Con undici spettacoli, tra cui un’anteprima che porta in scena alunni delle scuole elementari, piccoli artisti del suono attraverso le nuove tecnologie, torna il festival La Fabbrica delle Idee, in programma a Racconigi da sabato 10 giugno a domenica 2 luglio 2017, nel magico parco dell’ex ospedale psichiatrico.
Organizzato da Progetto Cantoregi, con la direzione artistica di Marco Pautasso, anche la XVII edizione della rassegna propone in cartellone le produzioni italiane maggiormente significative del teatro di ricerca e di impegno civile e a tematica sociale.
Attesi al festival registi, attori, compagnie e associazioni teatrali innovativi, vitali e dallo sguardo acuto e sensibile: Deflorian/Tagliarini, Babilonia Teatri, Zappalà Danza, Scimone-Sframeli, Paola Roscioli, Mario Perrotta, Saverio La Ruina, Oscar De Summa, Il Mutamento Zona Castalia, Faber Teater, Associazione Culturale B612Lab e la stessa Progetto Cantoregi. Come da tradizione diversi i temi che verranno affrontati e portati all’attenzione del pubblico per una riflessione condivisa sui tanti ambiti della vita e della società moderna. Temi sociali e di stampo civile, ma anche tematiche intime che si fanno universali: la dignità dell’esistenza, le crisi personali e politiche, i diritti delle nuove famiglie, i problemi di identità e coscienza, le distanze e le incomunicabilità nei rapporti d’amore, l’omosessualità, l’immigrazione, l’accoglienza, il maschilismo, la precarietà lavorativa ed emotiva, il dolore e la perdita, il lutto e la sua elaborazione.
Sede principale degli spettacoli è il parco dell’ex ospedale psichiatrico di Racconigi (via Fiume 22), che con le ombre della sera si fa scenario magico, capace di imprimere maggiore carica emotiva all’azione teatrale. L’ospedale era un tempo ironicamente denominato fabbrica delle idee, con riferimento alle visioni e comportamenti stravaganti, spesso abnormi e scandalosi degli utenti. Definizione dispregiativa che è stata ora ribaltata in senso positivo per denominare il festival, a sottolineare la potenza creativa e costruttiva delle idee, dei pensieri e delle riflessioni.
«Il parco dell’ex ospedale psichiatrico di Racconigi – spiega il direttore artistico Marco Pautasso – si conferma punto di incontro e scambio di realtà teatrali culturali fondamentali per lo sviluppo di una coscienza sociale, culturale e civile. È cornice ideale per accogliere le differenze, il confronto e la riflessione. Ben rappresenta lo spirito e la sensibilità della rassegna, sempre centrata a offrire uno spazio effettivo di libertà espressiva, dove convergono e si specchiano senza pregiudizi idee e prospettive diverse, per provare a spingersi oltre le ideologie e le etichette e ricercare possibili nuove armonie».
La Fabbrica delle Idee è organizzato dall’associazione Progetto Cantoregi. È realizzato con il sostegno della Compagnia di San Paolo nell’ambito dell’edizione 2017 del bando Performing Arts (maggior sostenitore) e con il contributo della Regione Piemonte e della Città di Racconigi. Si inserisce nel progetto A Pelle che dal 2014 vede collaborare le compagnie Progetto Cantoregi (Racconigi), Mutamento Zona Castalia (Torino) e Faber Teater (Chivasso) in uno scambio di produzioni teatrali. È patrocinata da: Fondazione Teatro Stabile di Torino, Asl Cn 1, RacconigiEventi.
Ingresso: intero 10 euro; ridotto 7 euro. Ingresso spettacolo Trentesimo: 5 euro. Ingresso per gli studenti: 4 euro (elementari, medie, superiori e universitari). Info: 335.8482321 – 338.3157459 – www.progettocantoregi.it – info@progettocantoregi.it Fb Progetto Cantoregi – Tw @cantoregi
IL PROGRAMMA
Il sipario del festival La Fabbrica delle idee si alza sabato 10 giugno con la compagnia Deflorian/Tagliarini che porta in scena Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni, indagine di una crisi politica e di una crisi intima, dai toni dissacranti e ironici, ma anche delicati. Lo spettacolo sarà portato in scena alla Sala Polivalente Soms (Via Carlo Costa 21). Ispirandosi a un’immagine del romanzo di Petros Markaris L’esattore, gli autori, registi e performer Daria Deflorian e Antonio Tagliarini (Premio Ubu 2014) riflettono sul suicidio non come gesto esistenziale ma come atto politico estremo. Nel pieno della crisi economica greca vengono trovate le salme di quattro donne pensionate che si sono tolte la vita con barbiturici e vodka. «…Abbiamo capito che siamo di peso allo Stato, ai medici, ai farmacisti e a tutta la società – spiegano in un biglietto – Quindi ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni. Risparmierete sulle nostre pensioni e vivrete meglio».
La decisione di suicidarsi delle quattro pensionate diventa un rifiuto della nostra società della stanchezza, come l’ha definita il filosofo Byung–Chul Han. Una società sempre più assertiva e ottimista, declinante verso l’impossibilità della dignità della vita. Torna al festival Babilonia Teatri, la compagnia veronese apprezzata per il suo sguardo irriverente. Martedì 13 giugno (ore 21.45, parco) presenta il nuovo spettacolo Pedigree, con Enrico Castellani e Luca Scotton e la cura di Valeria Raimondi: esplora un mondo ancora poco conosciuto, ma attuale, quello dei figli di coppie omosessuali, indagando la psicologia del figlio. È la storia di un giovane uomo, della sua famiglia con due madri, del padre donatore e dei suoi cinque fratelli di sperma sparsi per il mondo. Racconta le difficoltà di una nuova generazione in provetta, alla ricerca di nuove radici e alle prese con nuove paure, con genitori biologici e genitori di fatto, con nuove problematiche di identità e di coscienza. Tra fitti giochi di parole e canzoni di Elvis Presley e con uno stile schietto, sincero e poetico, un ragazzo descrive la sua vita, diversa rispetto a quella dei coetanei: una vita che comprende l’assenza del padre donatore, la situazione di chi si sente come un animale al quale viene continuamente chiesto il proprio pedigree. Musiche dei Pink Floyd, di Elvis Presley, Luigi Tenco, John Cage e Sergei Prokofiev e incanti coreografici domenica 18 giugno (ore 21.45, parco) con la Compagnia Zappalà Danza e il suo Romeo e Giulietta 1.1. (La sfocatura dei corpi), riproposizione del Romeo e Giulietta del 2006 che fa parte del progetto Antologia, ideato da Roberto Zappalà per recuperare, rinnovare e rivisitare i propri più interessanti lavori. Quando ci sentiamo sfocati? In ottica, fotografia e cinema, la sfocatura è una questione di distanza tra il centro focale dell’obiettivo e l’oggetto inquadrato; se questa distanza è inferiore o superiore a una certa misura, l’oggetto risulta sfocato. Riportando tutto ai due amanti di Verona, ci sentiamo sfocati quando percepiamo che la distanza tra noi e il mondo, tra noi e l’amato non è quella giusta; quando la distanza dall’essere amato è condizionata dal proprio essere nel mondo. Nella versione 1.1 il coreografo ha spostato la propria messa a fuoco, concentrandola più che sulla coppia di innamorati, sulla loro individualità di esseri che vivono singolarmente un disagio sociale.
Artista tra i più premiati della scena italiana, Saverio La Ruina torna alla Fabbrica delle Idee lunedì 19 giugno (ore 21.45, parco) con Masculu e Fìammina, l’ultima produzione di Scena Verticale. Un uomo va a trovare al cimitero la madre morta e si confessa con lei, in un emozionante flusso di coscienza privo di imbarazzi e paure. Per la prima volta le confida con pacatezza di essere omosessuale e l’esistenza intima che vive. La mamma aveva probabilmente intuito tutto in silenzio, con amoroso rispetto. Con il dispiacere di non aver trovato prima, a tu per tu, l’occasione di aprirsi e di cercare appoggio, nel discorso del figlio affiorano memorie anche di momenti sereni, come alcuni rapporti con uomini in grado di dare felicità. Un benessere che però si rivelava effimero, perché gli aspetti segreti di un’esistenza causano mille complicazioni, destini non facili, rotture drammatiche. Nei riguardi della madre si percepisce qualche rammarico e mancata armonia. Ma tutto è moderato, fatalistico, contemplativo, in un meridione avvolto dalla la neve, tra le tombe.
Doppio appuntamento martedì 20 giugno per una serata dedicata ai temi dell’immigrazione e dell’accoglienza con Paola Roscioli e Mario Perrotta, compagni nella vita e nel lavoro. Alle ore 20 (Sala Polivalente Soms, Via Carlo Costa 21) Paola Roscioli, attrice, cantante e doppiatrice, sale sul palco con Lireta – a chi viene dal mare, tratto dalla storia vera di una donna albanese, avventurosamente arrivata in Italia, e da altri milioni di diari non scritti, con la drammaturgia e la regia di Mario Perrotta. Dall’Albania Lireta guarda oltremare sognando di arrivare in Italia per una nuova vita. Parte su un gommone alla volta della Puglia, con una bimba di soli tre mesi di vita. A ogni onda che arriva, ogni schianto sull’acqua diventa un ricordo, facendo riaffiorare tutta la sua sofferta esistenza. Ricordo di un padre ubriaco e violento, che serra i figli sotto chiave mentre picchia la moglie; di un matrimonio combinato tra famiglie, senza che lei possa dire parola; di un fuga da casa e di un innamoramento per un uomo che diceva di amarla e di portarla in Italia per essere felici ma invece l’ha resa schiava per portarla, insieme ad altre, sulle strade d’Italia. Ma Lireta non cede e scappa. Nasce una bimba da un altro uomo, quella bimba che ora è in barca con lei per raggiungere davvero l’Italia.
Alle ore 22.30 (Sala Polivalente Soms,Via Carlo Costa 21) Mario Perrotta propone il suo Emigranti esprèss. Dopo il successo del Progetto Ligabue, che nel 2015 ha conquistato il Premio Ubu, l’artista salentino ha ideato una nuova produzione corale sul tema della migrazione, partendo dalla sua terra d’origine, il Salento, terra di approdi e partenze. Emigranti esprèss è la rivisitazione teatrale delle quindici puntate dell’omonima trasmissione, andata in onda sulla radio, per raccontare il viaggio in treno che nei primi anni Ottanta portava gli immigrati pugliesi da Bari fino a Milano, per poi proseguire all’estero. «Era il 1980. Stazione di Lecce. Ore 21 e 07. Come tutti i giorni di ogni benedetto anno, a quell’ora parte il treno degli emigranti che raccoglie le braccia da lavoro della costa adriatica d’Italia, per “fiondarli” tutti insieme fino a Milano, incollati l’uno all’altro dallo “sputazzo” che è il treno stesso. Arrivati di slancio nella capitale meneghina, gli elastici di quella fionda si allentavano, e i pallini umani venivano “sparati” chi verso la Svizzera, chi verso il Belgio, la Germania, la Francia… Nel 1980 su quel treno c’ero anch’io. E avevo solo dieci anni. E viaggiavo da solo! Una volta al mese». Mario Perrotta
Come ogni anno, il festival ospita gli artisti di Faber Teater, sempre accolti da grandi applausi. Per questa edizione la compagnia porta al pubblico una composizione per sei voci e un Duomo, un originale Stabat Mater che sarà rappresentato nella Chiesa San Giovanni e Santa Maria di Racconigi (piazza Burzio) giovedì 22 giugno (ore 21.45). Un’esperienza acustica sul tema della figura della madre nel momento della perdita del figlio, in cui la Chiesa suona insieme con gli interpreti. Un lavoro teatrale e canoro che dispone i cantattori nei diversi spazi (il coro, l’abside, il pulpito, le navate, l’altare) per far suonare lo strumento chiesa e immergere i partecipanti nel suono. In un certo senso è una visita guidata alla chiesa, una visita per l’udito prima che per la vista. Si alternano le voci del lutto e del dolore, le voci dello scandalo della morte, le voci dell’ingiustizia contro l’innocente, le voci della perdita incolmabile, le voci della ricerca di consolazione. Antonella Talamonti ha scelto testi liturgici e tradizionali in latino, volgare, italiano, sardo ed arberesh su cui ha scritto musiche originali. Una scrittura musicale ispirata dall’esperienza di anni di ricerche, viaggi e registrazioni dei canti popolari della Settimana Santa in
Italia, a fianco di Giovanna Marini. Apprezzato ritorno al festiva anche per Oscar de Summa, premio Hystrio Anct 2016 e premio Rete critica 2016, tra i maggiori talenti teatrali degli ultimi anni. Sabato 24 giugno (ore 21.45, parco) con La sorella di Gesucristo propone il terzo capitolo della trilogia della provincia, dopo Diario di provincia e Stasera sono in vena. Una ragazza prende in mano una pistola e attraversa il paese per andare a sparare al ragazzo che la sera prima, il venerdì santo della Passione, le ha fatto violenza. Una camminata pubblica, che obbliga tutti coloro che la incontrano a prendere posizione nei suoi confronti e a svelare i retroterra emotivi e culturali del proprio punto di vista. La ragazza è costretta a crescere, a superare gli sguardi e i pregiudizi, come se questo fosse un viaggio iniziatico dall’infanzia al mondo degli adulti. Si comincia dai familiari, per coinvolgere tutti gli abitanti del paese fino a rivelare la nostra società, un’italietta convinta di un progresso automatico e teso all’infinito degli anni Ottanta, centrata sull’arroganza del maschio dominatore. Ma è giusto usare
la violenza per riparare a una violenza? E se così non fosse che alternative avremo? Un racconto drammatico che si districa anche attraverso l’ironia.
Martedì 27 giugno (ore 21.45, parco) l’Associazione culturale B612Lab propone Trentesimo, spettacolo che fa parte del progetto omonimo di innovazione culturale, selezionato dalla Compagnia di Sanpaolo nell’ambito del bando ORA, realizzato da Roberta Bonetto, autrice e regista, Gabriel Beddoes, attore, Francesca Bono, responsabile dei contenuti media, e Fabio Ferrero, produttore esecutivo. Tutto il progetto affronta il tema dell’immobilità e della precarietà di una generazione attraverso tre forme espressive: una performance di teatro danza (quella rappresentata al festival), un cortometraggio di finzione e uno storytelling narrativo. Nello spettacolo Gengè, trentenne, deve affrontare un colloquio di lavoro. Durante la salita verso l’ufficio dove si tiene l’appuntamento, l’ascensore si ferma improvvisamente. Il tempo sospeso e lo spazio compresso lo spingono a ridiscutere le motivazioni iniziali e a riflettere con pungente ironia sulla tensione incolmabile tra realtà e rappresentazione. Nel periodo della vita in cui il tempo sembra scorrere più veloce e la sensazione è quella di rischiare di perdere la grande occasione, in una società che a volte limita e costringe, in cui il timore di sbagliare può trasformarsi in immobilità, Gengè pone questioni semplici, ma urgenti, che rivolge a se stesso e agli altri.
Anteprima per la serata di venerdì 30 giugno (ore 21.45, parco) con lo studio dello spettacolo A NOI VIVI! Il Paradiso, coproduzione di Mutamento Zona Castalia e Progetto Cantoregi, con la regia di Giordano Amato e Marco Pautasso e scene di Koji Miyazaki. Oltre a Eliana Cantone e agli artisti di circo contemporaneo Elena Fresch e Matteo Mazzei, lo spettacolo vede protagonisti i bambini, impegnati a creare i suoni dello spettacolo sia attraverso esperienze di drum circle, condotte da Fabio Partemi, sia attraverso strumenti tecnologici, con l’impiego di applicazioni musicali su tablet, ideate da Brian Eno. Ogni tappa prevede, prima della rappresentazione, un periodo di preparazione dei bambini. Lo spettacolo evoca la possibilità di un paradiso, ovvero di una possibile dimensione futura di benessere; un benessere che parte da se stessi per diffondersi e comunicarsi agli altri o che, viceversa, parte da una collettività per diventare patrimonio del singolo individuo. Il paradiso è l’utopia che concorre alla costruzione del possibile futuro, il paradiso è per i bambini: per avere il paradiso è necessario tornare bambini. Il progetto affonda le proprie radici in fondamentali esperienze artistiche e umane, come quella del Bahaus, Paul Klee, Erik Satie, per arrivare a fino al passato recente con John Cage, a oggi, con Brian Eno. In collaborazione con: Torino Spiritualità, Fondazione Live Piemonte dal Vivo, Fondazione Paideia e Fondazione Teatro Piemonte Europa.
Domenica 2 luglio (ore 21.45, parco) arriva al festival il Premio Ubu 2016, la Compagnia Scimone Sframeli. Porta in scena Amore, scritto da Spiro Scimone e diretto da Francesco Sframeli, entrambi sul palco insieme con Gianluca Cesale, Giulia Weber. Con Amore la compagnia prosegue il proprio percorso drammaturgico ai bordi dell’umanità, all’interno di non luoghi, dove i personaggi non hanno nome. Sul palco due coppie: il vecchietto e la vecchietta, il comandante e il pompiere. Quattro figure che si muovono tra le tombe. La scena è, infatti, un cimitero. Il tempo è sospeso, forse, stanno vivendo l’ultimo giorno della loro vita. Dialoghi quotidiani e surreali, ritmi serrati che intercettano relazioni, attenzioni e richieste fisiche che celano necessità sul limite tra la verità e la tragedia del quotidiano. L’Amore è una condizione estrema e, forse, eterna.