“Barbera d’Asti 2.0”: un anno di ricerca

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Il Consorzio della Barbera d’Asti guidato da Filippo Mobrici capofila dello studio su aree di produzione e caratteristiche chimico-fisiche e sensoriali dell’uva e del vino

Si chiama “Barbera d’Asti 2.0”
ed è un inedito studio scientifico, iniziato
un anno fa, per approfondire le conoscenze sul mondo Barbera d’A­sti, tra i vini più rappresentativi del Piemonte. Si tratta di una nuova e ambiziosa attività di ricerca, avviata dal Consorzio Barbera d’Asti e vini del Mon­ferrato insieme all’Univer­sità di Torino-Disafa (Di­par­ti­mento di scienze agrarie, forestali e alimentari) e sostenuta dalla Re­gione Piemonte; è stata presentata, al castello di Costigliole d’Asti, dal presidente del Consorzio, Filippo Mo­brici, dal professor Vincenzo Gerbi del Disafa dell’Università di Torino, dal ricercatore dello stesso Dipartimento, Simone Giacosa, dall’assessore regionale all’agricoltura, Giorgio Fer­rero e dal tecnico viticolo Sal­vatore Giacoppo.

L’obiettivo del progetto è la realizzazione di una “mappa sensoriale” della Barbera d’Asti Docg: uno studio che si propone di definire il vasto territorio della denominazione
(che si estende per 5.300 ettari sulle superfici collinari di 167 Comuni delle province di Asti e Alessandria) collegando in mo­do puntuale le caratteristiche dei vini Barbera d’Asti alle differenze geologiche e microclimatiche che ne definiscono l’a­rea di produzione.

Lo studio per la creazione di questa “mappa” è partito nel 2017 e si propone di definire
i profili sensoriali e le conoscenze chimico-fisiche, per chiarire e valorizzare i profili identitari di ciascun area di produzione, sia in termini di caratteristiche pedoclimatiche, sia della loro impronta sul profilo organolettico. Tecnici esperti e accademici sono partiti dalle zone di produzione con attività di sperimentazione e monitoraggio su vigneti che per altitudine, età delle viti, esposizione e composizione del suolo sono risultati i più rappresentativi della zona di appartenenza.

La ricerca tecnico-scientifica che ne è derivata è stata articolata in due fasi: la prima incentrata sull’osservazione e sull’analisi in vigna di fattori quali l’andamento climatico (inteso in tutte le sue variabili, come escursione termica e precipitazioni), la struttura del terreno e l’analisi delle uve (tramite la curva di maturazione, nella quale sono analizzati la componente fenolica, il ph, gli zuccheri, l’acidità).

In relazione a questa prima fase sono poi state fatte microvendemmie e prove di microvinificazione, per cui le campionature di uve Barbera d’Asti, prelevate dai vigneti oggetto di analisi, sono state vinificate separatamente, secondo lo stesso processo, volto a preservarne l’e­spressione del varietale e dell’area di provenienza. Questo è un importante elemento per definire la correlazione tra vigneti e caratteristiche sensoriali, chimiche e fisiche espresse dai vini. La seconda fase della ricerca è stata dedicata a “test” dei vini attualmente in commercio (82 vini Barbera d’Asti Docg, vendemmia 2016, e 29 della tipologia “Superiore”, vendemmia 2015) prelevati da 97 aziende.

Il Consorzio, con i suoi associati, ha raccolto 111 campioni di Barbera d’Asti: una campionatura significativa e rappresentativa delle tipologie attualmente disponibili, sottoposta a una commissione di degustazione composta da tecnici di cantina e ricercatori dell’Università. La conferenza stampa di presentazione del progetto, tenutasi presso il castello di Costi­gliole d’Asti, ha visto la partecipazione di numerosi relatori oltre che di tanti produttori di Barbera d’Asti. Dopo il benvenuto dell’assessore comunale all’agricoltura di Costigliole, Filippo Romagnolo, e del vicesindaco di Asti, Marcello Cop­po, che hanno sottolineato qua­le ricchezza il vino Barbera rappresenti per il territorio e per il paesaggio e l’orgoglio di presentare la ricerca, la parola è passata a chi ha preso parte di­rettamente al progetto.

«I grandi vini del mondo, le più rinomate denominazioni», ha spiegato all’inizio della conferenza il presidente del Con­sorzio Barbera d’Asti e vini del Monferrato, Filippo Mobrici, «sono caratterizzate da aree vocate, i cosiddetti “cru”. An­che la Barbera d’Asti ha intrapreso questa strada e con l’avvio di questa nuova ricerca scientifica, mai realizzata prima d’ora, puntiamo ad arrivare alla caratterizzazione delle aree produttive. Con questo studio intendiamo far emergere le diverse tipicità produttive di un’area molto vasta,
con caratteristiche uniche e distintive, punto di forza della Barbera d’Asti. Se si pensa al Barolo, ad esempio, sono proprio le diversità di zona la vera ricchezza».

Fabrizio Mobrici
Giorgio Ferrero
Simone Giacosa

 

 

«Ci aspettano anni di lavoro e impegno», ha proseguito Mo­brici, «per portare a termine que­sto ambizioso progetto che ci impegnerà per i prossimi anni e che porterà a qualificare ancora di più la regina dei rossi del Piemonte. Oggi abbiamo presentato i primi dodici mesi di attività scientifica e di studio avviata dal Consorzio, grazie al Dipartimento di scienze agrarie, forestali e alimentari dell’Università di Torino e con il contributo fondamentale della Regione. Ringraziamo dunque l’Università di Torino, il supporto dei tecnici del Consorzio che hanno se­guito dal punto di vista agronomico i prelievi sui vigneti e i nostri produttori che ci hanno dato fiducia per andare avanti con questo progetto. Ritengo che questo strumento ci consenta di tutelare la Barbera d’Asti dal momento che le stesse aziende potranno aggiungere i dati nei rispettivi “depliant” di presentazione. Ci auguriamo che il progetto di ricerca sia im­portante per raggiungere lo sco­po che abbiamo pensato».

«A distanza di 10 anni dal progetto regionale “Increase Bar­bera” che contribuì
alla riqualificazione della Barbera d’Asti Docg lavorando sulle realtà delle cantine sociali
ed evidenziando i punti di forza e debolezza della vinificazione e della qualità dell’uva
e dei vini», ha riferito il professor Vincenzo Gerbi dell’Università di Torino, responsabile scientifico del progetto “Barbera d’Asti 2.0”, «con questa nuova ricerca fi­nanziata dalla Regione si vo­gliono raggiungere nuovi obiettivi concreti e acquisire conoscenze scientifiche utili per tut­to il comparto produttivo della Barbera d’Asti. Il lavoro ha due pilastri fondamentali. Con il primo, operando su una campionatura di oltre cento vini commerciali, si vuole de­ter­minare come le diverse ca­ratteristiche chimico-fisiche del vino, quali i caratteri cromatici e la composizione polifenolica, influenzino la qualità organolettica del vino».

«Con la seconda attività», conclude Gerbi, «si vogliono studiare le relazioni tra le caratteristiche delle uve alla raccolta, provenienti da zone diverse, ed i caratteri dei relativi vini prodotti. A tal fine si sono analizzate in modo approfondito uve provenienti da areali
di produzione diversi della Barbera d’Asti, sottoponendole a una vinificazione controllata presso la nostra cantina sperimentale (“Centro Bonafous”). Valutan­do i caratteri dei vini sperimentali e le caratteristiche dei vini in commercio, sarà possibile modellizzare
le relazioni uve-vino e proporre ai produttori un modello predittivo che, in base alle caratteristiche delle uve, possa decidere il target commerciale a cui destinare il futuro vino. Dal punto di vista pratico, si è proceduto analizzando, attraverso 5 sezioni di degustazione, 111 vini Bar­bera presenti in commercio e rappresentativi di 97 aziende».

Simone Giacosa, ricercatore del Dipartimento di scienze agrarie, forestali e alimentari dell’Università di Torino, che ha condotto la ricerca, ha presentato il risultato complessivo dell’intera sessione di assaggio: «I giudizi sono stati espressi in percentuale», ha spiegato. «Il punteggio 100 è stato assegnato al miglior vino, mentre gli altri sono stati riparametrizzati di conseguenza. è stata considerata la produzione degli anni 2015-2016
e si è notato un comportamento “a funzione gaussiana”: il giudizio medio si è collocato intorno a 80 con un’importante distribuzione sui percentili più alti, tra 80 e 90% e tra 90
e 100%. Si è notata poi una distribuzione diversa della frequenza di questi giudizi
tra la vendemmia del 2015 e la vendemmia del 2016».

Il tecnico viticolo Salvatore Giacoppo ha curato la scelta dei vigneti occupandosi dell’aspetto bioagronomico e considerando le differenze tra le varie zone e ha spiegato
i criteri della scelta di campioni e vigneti (ne parliamo a parte, ndr) per la quale è stato determinante l’apporto di Claudia Costa e di Da­niele Dellavalle, così come
quello del Consorzio: «La zona della Barbera d’Asti è ampia oltre 5 mila ettari, dunque al suo interno ci siamo trovati a identificare e a scegliere vigneti che avessero caratteristiche
par­ticolari e divergenze sia nel­la vinificazione, sia nella provenienza delle uve. Ab­bia­mo selezionato tredici vigneti prestando attenzione ad alcune caratteristiche: che fossero completamente produttivi, che vi fossero presenti tutte le piante o comunque una popolazione si­gnificativa e che la coltivazione agronomica fosse impeccabile».

«L’impegno anche economico della Regione Piemonte nella ricerca sulla Barbera d’Asti Docg”, ha dichiarato infine l’assessore Giorgio Ferrero, «è un al­tro segno concreto
della vo­lontà di valorizzare al massimo questo vitigno che tante soddisfazioni sta portando anche ai produttori. è una ricerca impegnativa per l’ampiezza dell’area interessata, 167 comuni dell’alessandrino e dell’astigiano, e per la necessaria accuratezza con cui deve essere condotta. Del resto anche la Barbera, co­me ogni grande vino, ha la sua carta di vocazionalità. Le no­stre colline hanno caratteristiche diverse e insieme uniche, sulla base della composizione dei terreni e delle condizioni climatiche e ambientali. Lo stesso vale per gli uomini e le donne che coltivano la Bar­bera, con le loro storie, tradizioni e vocazioni individuali. Sono convinto che caratterizzare tutto questo aiuterà a sviluppare le azioni più adatte per presentare nel modo migliore le grandi qualità della Barbera, che tanto ha ancora da offrire sui mercati internazionali».