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Per la prima volta in Italia impiantato un dispositivo per la Modulazione della Contrattilità Cardiaca, presso l’ospedale Mauriziano di Torino

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Per la prima volta in Italia è stato eseguito il primo impianto di un dispositivo per la Modulazione della Contrattilità Cardiaca (Cardiac Contractility Modulation: CCM), presso il reparto di Cardiologia dell’ospedale Mauriziano di Torino (diretta dalla dottoressa Maria Rosa Conte). L’intervento è stato effettuato dal dottor Stefano Grossi.

Si tratta di una nuova tecnologia capace di migliorare la contrattilità del cuore, affetto da insufficienza cardiaca, mediante la stimolazione del muscolo cardiaco con impulsi elettrici ad alto voltaggio.

Questa modalità di stimolazione non ha lo scopo di produrre il battito del cuore, come avviene per i pacemaker, ma determina una rimodulazione del metabolismo del calcio.

Nel cuore scompensato infatti si riduce l’attività dei geni e delle proteine che promuovono il rilascio di calcio nella cellula dai depositi.

La sua concentrazione intracellulare si riduce e con essa la capacità della cellula di contrarsi e del cuore di pompare il sangue nel sistema circolatorio.

Con la stimolazione CCM si verifica una progressiva riattivazione di geni e proteine che regolano il rilascio del calcio nella cellula, aumentandone la disponibilità con un miglioramento della funzione del cuore.
La CCM non è un’alternativa al pacemaker: i pacemaker servono per stimolare il cuore quando l’impulso elettrico spontaneo del cuore a contrarsi è bloccato e quindi il cuore si ferma o rallenta criticamente.

Nello scompenso cardiaco il cuore batte invece spontaneamente, ma è ridotta la sua forza di contrazione e quindi perde la sua azione efficace di pompa.

La CCM con la sua stimolazione elettrica determina un aumento della forza di contrazione del muscolo cardiaco contrastando quindi l’insufficienza cardiaca.
Il dispositivo con una batteria viene posizionato in una tasca sottocutanea e due o tre elettrocateteri conducono l’impulso elettrico fino al ventricolo destro, dove avviene la stimolazione del cuore.

L’intervento di applicazione del dispositivo viene eseguito in anestesia locale e richiede mediamente una durata di 30-50 minuti. Il giorno seguente il paziente è già in condizione di alzarsi e la degenza ospedaliera è breve, pochi giorni in tutto.
Progressivamente la stimolazione inizia a fare riprendere la contrattilità del cuore ed il paziente vede migliorare il proprio respiro e le proprie forze.
Lo stimolatore viene ricaricato elettricamente ogni settimana dall’esterno mediante una placca posizionata sulla cute soprastante, attraverso un meccanismo di induzione elettrica.
Dei malati di scompenso potranno beneficiare di questo trattamento quelli che non rispondono alle terapie attualmente disponibili: farmacologica, terapia resincronizzante cardiaca ed i pazienti che non possono essere inclusi nelle liste trapianto.
Il paziente sottoposto all’impianto è un uomo di 57 anni, affetto da una forma avanzata di scompenso cardiaco non idoneo a trapianto di cuore nè ad impianto di dispositivi di assistenza meccanica al circolo.

Già portatore di defibrillatore biventricolare, durante il ricovero è stato sottoposto a due procedure di ablazione per gravi aritmie che esitavano in arresto cardiaco. Tuttavia la capacità di contrazione residua del cuore era ormai al limite della sopravvivenza.
A seguito dell’intervento di CCM il paziente ha iniziato a manifestare un progressivo e continuo miglioramento delle condizioni cliniche, fino alla dimissione dopo 15 giorni dall’intervento e diversi mesi precedenti di ricovero.

Oggi la classe funzionale ed i parametri di contrattilità cardiaca sono migliorati nettamente ed il paziente è in grado di camminare e di provvedere autonomamente alle proprie cure personali.
L’ insufficienza cardiaca costituisce un problema di salute pubblica di enorme rilievo. A soffrire di scompenso cardiaco in Italia sono circa 600.000 persone e si stima che la sua frequenza raddoppi ad ogni decade di età.

In Piemonte i ricoveri per scompenso rappresentano il 2,2% del totale dei ricoveri, circa 12.000 all’anno. Dopo i 65 anni arriva al 10% circa e rappresenta la prima causa di ricovero in ospedale. Fortunatamente la ricerca scientifica e le nuove tecnologie forniscono soluzioni un tempo impensabili per prolungare e migliorare la durata della vita.

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