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Borghi alpini, cinque anni di lavoro per la rivitalizzazione dei villaggi montani. Pronti altri 20 milioni di Fondi UE

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Cinque anni fa, nel luglio 2012, Uncem lanciava il programma per la rivitalizzazione dei borghi alpini.

Eravamo all’indomani dello stanziamento di 40 milioni di euro di fondi UE, investiti sulle borgate dalla Regione Piemonte. Quella strategia spinta fortemente da Uncem – con un bando del PSR 2007-2013 che ha fatto scuola in Italia – in mezzo decennio ha generato nuove opportunità di crescita dei borghi e dei territori, studi accademici e decine ditesi di laurea, l’apertura di tanti nuovi agriturismi e alberghi diffusi, una legge regionale sull’extraalberghiero che dà nuove opportunità di uso delle seconde case (grazie ad esempio ad AirBnB), tantissimi acquisti di baite e progetti di privati (come quello per il rilancio degli “Ambornetti”, a Ostana), un dibattito europeo (e non solo) sui temi architettonici e sulle reti del ritorno, un’attenzione mediatica e istituzionale mondiale (della scorsa settimana un nuovo articolo sul Telegraph che cita Uncem per il suo impegno) per l’azione della montagna piemontese. E anche altri 20 milioni di euro per la rivitalizzazione dei villaggi, con due nuovi bandi del Psr rivolti agli enti locali da aprire nei prossimi mesi.

 

“Borghi alpini – spiega Marco Bussone, che sta coordinando il programma Borghi alpini per Uncem – è diventato un marchio sul quale costruire un percorso antropologico, culturale, economico, politico, istituzionale per i prossimi vent’anni. Lo abbiamo detto anche al Ministro Franceschini che bene ha fatto a individuare nel 2017 l’Anno dei Borghi”.

Nel recupero di un borgo si intrecciano temi sociali, economici, antropologici oltre che architettonici, immobiliari e urbanistici. Il villaggio torna a vivere se oltre alla ricostruzione dei muri si rigenera una comunità, che lì vive e fa impresa. Vale per le Alpi e per l’Appenino dove, secondo le regole della Strategia nazionale Aree interne, pianificando una rigenerazione socio-economica e dei servizi nei borghi. “Le borgate – prosegue Bussone – sono anche luogo di sperimentazione di nuovi modelli energetici, totalmente alimentati da fonti rinnovabili, piccole smart grid, aree deputate alla produzione energetica e all’accumulo di energia”. I borghi sono luoghi della cultura e della storia. Dell’innovazione, con l’applicazione dell’Agenda digitale per la montagna. Luoghi ecosostenibili parte delle green communities e delle oil free zone normate dalla legge 221 del 2015, la prima legge italiana sulla green economy: dove si avviano virtuosi meccanismi di pagamento dei servizi ecosistemici-ambientali. I borghi sono luoghi dove produrre. Dove si è sempre prodotto. E la comunità ne era e ne è protagonista.

“I borghi medioevali o più recenti, alpini o appenninici, non vanno messi sotto una campana di vetro – evidenzia Marco Bussone – Vanno piuttosto rigenerati con un attento lavoro di ricerca sociale, di pianificazione urbanistica, di sviluppo economico locale. Un impegno che diventa scienza. Servono attente valutazioni, caso per caso. Chi si occupa di rigenerazione delle aree interne non è un “abbandonologo” che contempla ruderi. Bisogna piuttosto partire da quanto esiste, borghi – intesi come frazioni di paesi o anche interi paesi – che possono avere iniezione di risorse – pubbliche o private – e di idee, di progetti e di proposte”. Che Uncem ha raccolto e rilancia sul sito internet www.borghialpini.it, d’intesa con gli architetti dell’Istituto di Architettura Montana del Politecnico di Torino, e centinaia di professionisti. Uno straordinario vettore per la strategia che Uncem vuole condividere con la Regione Piemonte e rendere stabile, quale decisivo asse dello sviluppo socio-economico regionale.

 

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