Il 9 maggio 1978 Peppino Impastato venne ucciso a Cinisi, in Sicilia. Quarant’anni dopo, per ricordare una delle figure più importanti nella lotta alle mafie, la sede della Cgil di Cuneo ha ospitato un incontro con il fratello Giovanni, che nell’occasione ha presentato il libro “Oltre i cento passi”, nel quale vengono raccontati i fatti che portarono alla morte di Peppino.
Un incontro molto partecipato, oltre due ore nelle quali Giovanni ha ricordato il fratello con emozione e trasporto, parlando anche di mafia, di come è cambiata e del perché è così importante continuare a combatterla. Introdotto dalla giornalista Barbara Morra e da Giovanni Arusa, in rappresentanza della Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato, Giovanni Impastato ha spiegato cosa lo ha spinto a scrivere questo libro: “Avevo qualcosa da raccontare: la figura di Peppino è alla base della storia, ma il libro va anche oltre, racconta un periodo storico. Il titolo? Può sembrare un qualcosa contro il film (“I cento passi”, uscito nel 2000, ndr), in realtà non è così. Noi siamo riconoscenti al film, che è riuscito a far conoscere la storia di Peppino al grande pubblico, perché il cinema è un mezzo di comunicazione eccezionale. Ma vogliamo difendere la figura di Peppino, anche dal film. Mi spiego meglio: lui è considerato un eroe, un mito, soprattutto dopo quel film, e a noi non sta bene, perché gli eroi sembrano sempre irraggiungibili. Invece dobbiamo considerare Peppino come un punto di riferimento importante, dobbiamo tenere presente il suo messaggio educativo per le nuove generazioni, che hanno bisogno di queste storie”.
Si è poi parlato di mafia, che Giovanni ha definito “una cultura purtroppo radicata in ognuno di noi”: “Quando io lotto contro la mafia è come se lottassi contro me stesso, contro una forma mentis, un modo di comportarsi che in certe occasioni abbiamo tutti. Dobbiamo ammetterlo, e dobbiamo riuscire a liberarcene. Perché la mafia non è solo un problema di ordine pubblico, ma soprattutto un problema culturale e sociale, per questo è importante parlare di legalità con le nuove generazioni, far loro acquisire una cultura democratica, costituzionale, antifascista. Com’è la mafia oggi? E’ cambiata moltissimo, in maniera preoccupante, perché prima aveva intrecci con la borghesia, oggi l’identikit del mafioso è riconoscibile direttamente in gente che fa parte della borghesia: imprenditori, commercianti, avvocati, banchieri”.
Sul rapporto tra mafia e Stato, Giovanni Impastato ha pronunciato parole forti: “La mafia è dentro lo Stato: nella realizzazione delle opere pubbliche, negli appalti, nella gestione del denaro pubblico. Certo, chi dall’interno dello Stato ha cercato di bloccare questo processo criminale è stato ucciso, come è successo a Falcone e Borsellino, ma la mafia non viene sconfitta perché manca la volontà di risolvere il problema. La mafia non è invincibile, si può sconfiggere velocemente se c’è questa volontà”.
Stimolato dalle domande del pubblico, Giovanni ha anche raccontato alcuni aneddoti per far capire che persona fosse suo fratello: “Era sensibile, colto e preparato, ma riusciva a non fare mai pesare questa sua grande conoscenza. E poi era molto ironico: una volta, quando accusavano lui e i suoi compagni di presentarsi in maniera trasandata, fece vestire tutti con la cravatta e fece tagliare loro i capelli, poi andarono in piazza con un tavolo, si sedettero e si fecero servire da eleganti camerieri. Era la sua risposta, molto ironica, a quella critica”.
Infine, un messaggio per i più giovani: “Bisogna sempre andare avanti e crederci. Le persone rassegnate mi fanno paura, sono quelle che non hanno bisogno della verità, ed è così che si spalanca la porta alla mafia, al razzismo e al fascismo. Questo mondo lo possiamo e lo dobbiamo cambiare”.
Gabriele Destefanis