Il ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Maurizio Martina, e il vice cuneese, Andrea Olivero, hanno presieduto la prima riunione dell’Osservatorio nazionale sull’agricoltura sociale.
L’organismo, previsto dalle Legge quadro, approvata dal Parlamento, nell’agosto 2015, è formato dai rappresentanti delle amministrazioni centrali e regionali, delle associazioni professionali del settore e da quelle che operano nel comparto. In Italia sono oltre mille le esperienze attivate di agricoltura sociale, con più di 390 cooperative, 4000 occupati e un fatturato di 200 milioni di euro.
Le attività produttive prevalenti sono le coltivazioni annuali, quelle permanenti e la zootecnia. Nelle strutture lavorano per il 50% dei casi le persone con disabilità, poi i disoccupati con disagi, i minori e gli studenti che alternano scuola e impiego.
“Attraverso l’istituzione dell’Osservatorio – sottolinea il viceministro Olivero, che ha seguito, con molto impegno, l’iter parlamentare di approvazione della Legge, in precedenza fermo in Parlamento da sette anni – abbiamo posto un altro tassello per sostenere l’agricoltura sociale. L’organismo è un luogo stabile di programmazione e di confronto indispensabile per concretizzare le azioni di sistema. Un vero luogo generativo capace di recepire, raccogliere e diffondere i migliori stimoli e le buone pratiche provenienti dal territorio”.
Gli obiettivi? “Mettere insieme istituzioni, organizzazioni agricole, imprese, realtà del Terzo Settore e società civile per consentire di elaborare politiche concrete di aiuto a una realtà davvero importante.
In questo modo proseguiamo e potenziamo il lavoro comune perché l’agricoltura sociale nelle sue molteplici forme possa essere riconosciuta e valorizzata e, nell’interesse della nostra comunità, contribuire al benessere collettivo con iniziative di welfare e di innovazione sociale”.
Nel concreto? “Se non creiamo un nuovo modello di welfare non riusciamo a dare un futuro agli imprenditori agricoli e sociali, favorendo lo sviluppo di entrambi i settori. Di conseguenza, serve una maggiore responsabilità delle aziende.
Da parte nostra dobbiamo evitare che aumenti la burocrazia, già soffocante, mantenendo, però, i controlli e la qualità delle produzioni.
Ma l’agricoltura sociale può garantire un reddito nelle aree marginali.
Questa è la scommessa. E nessuno dei due comparti deve prevalere sull’altro. Bisogna progettare insieme e mettere il proprio lavoro al servizio della comunità”.
Come è andato il primo incontro dell’Osservatorio? “Non si è trattato dell’ennesimo tavolo e si è respirata, da subito, un’aria diversa: tutti siamo consapevoli che le migliaia di esperienze sociali avviate negli scorsi decenni meritano, oggi, riconoscimento, appoggio e promozione.
Abbiamo già affrontato una serie di temi concreti per dare risposte utili a chi, ogni giorno, opera insieme a tante persone con difficoltà e disabilità.
Come ad esempio la semplificazione di alcuni aspetti normativi, l’armonizzazione delle politiche regionali in materia e una ancora più stretta collaborazione con il Servizio civile nazionale”.
I COMPITI DELLA LEGGE
Il provvedimento individua numerose opportunità di sviluppo per l’agricoltura legate, però, nel contempo, al miglioramento delle condizioni di vita sociale dell’intera comunità.
Come l’inserimento nelle aziende di persone svantaggiate e, poi, non solo più la produzione agroalimentare, ma servizi a favore della popolazione tra cui l’assistenza ai bambini piccoli e agli anziani soli e prestazioni terapeutiche con l’utilizzo di animali e la coltivazione di piante.
Il tutto realizzato attraverso la collaborazione tra pubblico e privato e le multifunzioni svolte dalle imprese del comparto, con l’obiettivo di creare gli strumenti per mantenere vivo il territorio: soprattutto quello delle zone considerate più marginali che sono anche le maggiori.
Dai dati Coldiretti, infatti, in Italia, il 93% delle aree è definito rurale o debolmente urbano e degli 8000 Comuni di cui è costituita la nazione solo 104 hanno più di 60.000 abitanti.
In Piemonte solo 4 su 1201 hanno più di 60.000 residenti e tra i 50 Comuni più urbanizzati d’Italia ci sono solo Torino e Novara, mentre, fra i 50 più rurali, rispetto al resto del Paese, se ne contano ben 35.
IL RUOLO DELL’OSSERVATORIO
Determinare le linee guida sulla materia dell’agricoltura sociale e assumere le funzioni di monitoraggio per coordinare le iniziative del comparto, armonizzandole con quelle più complessive delle politiche rurali.
IN PROVINCIA DI CUNEO
Nella provincia di Cuneo le esperienze di agricoltura sociale hanno una lunga storia e sono già molti i progetti funzionanti promossi da associazioni, cooperative sociali e dalle organizzazioni di categoria: in particolare Coldiretti.
A partire dai percorsi riabilitativi inserendo in azienda soggetti deboli (portatori di handicap, tossicodipendenti, detenuti, anziani) e aiutandoli attraverso un’adeguata formazione degli imprenditori coinvolti o utilizzando terapie con animali (pet-therapy, ippoterapia, onoterapia).
Anche le agri-tate cominciano a prendere piede. In quale modo? Le imprenditrici agricole ospitano nelle loro cascine i bambini quando i genitori sono a lavorare e propongono loro dei percorsi educativi.
Così come ci sono degli anziani, residenti lontano dai centri abitati, che ricevono a casa la spesa di frutta e verdura, ma anche i medicinali e altri prodotti.
Però, la realtà della “Granda” che, grazie alla lungimiranza dei pionieri del settore, Livio Bima e Dario Manassero, ha anticipato i tempi e tradotto in pratica l’agricoltura sociale è la società cooperativa agricola sociale “I Tesori della Terra” presieduta da Maurizio Bergia e con sede nella frazione di San Bernardo di Cervasca.
La struttura cuneese è nata nei primi anni Duemila: oggi dà impiego a 21 soci, di cui 5 svantaggiati, e occupa nelle sue varie realtà oltre cinquanta lavoratori. E’ stata tra le prime, in Italia, a credere e a investire nell’agricoltura biologica e in quella sociale attraverso il reinserimento terapeutico, nell’attività produttiva, di persone disagiate. Nel 2013 ha realizzato il progetto innovativo dell’eco-stalla, dove le mucche vivono in condizioni di maggiore benessere rispetto alle strutture tradizionali. Tra le eccellenze sfornate dai “Tesori della Terra” proprio il latte che serve ad ottenere lo yogurt e i formaggi raschera, bra tenero e toma piemontese, poi la cura della carne bovina e la coltivazione della frutta e della verdura. Ogni alimento rigorosamente biologico.
“Il settore agricolo – conclude Olivero – che paga il prezzo più alto per la riduzione dei servizi sociali nel territorio rurale, ha oggi la possibilità di concorrere alla realizzazione di un modello di welfare sussidiario. Nel Cuneese da sempre l’agricoltura è alla base della tenuta delle nostre comunità, ma questa Legge aumenta le possibilità di azione delle imprese, senza caricarle di oneri fiscali e burocratici aggiuntivi. Siamo sicuri che le nostre valli possano trarre un grande beneficio da questa norma così a lungo attesa.”