Tempo di bilanci per il sistema allevatoriale piemontese rappresentato dall’Arap, forte di oltre seimila aziende zootecniche leader nella produzione di carne e latte.
Giovedì 6 luglio, nella sede di via Livorno a Torino, i delegati dell’Associazione regionale allevatori si riuniscono in assemblea per approvare il consuntivo 2016 e discutere sui risultati del percorso di riorganizzazione avviato quattro anni fa nell’ambito del programma di spending review promosso dal ministero delle Politiche agricole.
L’assemblea generale cade in un momento ad “alta tensione”. Spiega il presidente Arap Roberto Chialva: “Il nostro sistema si è dovuto confrontare, nei giorni scorsi, con una criticità tra le più gravi della sua lunga storia: il disimpegno dei fondi stanziati nel 2017.
Nella sostanza il Ministero aveva ridotto i trasferimenti di risorse alle Regioni da 22,5 a 7,2 milioni di euro a fronte di una spesa sostenuta dalle nostre associazioni che si attesta a quasi 60 milioni di euro. Un taglio devastante e comunicato a metà della campagna in corso.
Fortunatamente – sottolinea Chialva – la mobilitazione ha consentito il recupero dei fondi. Oggi a nome dei nostri allevatori ringrazio i Ministeri delle Politiche agricole e dell’Economia, la nostra associazione nazionale, gli assessorati regionali all’agricoltura, con un cenno particolare per il nostro assessore Giorgio Ferrero che ha messo in campo il suo tempestivo interessamento, sostenuto dai sindacati agricoli, Coldiretti in primis, dai consorzi di tutela e dai molti esponenti politici. Ora possiamo guardare avanti con maggiore serenità, ma tenendo presente che il mondo allevatoriale dovrà essere sempre più competitivo e capace di strategie vincenti”.
Una sfida che l’Arap ha ingaggiato a partire dal 2013, con l’acquisizione dei patrimoni delle associazioni provinciali (Apa) che hanno partecipato al progetto di riorganizzazione.
Ciò ha determinato importanti economie di scala nei costi di gestione, anche nell’ambito delle attività di analisi di laboratorio. Su questo fronte, precisa Tiziano Valperga direttore Arap, “una ulteriore e strategica iniziativa, approvata e resa operativa nel corso del 2016, è il progetto di trasferimento del laboratorio Centro Latte di Torino presso le nostre strutture di Cuneo.
Il passaggio, che verosimilmente verrà completato entro fine 2017, permetterà di unificare in una sola sede i due laboratori di Cuneo e di Torino.
Questo progetto consentirà importanti vantaggi economici e tecnici sintetizzabili principalmente nel conseguimento di ulteriori economie nei costi di gestione e nello sviluppo di nuovi ed importanti servizi per il comparto latte, per quello della carne e per le filiere collegate”.
Uno scenario caratterizzato dunque dal forte impegno “istituzionale” a guidare la modernizzazione del sistema allevatoriale, stretti fra la necessità di tenere i conti a posto e il dovere di assicurare i migliori servizi alle aziende zootecniche.
A regalare note di fiducia, nell’attuale quadro di risorse limitate, ci sono gli incoraggianti risultati economici conseguiti dalla carne certificata della razza bovina Piemontese, nonostante le molteplici campagne denigratorie contro il consumo di carne. Osserva al riguardo il presidente Arap, Roberto Chialva: “Il modello di sviluppo futuro dei nostri allevamenti non è quello che mira a stalle con 2-3000 o più capi. Occorre ricercare il giusto equilibrio tra economie di scala, impatto ambientale, presidio del territorio e quantità-qualità delle produzioni”.
La normativa che impone l’origine obbligatoria in etichetta per il latte e i formaggi commercializzati in Italia, così come il recente conseguimento della certificazione IGP Vitelloni piemontesi della coscia, sono provvedimenti che vanno ad attestare il nuovo equilibrio.
Ancora Chialva: “Sempre di più i consumatori, a livello mondiale, sono attirati dall’origine degli alimenti, da come essi sono prodotti, dal loro effetto sulla salute e sull’ambiente.
Questa situazione determinerà un passaggio obbligato dai sistemi di produzione intensivi e standardizzati a nuovi modelli più sostenibili ed inclusivi tipici della maggior parte degli allevamenti oggi già soci del nostro sistema”.