato di Brandeburgo e, poi, il regno di Prussia, protagonista della riunificazione tedesca del 1870), quasi simboleggiato da quella protesi metallica, al suo senso del dovere collegato a codice cavalleresco…

 

Vissuto tra il 1480 ed il 1562, von Berlichingen faceva parte di piccola aristocrazia guerriera e si trovò, nato nel medioevo, ad attraversare, passando dal regno dell’imperatore Massimiliano a quello del nipote Carlo V, profondi cambiamenti, a vedere i confini del mondo che si allargavano, con le «scoperte geografiche». Particolarmente incisive furono le riforme religiose (di Lutero, Calvino, Zwingli, Muntzer…), contestazione ai costumi di Papi, Curia e Clero romano (italiano), alla «vendita delle indulgenze», con i sommovimenti sociali che ne seguirono (rivolte di contadini e di cavalieri, appunto)… Sconvolsero gli equilibri del mondo tedesco ancora nel secolo seguente, quello della feroce «Guerra dei trenta anni», tra il 1618 ed il 1648.

 

È stato scelto, con articolato e completo «cappello introduttivo» di Ernesto Zucconi, in quanto autore, negli anni della «pensione» (dopo battaglie durate sin oltre i sessanta anni), di una delle prime «autobiografie» (interamente riportata) diffusesi molto grazie alla invenzione della stampa.
In questo suo scritto si vedono bene i tratti di un suo «difendersi», di spiegare la sua posizione, di giustificare, probabilmente anche a se stesso, ai suoi saldi principi, i motivi di talune scelte…
Ne viene fuori il quadro di un militare a tutto tondo, ruvido, netto, pratico, schietto, intelligente e rigoroso, che con una sua profonda religiosità (risulta che non aderì, come quasi tutta la sua classe sociale, al luteranesimo). Non è il ritratto di un protagonista dei suoi tempi, ma, forse anche grazie a questo, ne viene ottimo affresco di un’epoca, della Germania nella prima metà del Cinquecento in cui, esclusivamente, operò (a parte puntata nella vicina Borgogna)…

 

Molto bravo è stato Zucconi, seguito con molta attenzione, a non perdersi in discorso decisamente vasto (che sarebbe diventato immenso si fosse allargato alle vicende italiane di quei decenni), aiutandosi con proiezione delle immagini del libro (sulla pubblicazione in suggestivo bianco e nero, sullo schermo a colori), grazie al supporto tecnico di Paolo Balmas…
Non ha mancato citazioni delle opere che furono ispirate da von Berlichingen, specie nel romantico, e gotico, Ottocento, andando da Goethe al compagno di studi di Marx, Friedrich Engels (affascinato, come il francese Sartre nel secolo scorso, da un suo ruolo di «ribelle» durante le rivolte contadine). Ha spiegato che il suo nome fu dato a divisione di SS (la Diciassettesima) durante la seconda guerra mondiale, che fu interpretato sulla scena dall’attore italiano Alberto Lionello.

 

Ottima «cornice» di «incisione»
Ottima cornice alla serata è stata l’esposizione montata nel locale, sin a domenica 29, della giovane (trentatreenne) cuneese Desy Massa, incisioni, sua «tesi di laurea» (dopo la frequenza del liceo artistico cuneese) all’Accademia di Belle Arti, con, oltre a «Masche», personaggi delle Valli Maira e Grana, citazioni del pittore gotico Albrect Durer (autore di alcuni ritratti sul volume), di Michelangelo, di Goya, di Friedrich …
A dicembre, da mercoledì 2, lo spazio sarà di altra giovane artista, la disegnatrice e pittrice centallese Daniela Audino, a mostrare le evoluzioni, i progressi, in quella che è una sua passione sin dai tempi della scuola (ritratti, fiori, scorci…).