Il settore agroalimentare continua a crescere nel 2016 con tassi di variazione superiori rispetto l’economia italiana, anche se si segnala un rallentamento rispetto all’anno precedente.
Le performance in termini reddituali evidenziano un lieve rallentamento, tuttavia la struttura finanziaria appare solida e in grado di sostenere le sfide della crescita.
Il settore del food si conferma come un’industria ad alto valore aggiunto con un trend di creazione di valore per il cliente estremamente positivo. Permangono notevoli differenze tra i comparti e si confermano le performance di crescita robusta e sostenibile per i comparti dei distillati, del food equipment, caffè e del vino.
L’analisi per classi dimensionali evidenzia una maggiore capacità di crescita delle aziende di grandi dimensioni e una maggiore vulnerabilità finanziaria per le medie aziende.
È quanto emerge dal Food Industry Monitor, l’osservatorio di riferimento sulle performance delle aziende italiane del settore agroalimentare, realizzato dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo con il supporto di EFG, gruppo bancario internazionale specializzato in private banking e asset management.
L’osservatorio di quest’anno, giunto alla sua terza edizione, ha analizzato le performance di 809 aziende, per 58 miliardi di ricavi aggregati, nel periodo 2009-2016. Sono stati selezionati 14 comparti rappresentativi del settore agroalimentare: acqua, birra, caffè, conserve, distillati, dolci, farine, food equipment (macchine per la produzione di alimenti), latte e derivati, olio, packaging, pasta, salumeria, vino. Il campione rappresenta circa il 70% di tutte le società di capitale operanti nel settore.
Nel 2016 il settore del food ha registrato un incremento dei ricavi pari a 2,5%, nettamente superiore alla crescita del PIL (0,9%). Sono oramai cinque anni che il settore del food registra performance sensibilmente superi a quelle dell’economia italiana.
L’agroalimentare italiano è un’industria ad elevato valore aggiunto. A partire dal 2012 il valore aggiunto prodotto dalle aziende del campione è cresciuto a tassi sempre più elevati e ha superato la crescita del fatturato.
Nel 2016 l’incremento del valore aggiunto è stato del 5% in linea con l’anno precedente e sensibilmente superiore alla crescita dei ricavi. L’industria agroalimentare italiana possiede know-how di prodotto e di processo unici che permettono di aggiungere valore alle materie prime di qualità attraverso i processi produttivi, la comunicazione, il brand e la distribuzione.
La redditività commerciale ha subito una lieve contrazione nel 2016, tuttavia si rileva un rafforzamento della struttura finanziaria con una diminuzione del tasso di indebitamento.
Le performance di lungo periodo 2009-2015.
Analizzando le performance di lungo periodo emerge che i comparti che crescono maggiormente, realizzando un CAGR dei ricavi notevolmente superiore alla media del settore (3,9%), sono olio (8,3%), packaging (7,4%), farine (7,2%), food equipment (6,5%), caffè (5,2%) e vino (5,2%).
La redditività commerciale (ROS) è tradizionalmente molto elevata nel comparto dei distillati (12,9%); si rilevano buone performance anche per food equipment, dolci, caffè, acqua e pasta che hanno valori superiori la media dell’intero settore (5,7%).
Come evidenziato nella scorsa edizione dello studio, permangono delle criticità che interessano i comparti salumeria, olio, farine e latte che hanno la redditività commerciale (ROS) e la redditività del capitale investito (ROIC) sensibilmente inferiori rispetto alle medie di settore.
Se si analizza il valore aggiunto, il comparto del food equipment si conferma il best performer del settore con un CAGR del valore aggiunto pari all’8% nel periodo 2009-2015; a seguire si trovano distillati (5,8%), farine (5,7%), vino (5,7%), packaging (5,1%) e conserve (4,2%). Il comparto dei dolci (1,4%), pasta (1,5%) e birra (1,7%) hanno registrato le performance peggiori del settore con risultato molto al di sotto della media (3,6%).
Permane una situazione di sostanziale crisi del comparto dei salumi (1,1%) che registra il valore più basso del settore.
ICS – Indice di crescita sostenibile e comparti ad alto potenziale di sviluppo.
Il tema della sostenibilità economica della crescita è estremamente critico nel settore agroalimentare. L’ICS-Indice di Crescita Sostenibile è un indice – creato ad hoc per il Food Industry Monitor – calcolato tenendo conto della crescita dei ricavi, della marginalità commerciale e della struttura finanziaria su un arco pluriennale (2009-2015).
Quanto più elevato è l’indice tanto maggiore sarà la possibilità di continuare a crescere per il comparto o per la singola azienda.
Solo quattro comparti hanno un indice ICS soddisfacente che evidenzia la presenza di imprese in crescita con buone performance reddituali e una solida struttura finanziaria. I distillati (ICS 22,6), il caffè (ICS 21,3), il food equipment (ICS 21,1) e, in misura minore, il vino (ICS 10,5) sono i comparti che hanno registrato le performance migliori per i tre profili sopra richiamati; essi infatti associano un tasso d’indebitamento contenuto all’aumento delle vendite e della marginalità.
Settori quali pasta (ICS 9,9), farine (ICS 7,7), packaging (ICS 7,7), acqua (ICS 7,5) si trovano “a metà del guado”, ovvero non eccellono in tutti e tre i profili che compongono l’indice. Infine si conferma la situazione molto problematica di diversi comparti, tra cui spiccano la salumeria (ICS 1,3) e il latte (ICS 2,2).
Il comparto della birra (ICS 0,5) registra il valore più basso rispetto gli altri comparti a causa della sostanziale stabilità della crescita dal 2009 al 2015.
Analisi per classi dimensionali.
Per la terza edizione del Food Industry Monitor è stata sviluppata un’analisi dei comparti per classi dimensionali.
Sono state comparate le performance di crescita, redditività, struttura finanziaria delle grandi aziende (fatturato sopra i 100 milioni di Euro) e le medie aziende (fatturato tra i 100 milioni e i 50 milioni di Euro).
Le aziende di grandi dimensioni crescono a tassi superiori rispetto alle aziende di medie dimensioni, specialmente nei comprarti dove operano imprese che adottano il modello di business della trading company, come nell’olio (13%) e nel vino (12,1%).
Le medie aziende del comparto del latte e dei salumi hanno registrato tassi di crescita maggiori rispetto alle grandi aziende (4,8% e 3,7%). Si tratta di un risultato influenzato da dinamiche di specializzazione e da scelte di focalizzazione su prodotti di qualità effettuate dalle aziende di minori dimensioni.
In generale la redditività è maggiore per le grandi aziende, in particolare si registrano valori molto alti nei settori dei distillati (15,2%), dolci (8,3%) e pasta (8%).
L’indebitamento delle medie aziende è maggiore rispetto alle grandi aziende nei comparti dell’olio (4,18), latte e derivati (4,3), dolci (4) e caffè (2,39). Le grandi aziende del comparto del vino sono caratterizzate da un indebitamento maggiore (4,07) rispetto alle medie aziende, anche in questo caso si tratta di un dato fisiologico generato dalla presenza delle trading company.
Confronto intersettoriale.
Il confronto intersettoriale conferma le buone performance del settore agroalimentare. Infatti il ritorno sul capitale investito (ROI) nel 2015 è superiore a quello di diversi settori dell’economia italiana come l’abbigliamento, il legno e i mobili (confronto con dati MBRES).
La situazione debitoria del settore food è lievemente più bassa rispetto al campione MBRES delle imprese italiane ed è caratterizzato da una tendenza decrescente nel lungo periodo.
Gli investimenti materiali e immateriali del settore food evidenziano un trend di crescita nel periodo 2009-2015; le imprese italiane (campione MBRES), invece, hanno ridotto gli investimenti, soprattutto nel biennio 2013-2014.
Nel 2015 gli investimenti nel settore del food sono cresciuti leggermente meno rispetto a quelli registrati dalle imprese italiane.
Gli investimenti in immobilizzazioni immateriali sono caratterizzati da tassi di crescita positivi solo per il settore food mentre il campione di aziende MBRES ha registrato un decremento del -0,4%.
Carmine Garzia, docente presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e curatore della ricerca, ha commentato: “Nel 2016 abbiamo osservato un lieve rallentamento della crescita in termini di fatturato. Si tratta di un dato determinato dalle forti pressioni sui prezzi esercitati dalla GDO che hanno comportato anche una contrazione dei margini commerciali. Le aziende devono prestare molta attenzione a non perseguire una crescita fine a se stessa, occorre preservare i margini e quindi il posizionamento distintivo dei prodotti italiani anche a costo di sacrificare le vendite.
La ricerca della crescita redditizia è una priorità per le aziende italiane del food, perché le dimensioni consentono di consolidare i modelli di business; abbiamo infatti osservato che le aziende di maggiori dimensioni sono più redditizie, hanno una struttura finanziaria più solida e crescono di più rispetto alle aziende di piccole dimensioni.
Pertanto il raggiungimento di una massa critica deve essere un obiettivo da perseguire con determinazione da parte di tutte le aziende del settore food”.
I risultati della terza edizione del Food Industry Monitor sono stati presentati l’8 giugno 2017, presso la sede dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo-Bra (CN), durante il convegno “Finanza e crescita sostenibile nel settore agroalimentare” in cui si è discusso di innovazione, investimenti e strumenti finanziari alternativi per la crescita sostenibile delle aziende agroalimentari italiane.
Il convegno è stato sponsorizzato da EFG in collaborazione con Borsa Italiana e ELITE. Food Community è stato il media partner dell’evento.
Il Food Industry Monitor 2017 è stato redatto dal Prof. Carmine Garzia.
Il Dott. Francesco Maria Gentile, research associate di UNISG, ha contribuito alla costruzione del database. Le elaborazioni sono state effettuate sulla base dei dati di bilancio pubblico disponibili al 12/05/2017.
Il rapporto è stato chiuso alla data del 18/05/2017.