Se nessuno mai ha messo in discussione il valore pubblico di un bene come l’acqua, non è un caso che sulla modalità di gestione si sia consumata una delle più accese discussioni, destinata a proseguire anche dopo l’approvazione della delibera più recente da parte della Conferenza di ambito provinciale Ato. Quello che finisce sotto la lente è, assieme al merito della scelta, il metodo con cui la si è voluta in un certo senso imporre, vale a dire la ricerca di un certo unanimismo a ogni costo, o quasi, come se si volesse in tal modo legittimare e giustificare il modello di gestione pubblica fin dal principio.
La vicenda, che ha rischiato di determinare uno strappo istituzionale in parte non ancora ricucito, segna ancora una volta la mancanza di una forte regìa politica in capo all’Ente Provincia, dopo l’indebolimento venuto dalla legge Delrio. Perché un settore come quello idrico avrebbe imposto una capacità di programmazione in grado di tenere unito un territorio come quello della Granda. Il che significa non “unanimismo a ogni costo” ma definire forme e modalità di gestione in grado di mettere tutte le aree geografiche sullo stesso piano di partenza: circostanza che non pare stia avvenendo qui, dove la prospettiva è quella di una nuova struttura pubblica che, se per motivi di galateo politico istituzionale non vogliamo chiamare “carrozzone”, qualche interrogativo dovrà pur sollevarlo sui costi necessari a mantenerla, sul numero dei suoi amministratori e sui loro requisiti. E, in definitiva, su chi dovrà pagare per coprire gli stessi: i contribuenti con le tasse applicate anche da quei Comuni che non erano d’accordo o in toto le famiglie e le imprese con la loro bolletta?
Anna Mantini
Lega Nord Fossano