“L’industria digitale richiede che anche l’energia sia 4.0”, l’allarme della PMI sul caro bollette

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La sfida dell’industria 4.0 dall’ambito della formazione si sposta a quello energetico. Le PMI, fermo restando il favorevole commento già noto sulla decisione governativa e parlamentare di ribadire gli sconti fiscali di super e iper ammortamento, intendono concentrare il proprio pressing istituzionale su quegli strumenti, a oggi appena abbozzati o incompiuti, volti a favorire la più ampia accessibilità a una platea di imprese medio​-piccole tuttora beneficiare solo in misura minoritaria dei sostegni in questione.

 

In tale contesto, la notizia dei rincari, in vigore da quest’anno, sulle tariffe energetiche – con un esborso che alcune associazioni di categoria stimano superiore al miliardo totale per le aziende minori nel corso del 2018 – rischia di andare controcorrente rispetto alle necessità di promuovere una diffusione ampia delle opportunità connesse al modello di sviluppo 4.0.

 

Serve la massima coesione interna al mondo delle PMI per far sì che la riedizione degli incentivi a scadenza per super e iper ammortamenti, sull’acquisizione di impianti, tecnologie e programmi dedicati alla transizione digitale sia una reale occasione per tutte quelle imprese che continuano a investire nel proprio territorio. Come è stato più volte sottolineato dalla nostra associazione e dal responsabile provinciale di Unionmeccanica Paolo Cantelmi, le statistiche disegnano una realtà purtroppo diversa relativamente al primo anno di applicazione. Non dico che siamo all’anno zero, ma neppure all’anno 1 – commenta il presidente provinciale Pierantonio Invernizzi – Per questo occorre un tavolo, anche di livello provinciale, sull’industria 4.0 e sulle sue prospettive di piena espansione nella Granda perché, come dichiarato dal nostro presidente nazionale Maurizio Casasco, alcuni obiettivi possono essere pienamente raggiunti solo se viene garantita, in tutte le sedi del confronto amministrativo e finanziario, la partecipazione equa di tutte le rappresentanze del sistema della piccola e media impresa industriale e manifatturiera. Un metro di paragone arriva proprio dall’applicazione dei contratti collettivi di lavoro siglati dalla Confapi a livello italiano con le organizzazioni sindacali e adottati, in settori strategici per la Granda come agroalimentare e metalmeccanico, anche da imprese in numero più ampio di quelle associate“.

 

Il passaggio all’economia digitale, “essenziale al fine di ricreare i distretti industriali colpiti dalla lunga crisi economica e di invertire una volta per tutte le tendenze alla deindustrializzazione, comporta tutta una serie di sfide collaterali e complementari legate alla formazione e agli approvvigionamenti di energia, quanto meno nella complessa fase iniziale, e ogni aumento, prospettato o già deliberato, di costi per le aziende in questi campi va inevitabilmente in contraddizione con lo spirito della legislazione fiscale sul 4.0“, conclude Invernizzi: “Gli interventi sulle maggiori industrie cosiddette “energivore”, per contenere i fenomeni di delocalizzazione delle stesse, anche se rispondono a intenti di per sé meritevoli non devono togliere risorse o essere pagati dalle PMI in maniera occulta o diretta, perché per le aziende medio piccole la prospettiva alternativa non è tanto la migrazione estera quanto la chiusura o il ridimensionamento secco nel territorio di storico insediamento produttivo e occupazionale“.