Continuerà a parlare industriale il futuro dell’economia cuneese e piemontese. Lo confermano i dati prodotti dall’Istat nazionale e dagli osservatori regionale e provinciale sul mercato del lavoro e sul rapporto fra occupati e base imprenditoriale dell’industria in senso stretto.
Le industrie che hanno superato gli ultimi cinque anni (Istat) e l’ultimo anno (osservatorio regionale) di crisi, hanno accresciuto il numero medio di posti di lavoro e di occupati, ben prima dell’entrata in vigore degli incentivi finalizzati agli investimenti 4.0. Il problema è stato, semmai, che non tutte le aziende manifatturiere, a partire da quelle che erano in temporanea difficoltà congiunturale, sono state messe in condizione di tornare sulla carreggiata degli investimenti verso la compiuta ripresa di mercato interno e internazionale.
“Le rilevazioni rappresentano una conferma delle analisi condotte all’interno della nostra categoria e dalle quali emergeva che esisteva una base industriale trainante che avrebbe potuto esserlo ancora di più in presenza di alcune condizioni di sistema che si sarebbero potute creare agli stessi costi pubblici sostenuti per finanziare gli incentivi a tempo su assunzioni e 4.0 – commenta il presidente provinciale di Confapi Cuneo, Pierantonio Invernizzi – La questione che avevamo sollevato per tempo, ossia già due anni fa con ragionamenti propositivi, era esclusivamente legata alla necessità di costruire le premesse per ricomprendere l’intera platea industriale nel nuovo corso delle strategie di deducibilità degli investimenti e di riduzione dei costi fiscali del lavoro. La proposta di incentivi crescenti, premianti per aziende che decidevano di partecipare a progetti occupazionali e di investimento di filiera o distretto, accompagnati da una semplificazione degli stessi, avrebbe consentito di abbracciare un maggior numero di realtà industriali e dell’indotto, viceversa scoraggiate dalla ancora eccessiva burocratizzazione e da paletti di ordine finanziario”.
Nel corso degli ultimi dodici mesi, secondo i dati dell’osservatorio, nella sola Granda hanno dovuto alzare bandiera bianca ottomila partite Iva industriali. Troppe. “Con una diversa modulazione dei sostegni di volta in volta introdotti di parte pubblica, e senza costi fiscali aggiuntivi, i numeri sarebbero stati molto meno severi e tali da poter meglio gestire le altre rimanenti emergenze economiche e industriali”.
Due pertanto gli strumenti messi in campo fin dal breve termine: il rafforzamento dell’associazionismo di settore fra PMI, così da spuntare minori costi produttivi, e la promozione dei più vantaggiosi accordi contrattuali stipulati dal sistema Confapi in settori chiave come alimentare e meccanica e già oggiAggiungi un appuntamento per oggi adottati da un certo numero di medio-piccole aziende. “Perché – conclude Invernizzi – il tema caro agli imprenditori non è quello della abbondanza più o meno elevata di incentivi a scadenza, bensì è quello della permanenza di migliori condizioni di sistema, perché un incentivo più o meno generoso per la rottamazione degli impianti aziendali, non può sostituire l’assenza di politiche economiche necessarie, per esempio, a far costare meno la bolletta dell’energia”. Strategie che si confermeranno protagoniste nella prima settimana di novembre, con la presentazione pubblica della neo costituita Unionmeccanica provinciale, che rafforzerà la piattaforma della politica industriale della Confapi.
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