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Caso Rebus e Pierrot, assunte 16 lavoratrici su 80. “Bisogna coinvolgere gli imprenditori monregalesi” | Gaspare Palermo (FILCTEM CGIL) fa chiarezza sulla situazione e sugli eventuali scenari futuri

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Caso “Rebus” e “Pierrot”: ai nostri microfoni fa chiarezza il Segretario Generale di FILCTEM CGIL Cuneo, Gaspare Palermo dopo la assunzione di 16 sugli 80 lavoratori e lavoratrici rimasti senza occupazione.

 

 

Signor Palermo, dopo l’assunzione delle 16 lavoratrici, dal suo punto di vista, come vede la situazione? C’è possibilità anche per le altre 80?
Ci sono due ragionamenti da fare: uno direttamente legato alla nuova attività che è ripartita e che ha visto, dopo qualche mese di prova, la conferma delle 16 persone che erano state assunte a tempo indeterminato da parte di questo cliente torinese di ex Rebus e Pierrot. Lì, a detta dell’imprenditore, la valutazione che si sta facendo (sapendo che i risultati sono stati positivi) è di provare ad allargarsi un po’. Che cosa voglia dire questo in termini di ricaduta occupazionali noi oggi non siamo in grado di dirlo, però partiamo da queste 16 persone: c’è la possibilità di allargarsi e noi faremo in modo che, dentro a una coerenza industriale, possa esserci spazio per qualche altra lavoratrice.
Continua, purtroppo, a rimanere “innevata” quella nostra proposta che avevamo fatto in Regione Piemonte rispetto al tavolo di crisi, dove noi avevamo lanciato una proposta che sapevamo (e sappiamo) essere molto ambiziosa, ma che può essere una risposta per gli imprenditori e, quindi, anche per l’occupazione. Si tratta di mettere attorno a un tavolo gli imprenditori tessili del monregalese (dove sono presenti tanti piccolo laboratori) per provare a creare sinergia tra di loro e, quindi, avere un beneficio su quello che è il costo del lavoro, sul prodotto finale ed a ragionare su un allargamento dell’occupazione stessa. Attualmente, io non credo ci siano le condizioni affinché la nuova realtà che si è costituita possa assorbire tutta la vecchia occupazione di Rebus e Pierrot, qualcosa sicuramente si potrà muovere nel corso del 2017, però non in termini assoluti. Per questo le mie dichiarazioni sono di assoluta prudenza”.

 

Lei crede che si tratti di un fatto collegato solamente al settore tessile o che rispecchia il quadro lavorativo generale che si è delineato negli ultimi anni?
Anche dalle analisi che vengono del centro studi della CIGIL emergono due dati: la ripresa non è di tipo “strutturale”, inoltre non immaginiamo che (usciti dalla crisi) si possa tornare agli assetti occupazionali del 2007/2008. Quei numeri non si ripeteranno in breve tempo, inoltre vediamo un recupero dell’occupazione che è totalmente precaria. Rispetto alle altre Province del Piemonte, la Provincia di Cuneo sembra sia meglio in termini occupazionali ma, se andiamo a fondo, vediamo che è aumentata in maniera esponenziale l’assunzione precaria e i pagamenti con i voucher. Un altro strumento molto utilizzato dalle aziende è quello del part-time con una conseguente riduzione del reddito dei lavoratori, e questa è “drammaticamente” una realtà presente. Dentro a tutto c’è la realtà del tessile, che è proprio un disastro”.

 

Quali sono state le reali motivazioni che hanno spinto le lavoratrici a scendere in piazza qualche mese fa?
Le lavoratrici si erano come “svegliate da un sogno”. Per una vita hanno creduto a un imprenditore, lo stesso che le ha portate alle tante mensilità non retribuite ed a vedere i loro TFR a rischio. Hanno sempre creduto in quel progetto tessile, un progetto che non esisteva più e che era fondato sul “nulla”. Quando si crede a una cosa per tanti anni (qualcuna di loro aveva cominciato a lavorare da giovanissima) e ci si trova ancora lì quando le cose diventano palesi, finisce che ci si svegli molto arrabbiati e si resti delusi”.

 

Mi accennava alla possibilità di creare un “tavolo rotondo” tra aziende, lavoratori e Regione Piemonte. Quanto pensa sia realizzabile questo progetto?
Noi abbiamo chiesto alla Regione di farsi portavoce di un tavolo che metta insieme i vari imprenditori tessili che ci sono nel monregalese. Esistono tanti piccoli laboratori e, se riuscissero a mettersi insieme per condividere anche solo i costi fissi, l’amministrazione, o la contabilità (piuttosto che tutte quelle cose che fanno costo e non producono valore aggiunto per le aziende), potrebbe significare qualcosa. In Veneto si sono costituiti dei veri e propri “distretti tessili”, questo ha portato benefici nell’immediato agli imprenditori e, alla lunga, anche a quelli che sono gli assetti occupazionali e, quindi, a nuovi posti di lavoro. Bisogna che ognuno vada oltre il proprio naso, che guardi al “pezzettino” costruito dal proprio laboratorio e che e provino a mettersi insieme.
L’altro elemento, molto più cuneese, è che fino a qualche anno fa molti di questi laboratori lavoravano esclusivamente per Miroglio. Questo è il principale motivo del perché Rebus e Pierrot hanno dato il giro: nel momento in cui si continua a rimanere appesi a questa situazione, il rischio è che Miroglio oggi stia facendo altre scelte, e che si rimangi le sue promesse produttive”.

 

C’è stata qualche risposta alle vostre proposte in Regione?
Avevamo fatto quell’incontro in Regione, ma non abbiamo più avuto ritorni. Probabilmente, conoscendo la situazione regionale e vedendola all’opera, c’è anche l’ipotesi che siano gli stessi imprenditori che non vogliano farsi raggruppare intorno a un tavolo. La Regione può proporre, ma se poi gli imprenditori (che sono quelli che dovrebbero fare realmente l’operazione) non sono interessati, è difficile. Questa è un’ipotesi, io non ho avuto ritorni rispetto a quella proposta che avevamo lanciato”.

 

Daniel Sebastian Ossino

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