“Comunichiamo ufficialmente la chiusura del presidio”: queste parole, pronunciate da Stefano Isaia intorno alle 14,45 di oggi, giovedì 20 ottobre, hanno posto fine all’attività portata avanti per quasi due settimane dal Comitato di Monterosso Grana, nato dopo la notizia dell’arrivo di migranti nel paese della Val Grana.
Il presidio, posto proprio di fronte all’Hotel “A la Posta”, quello indicato per ospitare i profughi, non ha più senso di esistere, come hanno voluto spiegare i principali rappresentanti del Comitato: oltre a Isaia, Monica Molineri, Sabina Fonti e Massimo Marchionni. “Tutto quello che era possibile fare lo abbiamo fatto – ha detto Isaia -. Ringraziamo i cittadini, l’amministrazione comunale che ci ha sostenuti e ci ha dato la possibilità di stare qui e tutte le persone che hanno collaborato per i turni. Una permanenza ulteriore non avrebbe senso”.
Durante le quasi due settimane di presidio, il Comitato (“che resta sempre attivo su Facebook e sugli altri social”, è stato ricordato) ha raccolto 600 firme, ma non ha avuto le risposte che chiedeva: “La questione rimane, perché noi sull’inagibilità dell’albergo e sul numero dei profughi che arriveranno, non abbiamo avuto le garanzie che chiedevamo, continuiamo a non avere niente di scritto”, hanno insistito i quattro rappresentanti del Comitato, che hanno più volte chiesto che venisse fatta chiarezza su un punto in particolare: come è possibile che una struttura chiusa da anni e giudicata inadeguata per ospitare persone, possa con pochi lavori diventare agibile per i migranti?
“Questa mattina i sindaci della Valle Grana hanno incontrato il Prefetto – ha spiegato Isaia -: ci hanno riferito che ha assicurato, senza però metterlo per iscritto, che le persone ospitate saranno 30, un numero che sarebbe riferito a tutta la Valle, esclusa Caraglio. Per quel che riguarda la questione dell’albergo, è stato detto che non ci entrerà nessuno finché l’iter dei lavori non sarà terminato e certificato”. Nonostante questo, le preoccupazioni, per loro, restano: “Per un paese come il nostro anche qualche decina di profughi potrebbe essere difficilmente gestibile – ha spiegato Monica Molineri -. Noi non abbiamo ancora capito a livello pratico come verrà gestita la cosa: confrontandoci con altri paesi che hanno ospitato migranti, abbiamo chiaro il fatto che sono molte le situazioni nelle quali queste persone vengono abbandonate, non ci sono attività che li supportino e quindi nascono i problemi. Le realtà felici purtroppo sono poche”.
L’ipotesi prospettata di un progetto attraverso il quale agevolare l’inserimento dei profughi nella vita del paese non convince: “Innanzitutto deve essere un progetto duraturo e serio, ma poi con che soldi verrà fatto? Ci auguriamo non con quelli del Comune, a cui mesi fa abbiamo chiesto l’installazione di telecamere per essere più sicuri e ci è stato risposto che non c’erano risorse”, ha tuonato Isaia. “E poi – ha aggiunto Monica Molineri – non dimentichiamo che queste persone possono decidere di non aderire a nessun progetto, non li si può obbligare a fare nulla. Per una comunità piccola come la nostra sarebbe un caos”.
Grande preoccupazione desta poi la questione sicurezza, come ha sottolineato Massimo Marchionni nel suo intervento: “Qui non ci sono i vigili urbani, la caserma dei carabinieri è a Pradleves, il problema c’è – ha detto -. Il vero scandalo è che la cooperativa si prende i soldi per ospitarli, poi però tutto quello che può succedere all’esterno dell’albergo è responsabilità del Comune e degli Enti locali”. “Questa situazione ci è cascata sui piedi dall’oggi al domani, completamente inaspettata – ha aggiunto Sabina Fonti -: noi la problematica legata alla gestione l’abbiamo esposta. Una cosa è certa: noi siamo collaborativi, se potremo fare qualcosa per loro, la faremo, come abbiamo sempre fatto, perché noi siamo per il volontariato. Il resto è business, ed è un lavoro che spetta alla cooperativa, che, parlandoci chiaro, è quella che prenderà i soldi”.
Gabriele Destefanis