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“Ad inquinare l’aria di Bernezzo sono stufe e caminetti, non le aziende” | Il Presidente di Confindustria Cuneo Franco Biraghi commenta lo studio effettuato da Arpa Piemonte

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 “Caso mai qualcuno avesse ancora dei dubbi, leggendo i risultati del monitoraggio della qualità dell’aria nel Comune di Bernezzo appena reso pubblico dall’Arpa Piemonte, si capisce chiaramente come ad inquinare non sono le aziende, ma i privati cittadini con gli impianti di riscaldamento, i camini e le stufe.

Il fatto che anche un ente autorevole e super partes come l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale confermi quanto abbiamo sempre sostenuto, non fa altro che ribadire come il binomio impresa-inquinamento sia un luogo comune smentito dai fatti e dai dati”. Così il Presidente di Confindustria Cuneo, Franco Biraghi, a proposito dello studio effettuato nell’autunno-inverno 2015/16 da Arpa Piemonte a seguito del progetto dell’Unicalce Spa di Bernezzo di conversione di uno dei due forni a metano a pet-coke. La richiesta dell’azienda, fortemente osteggiata dalle amministrazioni locali e dai comitati del no, dopo 18 mesi di impasse aveva ricevuto il parere positivo della Conferenza dei servizi all’inizio di quest’anno.
Come spiega Arpa Piemonte sul suo sito Internet, non ci sono dubbi: “L’approfondito studio ha evidenziato dati della qualità dell’aria di Bernezzo non ottimali per le polveri sottili e gli Idrocarburi Policiclici Aromatici. Questo peggioramento rispetto all’atteso, cioè all’ ‘aria buona’ che dovrebbe incidere su una località pedemontana è, come confermano i dati, dovuto all’influenza dell’uso delle biomasse in stufe e caminetti”.

 

Nella sua articolata introduzione allo studio, inoltre, il direttore provinciale dell’Arpa, Silvio Cagliero, pone l’accento su alcune questioni importanti, che confermano la posizione assunta fin dall’inizio da Confindustria Cuneo sulla vicenda, a cominciare dal fatto che “gli approfondimenti analitici effettuati sui residui di combustione della cellulosa evidenziano che la qualità dell’aria delle piccole comunità prealpine è sostanzialmente peggiorata dal diffuso uso di biomassa come fonte energetica di riscaldamento domestico, essenzialmente legato all’utilizzo di stufe e caminetti”. Inoltre, sottolinea come “il tema della qualità dell’aria sia da molte parti ‘strumentalizzato’ per sostenere o combattere tesi contrapposte e che la qualità dell’aria dipende dalle azioni di tutti, e non solo di qualcuno“.
Come conferma Confindustria, oggi la normativa è diventata sempre più completa e le imprese sono sottoposte a procedimenti autorizzativi approfonditi e a successive procedure di controllo che ne garantiscono la compatibilità ambientale. Prova ne è il fatto, ad esempio, che gli impianti industriali di combustione (anche quelli a biomasse) utilizzano tecnologie che consentono l’abbattimento dei vari inquinanti ed anche il loro monitoraggio in continuo a differenza degli impianti domestici che non danno garanzie di buon funzionamento e non vengono mai controllati.

 

Infine, Cagliero pone l’accento sul costo dello studio sostenuto (oltre 120mila euro), sottolineando come “un investimento di questa entità sarebbe comunque difficilmente giustificabile se l’intervento fosse stato programmato esclusivamente per le richieste di parte pubblica pervenute a seguito del forte clamore mediatico generato dalla vicenda. I dati ottenuti, infatti, non si discostano in modo significativo da quanto preconizzato dai nostri uffici ed utilizzato per le funzioni di supporto istruttorio per emettere il nostro parere di compatibilità in presenza di precise prescrizioni”.

 

c.s.

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