“Nella bozza del piano nazionale di filiera in discussione a Bologna, la disposizione della legge 752/85 consente di utilizzare come sinonimi del tuber magnatum Pico, tartufo bianco, tartufo d’Alba, tartufo del Piemonte, tartufo di Acqualagna, poiché la normativa attuale sarebbe inadeguata generando ingannevolezza circa l’origine o la provenienza di tartufi bianchi non piemontesi o marchigiani, ma, francamente, con tutti i problemi seri che riguardano l’agricoltura ed il sistema agroalimentare nazionale, non riusciamo a capire perché”.
Questo il commento della presidente di Coldiretti Cuneo e Piemonte Delia Revelli, che ha aggiunto “Il nome scientifico tuber magnatum Pico, da sempre è sostituito dal tartufo bianco d’Alba che tradizionalmente rappresenta un brand di prodotto e di territorio conosciuto a livello nazionale. Di qui, la richiesta affinché il ministero tuteli il tartufo bianco d’Alba ed eviti modifiche che rappresentano uno scippo d’identità di una produzione tipica che ha consentito alle nostre colline di Langa ed alla città di Alba di diventare momento di promozione del territorio”. Aggiunge Bruno Rivarossa delegato confederale: “La modifica della norma riservando le denominazioni volgari ‘tartufo pregiato bianco’ e ‘tartufo pregiato nero’ rappresenta l’evoluzione negativa di quanto andiamo sostenendo da tempo in pieno accordo con le amministrazioni e le istituzioni locali: anziché evitare inganni e speculazioni, facilita proprio questo dando uno schiaffo ad anni di intenso lavoro di promozione a danno delle tradizioni”.