Il dottor Vincenzo Adamo, curatore del convegno albese sulla cura dei tumori del colon retto e dell’ano, ribadisce l’importanza della collaborazione fra l’ospedale e il territorio
I percorsi diagnostico-terapeutici del colon retto e dell’ano e l’importanza del dialogo tra ospedale e territorio sono stati argomenti di un convegno tenutosi ad Alba nella sala convegni del centro ricerche “Ferrero”.
La ricca giornata di confronto scientifico, articolata in cinque sessioni, ha affrontato le tematiche del rapporto dei medici ospedalieri con i colleghi di medicina generale e l’attività dei Centri accoglienza e servizi (Cas) e dei Gruppi interdisciplinari di cure (Gic).
L’organizzazione del convegno è stata a cura della Struttura di chirurgia di Alba che da tempo partecipa e coordina, in alcuni casi, i Gic, con riferimento alle patologie oncologiche trattate e con approccio multidisciplinare e multiprofessionale.
«La Struttura di chirurgia grazie a questo costante impegno», ha affermato in occasione del convegno il direttore generale dell’Asl Cn2 di Alba-Bra, Massimo Veglio, «si avvale delle migliori tecnologie e di ottime competenze professionali per affrontare gli interventi e, in seguito, definire le terapie con la massima precisione individuale. Tutto questo per meglio affrontare la prossima unificazione dei reparti nell’unica struttura di Verduno».
Responsabile scientifico dell’evento e promotore del convegno è stato il dottor Vincenzo Adamo, chirurgo responsabile del Gic dei tumori del colon retto e dell’ano per l’Asl Cn2.
Lo abbiamo intervistato per saperne di più rispetto a progetti e idee emersi da questa occasione di incontro.
Dottor Adamo, la parola chiave del convegno svoltosi ad Alba in aprile è il rapporto tra ospedale e territorio: avete deciso, dunque, di dedicarvi a un impegno particolare, affinché i pazienti possano essere presi in carico e seguiti fin dall’insorgenza della patologia e lungo tutto il percorso di cura…
«Esatto, il nostro gruppo di lavoro è punto di riferimento regionale per quanto riguarda la chirurgia dei tumori del colon retto e dell’ano. Io sono responsabile del Gruppo interdisciplinare cure, un’“équipe” di specialisti che all’interno dell’Asl si occupa di questo tipo di patologie. Da oltre dieci anni abbiamo definito e scritto un percorso diagnostico terapeutico assistenziale che ha lo scopo di far sì che paziente oncologico non sia gestito in modo “disordinato”, ma segua un “iter” ben preciso e abbia accesso, attraverso il Cas (Centro accoglienza servizi), in ospedale dove medici e infermieri si occuperanno di lui prenotando gli esami necessari. Un grande vantaggio per il paziente è la riduzione dei tempi del percorso, della Tac, della colonscopia, di tutta una serie di esami che vanno fatti prima di operazioni importanti. All’interno di questo “iter”, come è ovvio che sia, operano diversi specialisti tra cui anche l’oncologo e il gastroenterologo. La proposta del convegno è stata quella di integrare il rapporto tra medico ospedaliero e medico di territorio perché credo sia importantissimo che il medico d’ospedale e il medico di famiglia entrino in relazione e che il medico di famiglia conosca molto bene come si procede all’interno del nostro nosocomio. Anche se poche persone lo sanno, nelle sale operatorie dell’ospedale “San Lazzaro” di Alba esiste la migliore tecnologia possibile dal punto di vista diagnostico e chirurgico. Questo è un messaggio importante che deve essere trasmesso al medico di famiglia, il quale deve considerare l’ospedale come un punto di riferimento importante, con il quale poter dialogare. Troppo spesso il medico di base si è sentito escluso e isolato e si è creato un rapporto distante tra le due figure sanitarie. Andrebbero avvicinate, queste due figure, perché il paziente stesso ne trarrebbe vantaggio. è fondamentale che ospedale e territorio facciano squadra».
Quali attività svolge il Gruppo interdisciplinare di cure di cui si è tanto parlato?
«Il Gruppo interdisciplinare di cure che presiedo si riunisce ogni mercoledì pomeriggio per parlare di tutti i casi clinici: si tratta di pazienti che dovranno essere operati o che dovranno sottoporsi a chemioterapia o radioterapia. La grande novità che lo caratterizza è che, da diverse settimane, sono stati invitati a partecipare agli incontri anche i medici di base, i quali perciò prendono parte anche alle decisioni prese rispetto alle patologie. Abbiamo riscontrato grande entusiasmo da parte loro. Mi piacerebbe che questa proposta di integrazione tra le due figure fosse estesa a tutte le tipologie di tumore: in questo modo si farebbe un passo avanti per migliorare il futuro dell’assistenza oncologica».
Al centro ricerche “Pietro Ferrero”, durante il convegno a proposito dei tumori del colon retto e dell’ano, si è tenuta anche la simulazione di un incontro del Gruppo interdisciplinare cure…
«La stesura del programma della giornata è stata pensata nel corso di incontri precedenti che hanno coinvolto medici ospedalieri e medici di base. Nella prima parte è stato presentato il Pdta, il percorso diagnostico terapeutico assistenziale dei tumori del colon retto seguito dalla nostra Asl, poi si è parlato anche del protocollo Eras per i tumori del colon retto che include i concetti più moderni di chirurgia per la gestione del paziente consentendo di prepararlo molto più rapidamente all’operazione riducendo complicanze operatorie. Si è passati quindi al cuore della giornata simulando, nell’arco di tre sessioni, una riunione Gic al fine di dimostrare come vengano discussi i casi clinici da un gruppo di specialisti. Sono stati presentati diversi casi, coinvolgendo direttamente, nei ragionamenti, i medici di base. Sono stati mostrati video e immagini di interventi diagnostici eseguiti con chirurgia laparoscopica considerando che in sala operatoria, presso la nostra Asl, viene utilizzata la migliore tecnologia 4K e la robotica, consentendo ottimi risultati».
In conclusione del convegno è stato trattato anche il tema, davvero molto delicato, del malato terminale…
«Sì, ho voluto inserire anche quella sessione perché credo sia molto importante. Non tutte le patologie oncologiche sono curabili e oggi il paziente nel 40 per cento dei casi va verso una prognosi infausta. L’assistenza al malato terminale è fondamentale e a svolgerla è una rete che presenta ancora alcuni punti critici. è importante fare in modo che questa persona possa continuare a vivere e completare la sua esistenza con grande dignità ed è possibile farlo attraverso il trattamento del dolore e l’attivazione dell’“hospice” nei casi in cui sia richiesto, al fine di focalizzare l’attenzione sul paziente e sulla sua famiglia. Credo, inoltre, che sia molto importante porre in evidenza le risorse presenti sul territorio, quali ad esempio il volontariato, e per questo motivo abbiamo invitato a prendere parte al convegno le associazioni “Ho cura” e Lilt».
“Ho cura” è il sodalizio albese guidato dalla dottoressa Maria Vittoria Oddero, dedicato in particolare alle cure palliative delle malattie oncologiche, mentre la Lilt è la Lega italiana per la lotta ai tumori.