Il 25 marzo 1957, Italia, Francia, Germania Ovest, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo firmarono, a Roma, i Trattati attraverso i quali costituirono la Comunità Economica Europea (Cee).
Organismo, poi, passato a 28 Stati nel 1992 con il nome di Unione Europea e, nei prossimi anni, destinato ad ulteriori trasformazioni.
La prima è la perdita della Gran Bretagna voluta dai cittadini di quel Paese attraverso il referendum popolare. Sabato scorso, in occasione dei 60 anni dalla firma dei Trattati, il Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo delle 27 nazioni che compongono la Ue ne hanno discusso il futuro. Impegnandosi a “camminare insieme a intensità diversa, ma andando tutti nella stessa direzione”.
Fin dagli inizi del percorso, nel 1962, e ancora oggi, seppure dopo varie modifiche e fasi evolutive – l’ultima è del 2013 – uno dei pilastri e un collante della Comunità e, in seguito, dell’Unione, è stata la Politica Agricola Comune (Pac).
“L’attività rurale – sottolinea il viceministro cuneese delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Andrea Olivero – è sempre condizionata da fattori economici, sanitari e atmosferici che sfuggono al controllo degli imprenditori del settore. Inoltre, la stessa richiede investimenti onerosi i quali producono risultati solo molto tempo dopo e possono costantemente essere vanificati. Il sostegno al reddito, garantito dalla Pac, consente agli agricoltori europei di proseguire l’attività nonostante i diversi fattori di incertezza, assicurando loro un buon tenore di vita”.
Ma non solo. “Infatti. Viene garantito un approvvigionamento alimentare sicuro e di qualità a prezzi accessibili, si tutela l’ambiente e la biodiversità, si combatte il dissesto idrogeologico e si incentiva il benessere animale”.
All’agricoltura è destinato quasi il 40% del bilancio europeo. Molti lo dimenticano, ma l’agricoltura è uno dei collanti dell’Unione e, non a caso, gli agricoltori britannici sono stati fino alla fine i più decisi oppositori alla Brexit.
Per la programmazione 2014-2020, la Pac mette sul piatto dei 27 Paesi dell’Unione ben 408,312 miliardi di euro: 312,735 miliardi di euro di finanziamenti diretti e di sostegno al mercato(annuali) e 95,577 miliardi di euro di contributi per il supporto allo sviluppo rurale (Psr, su più anni)).
Questi ultimi sono integrati dalle risorse rese disponibili dai Paesi membri. L’Italia ha, in totale, da spendere, nel settennato 2014-2020, 52 miliardi di euro, di cui 27 miliardi di euro relativi a pagamenti diretti, 4 miliardi di euro per l’Organizzazione Comune del Mercato (Ocm) di vino e ortofrutta e 10,5 miliardi di euro per lo Sviluppo Rurale (Psr).
Lo stesso Psr può contare su altri 10,5 miliardi di euro di fondi nazionali. Un importo complessivo piuttosto rilevante.
Quali obiettivi intende raggiungere il Governo con queste risorse?
“La nostra agricoltura necessita di crescere in redditività e produttività, mantenendo un alto livello qualitativo e garantendo sostenibilità ambientale. Su questi obiettivi si concentrano le risorse: per competere nel mondo globale dobbiamo assicurare ai nostri produttori un reddito dignitoso e risorse per poter fare gli investimenti necessari a garantire la qualità che tutti si attendono dall’Italia. E ci stiamo riuscendo, a vedere dai dati dell’export agroalimentare”.
Ma il profitto arriva davvero agli agricoltori o si ferma nelle tasche della grande distribuzione?
“In troppi casi oggi ci sono sperequazioni all’interno della filiera. Ma il governo non sta a guardare: sia incentivando accordi di filiera, sia valorizzando l’origine dei prodotti, come si è fatto con il latte e i formaggi, per rendere il produttore più forte sul mercato”.
E nel futuro cosa si prevede per la Pac?
“Siamo già al lavoro per la nuova programmazione, per la quale vogliamo meno burocrazia e più attenzione anche per le caratteristiche produttive e ambientali dei Paesi Ue del Mediterraneo, che hanno spesso avuto problemi ad applicare regole: come ad esempio il greening, pensato per il Nord Europa. E dovremo riflettere anche sul nostro modello regionale, che spesso rende difficile il pieno utilizzo delle risorse disponibili”.
Gli imprenditori agricoli del Piemonte e della provincia di Cuneo si sono spesso lamentati del ritardato pagamento dei contributi diretti della Pac. Si è trovata una soluzione?
“Il grave ritardo nella partenza della nuova pianificazione ha messo il sistema, già molto burocratico e farraginoso, in seria difficoltà. Ora gran parte dei problemi si sono potuti risolvere, ma stiamo monitorando perché Agea e Arpea (gli organismi pagatori nazionale e regionale) non tornino ad avere problemi, con conseguenti ritardi per le imprese agricole”.
Invece, come sta procedendo, sempre sul nostro territorio, il cammino del Programma di Sviluppo Rurale (Psr)?
“La Regione Piemonte, tra le poche Regioni virtuose in Italia, sta facendo la sua parte e i bandi si stanno susseguendo mettendo a disposizione le risorse previste. Nella assegnazione dei contributi sono stati introdotti meccanismi parzialmente diversi dal passato, che inizialmente hanno creato qualche problema. Ma ora mi pare che la situazione sia nel complesso estremamente positiva”.
COME SONO IMPIEGATI ADESSO I FONDI DELLA PAC
Gli scopi principali sono tre.
Sostegno al reddito degli imprenditori del settore e al rispetto di pratiche agricole sostenibili
Si ricevono pagamenti diretti, ma condizionati al rispetto di norme severe riguardanti la sicurezza degli alimenti, la protezione dell’ambiente e della salute e il benessere degli animali.
I contributi sono interamente finanziati dall’Unione Europea e corrispondono al 70% del bilancio della Politica Agricola Comune (Pac).
La riforma del giugno 2013 prevede che il 30% dei pagamenti diretti siano legati all’attuazione, da parte degli agricoltori europei, di pratiche rurali sostenibili, benefiche per la qualità dei suoli, la biodiversità e, in generale, per l’ambiente.
Ad esempio: la diversificazione delle colture; il mantenimento di prati permanenti o la conservazione di zone ecologiche nelle aziende agrarie.
Sostegno al mercato
I contributi rappresentano il 10% del bilancio della Pac. Sono utilizzati per la promozione dei prodotti o per i danni dovuti a condizioni climatiche sfavorevoli.
Programma di Sviluppo Rurale
Le misure sono destinate ad aiutare gli agricoltori nel modernizzare le loro aziende e diventare più competitivi, proteggendo, nel contempo, l’ambiente.
Poi, contribuiscono alla diversificazione delle attività e non e a dare vitalità alle comunità rurali.
I finanziamenti sono compartecipati dai Paesi membri e costituiscono il 20% del bilancio Pac.
IL FUTURO DELLA PAC
Il futuro della Pac, dopo il 2020, è già oggetto di discussione e la Commissione Europea ha lanciato, a inizio febbraio, un’ampia consultazione, aperta fino al 5 maggio, alla quale possono partecipare agricoltori, organizzazioni, parti interessate e anche i singoli cittadini.
I risultati dell’indagine saranno pubblicati online e presentati dal commissario Ue all’Agricoltura, Phil Hogan, in una conferenza prevista a Bruxelles nel luglio 2017.
Con 31 domande a risposta chiusa e 3 a risposta aperta e la possibilità di allegare documenti di riflessione, lo studio pone al centro i risultati ottenuti fino a ora, gli insegnamenti prodotti dall’attuazione della riforma più recente e l’avvio di un dialogo strutturato. Inoltre, cercando di comprendere quali siano le difficoltà attuali, anticipa le necessità di modernizzazione e semplificazione della Pac.
“Invito tutti – conclude il viceministro Olivero – a partecipare al processo di consultazione: un sistema articolato e democratico, dove poter evidenziare la propria posizione e visione dell’agricoltura di domani”.
Le domande si trovano aprendo il link
https://ec.europa.eu/agriculture/consultations/cap-modernising/2017_it