Riceviamo e pubblichiamo dal sindaco di Rifreddo Cesare Cavallo in merito alla questione dibattuta sull’Unione dei Comuni.
Ho letto in questi giorni molte cose sulla questione delle gestioni associate sia per ciò che riguarda l’attuazione della normativa nazionale sia per quella regionale e mi piacerebbe poter far chiarezza sia sulla posizione tenuta degli amministratori di Rifreddo sia farvi partecipi delle ragioni che stanno alla base di tali comportamenti. Cominciamo innanzitutto col capire su ciò di cui si parla. Da un lato c’è una normativa nazionale che impone ai comuni di gestire in forma associata (Unione o Convenzione) tutte le funzioni fondamentali di spettanza degli enti locali. Per essere più pratici occorre mettere insieme Bilanci, urbanistica, polizia municipale, trasporto locale, ect.
Esiste poi una normativa regionale che impone di gestire in forma associata (Unione o Convenzione) le funzioni di sviluppo montano. Ora non sfuggirà a nessuno che per chi crede nella sopravvivenza dei Comuni, e noi siamo tra quelli, il principale obiettivo è contrastare la normativa nazionale. Infatti la gestione di tutte le funzioni significherebbe di fatto svuotare i comuni lasciandoli in vita solo formalmente. Una battaglia che abbiamo portato avanti (insieme a pochi altri) facendo pressione in tutte le sedi possibili, spiegando come il nuovo sistema non solo non creava risparmi ma generava nuova burocrazia ed anche attraverso una resistenza passiva ovvero evitando di creare Unioni o convenzioni prima della scadenza dei termini previsti per legge. Azioni che contro ogni previsione hanno dapprima fatto cambiare idea all’Associazione dei Comuni Italiani (ANCI) e che negli ultimi tempi hanno fatto breccia anche nel Governo nazionale tanto che ormai comunemente si parla di una revisione della legge Delrio che obbligherebbe i comuni a mettere in gestione associata soltanto 3 funzioni.
Un punto di caduta accettabile perché, sia chiaro, noi non siamo contro le gestioni associate ma le vogliamo fare in quei settori dove creano efficienza e risparmio e non per far semplicemente sparire i piccoli comuni. Veniamo ora alla seconda partita ovvero il livello regionale. Qui la questione è molto più semplice. Infatti è stato fin da subito chiaro a tutti che la Regione Piemonte privilegia lo strumento Unione e per ciò che riguarda i comuni montani sta in tutti i modi cercando di rifare le Comunità Montane che da Roma hanno abolito. Una scelta che già a livello teorico non condividiamo in quanto a nostro modesto parere i livelli di governo sono già troppi ma che diventa ancora meno condivisibile si considerano gli aspetti pratici della gestione e le imputazioni delle spese.
Infatti la Regione non ha mai fatto chiarezza su come si finanziano dipendenti e strutture delle Unioni Montane (le nuove Comunità Montane). Certo c’è il fondo alla montagna, c’è una normativa di favore sugli ex dipendenti delle Comunità montane ma nessuna quantificazione precisa e temporalmente definita. In poche parole si chiede ai Comuni di creare un nuovo ente senza garanzie su chi ne pagherà i costi. Tanto per farci capire ciò vuol dire che se il fondo regionale per la montagna sarà minore saranno i comuni che hanno costituto l’Unione a dover trovare le risorse per far andare avanti la baracca. Quanto poi all’idea che la questione dei costi potrà essere sistemata con i risparmi che l’Unione creerà bhe permetteteci di avere qualche dubbio (ovviamente è un eufemismo) visto che fino ad ora le Unioni sono state in piedi solo con lauti finanziamenti statali o regionali. Per queste e per altre ragioni (vedasi le questioni della titolarità del rapporto giuridico del personale, la gestione di bilanci multipli, la duplicazione di funzioni, ect) che qui non svisceriamo per brevità noi abbiamo deciso di non aderire alle “nuove Comunità Montane regionali”.
Anzi chiediamo alla Regione di tener conto del nuovo corso della normativa nazionale e di rivalutare se non sia il caso di andare nella stessa direzione consentendo una gestione più flessibile del fondo per la montagna. Un fondo che, lo ricordiamo sommessamente, dovrebbe essere di tutti i comuni montani e non solo di quelli che hanno scelto l’Unione. Se invece di andare in questa direzione la Regione preferirà obbligarci, come pare, ad entrare nelle Unioni da amministratori responsabili quali siamo rispetteremo seppur a malincuore la Legge Regionale del Piemonte. Ovviamente non senza rimarcare che lo facciamo per obbligo e non perché crediamo in questa scelta.
Cesare Cavallo