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Responsabilità sociale nel cuore di “Ferrero”

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Presentato il nono Rapporto con un dibattito incentrato su plastica e imballaggi “green”

Il gruppo “Ferrero” ha presentato il nono Rapporto di re­sponsabilità sociale d’impresa, confermando l’impegno a tu­tela del pianeta e delle condizioni di vita delle persone con cui lavora, attraverso la propria strategia, “Condividere valori per creare va­lore”, che fonda le radici nel concetto di “glocalcare” che ha consentito al colosso albese di diventare l’azienda alimentare con la più alta reputazione al mondo.

Agire secondo questi princìpi è per “Ferrero” un impegno concreto e costante che guida tutte le attività quotidiane. “Glocalcare” è in e­strema sintesi della visione “Ferre­ro”: guardare al mondo, senza mai tralasciare le radici, un connubio perfetto tra tradizione e modernità.

“Ferrero” è “global”, opera nel mon­do con lo stesso grado di im­pegno, dedizione e se­rietà, ha un approccio “local” che guida nel­­­la condivisione dei valori e del va­lore con il territorio e presta gran­­de at­tenzione e cura (“care”) alle persone e all’ambiente in cui opera.
Il nono rapporto “Ferrero” presenta importanti sviluppi in tutti gli àmbiti di intervento del gruppo.

Tra i risultati più significativi emerge il numero crescente di donne in ruoli dirigenziali. Inoltre il programma “Kinder+Sport” è stato e­steso a 30 Paesi e vede impegnati 4 mi­lioni di bambini, mentre per l’ap­provvigionamento delle materie pri­me “Ferrero” ha raggiunto globalmente il 100% di fornitura di uova da galline allevate a terra.

«La passione per creare prodotti di altissima qualità definisce le no­stre attività quotidiane, a partire dall’approvvigionamento delle mi­gliori materie prime. Le “migliori” non solo ai fini dell’eccellenza del prodotto, ma anche rispetto a ri­go­rosi criteri di sostenibilità che applichiamo nell’intera catena del va­lore con molteplici “stakeholder”», conferma Giovanni Ferrero, presidente esecutivo del gruppo.

Oltre a confermare tutti gli impegni della strategia di responsabilità sociale d’impresa per il 2020, “Ferrero” collega tutti i settori di attività del gruppo agli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (Sdg), a supporto del loro rag­giungimento entro il 2030.
Tutte le attività “Ferrero” sono sta­te definite in base alle aspettative e alle priorità dei propri “stakeholder”, e tutte contribuiscono a fare della catena globale del valore un percorso di responsabilità.

“Ferrero” ha sottoposto il Rappor­to di responsabilità sociale al va­glio della “Global reporting initiative” (Gri) per avvalersi dello strumento di verifica e organizzazione dei contenuti “Gri Content index service”. Le informazioni con­te­nute nel Rapporto sono state inoltre oggetto di verifica da parte di revisori esterni indipendenti.

Il tema di approfondimento, og­getto di una tavola ro­tonda indetta a Milano nella sede de “Il Sole-24 ore”, è quello della plastica e, più in generale, delle sfide legate agli imballaggi che ricoprono un ruolo fondamentale per la tutela della sicurezza alimentare, vanto dell’industria italiana e, non da ultimo, per garantire la qualità dei prodotti al consumo, dall’uscita del­lo stabilimento sino all’arrivo nelle credenze dei consumatori di tutto il mondo.
Al dibattito hanno preso parte produttori, utilizzatori e riciclatori, ruo­lo incarnato dal Conai (Con­sorzio nazionale imballaggi) e dal suo presidente, Giorgio Quagliuolo, da Paolo Gle­rean, del “board” dell’associazione dei riciclatori di plastica europei “Plastics recyclers Euro­pe” e a capo della “RecyClass plat­form”, e da Paola Avogadro, “Ferrero global packaging design”.

Il presidente Quagliuolo ha messo in risalto uno dei ruoli chiave di Co­nai: favorire e promuovere la co­municazione al cittadino, attore della filiera senza il cui impegno la realizzazione di qualsiasi progetto ambientale è quasi impossibile.

«Far partire il ri-circolo virtuoso de­gli imballaggi è innanzitutto re­sponsabilità del cittadino, che può farlo con un semplice gesto: la rac­­colta differenziata», ha affermato Giorgio Quagliuolo. «Un gesto che, però, è solo l’inizio, e che da solo non basta. Serve un sistema capace di includere gli enti locali che attivano la raccolta differenziata in una rete di corretta gestione verso riciclo e recupero. Conai ­rappresenta questo sistema. Un re­cente studio dell’U­nione Europea indica quello italiano come il sistema offi più vicino agli obiettivi di riciclo previsti per gli imballaggi al 2030. Per noi è un risultato straordinario. Del resto le percentuali di riciclo degli imballaggi in Italia sfiorano il 70% e, in questo, il nostro Paese è secondo solo alla Ger­mania. Ma gli obiettivi sono ancora più ambiziosi. La raccolta differenziata deve crescere in termini quali-quantitativi, servono più in­vestimenti e impianti di trattamento e preparazione per il riciclo, e, soprattutto, dobbiamo continuare a promuovere l’innovazione a monte: è infatti nella fase di progettazione di un “pack” che si definisce circa l’80% degli impatti che un imballaggio genererà nel corso del suo ciclo di vita».

Paolo Glerean, dei riciclatori europei, si è soffermato su due aspetti chiave: la gestione del fine vita degli imballaggi come base di partenza fondamentale di qualsiasi progetto di ridisegno del “packaging” e, a seguire, il ruolo fondamentale dell’Europa nell’aver portato all’attenzione del mondo il tema delle plastiche, di cui però è necessario considerare quali sono le dinamiche, le evidenze sociodemografiche e le aree a più alto impatto per esempio sul versante delle plastiche in mare.

«Come riciclatori di plastica europei», ha dichiarato Glerean, «crediamo che i prodotti in plastica, a partire dagli imballaggi, debbano essere progettati anche tenendo conto della riciclabilità a fine vita. è un passaggio fondamentale che va accompagnato da sistemi di raccolta e di selezione efficace ed ef­ficiente che consenta di ottenere flussi di materiale di elevata purezza, precondizione per realizzare ma­terie plastiche riciclate di qualità comparabile a quella delle plastiche vergini. Solo così la plastica diventerà davvero circolare. Ab­bia­mo lanciato la “RecyClass plat­form”, a cui “Ferrero” ha aderito con entusiasmo, per uniformare le linee-guida sulla progettazione di imballaggi in plastica e per basare queste linee-guida su criteri tecnico-scientifici».

Il relatore ha concluso: «La piattaforma che accomuna riciclatori, trasformatori e “brand” diventa il luogo dove queste informazioni si creano, verificano e scambiano, co­sì da accelerare la transizione verso la maggiore circolarità delle plastiche. Altrove nel pianeta questo processo virtuoso deve ancora partire, iniziando dalla raccolta della plastica che, dove non presente, crea buona parte del “marine littering”. L’Europa sta guidando questo cambiamento e può fare da esempio e riferimento».

Paola Avogadro, voce di “Ferrero”, ha raccontato le sfide e l’approccio usato dall’azienda nel ridisegnare o nel concepire “ex no­vo” gli im­ballaggi, concentrandosi sia sull’a­spetto strategico, che sui risultati ottenuti. «Da anni usiamo diversi materiali selezionati per le ca­rat­teristiche specifiche in fun­zione del singolo prodotto. Su circa 430.000 tonnellate di “packaging”, il 40% è vetro riciclabile, il 40% è carta e car­tone da filiera certificata, an­ch’esso com­pletamente riciclabile, e il re­stante 20% è plastica», ha dichiarato.

«L’attenzione alla plastica è e­levata ma, come da tradizione, ci muoviamo nella “Fer­rero way”. Niente fughe in avanti, niente “greenwashing” o “statement” senza fon­damento. Niente scelte “di co­modo”. Stiamo rivedendo e ri­progettando alcuni imballi per garantire una migliore circolarità, ma lo vogliamo fare bene, partendo da dati scientifici, analizzando le varie opzioni e sperimentando la reale riciclabilità con studi pilota condotti in im­pianti di riciclo. Il percorso deve dare vita a progetti so­stenibili nel lun­go periodo in ve­ro stile “Fer­rero”. La base del processo è una strategia basata sulle “5R” (si veda il box in alto, ndr) che ci ha permesso negli ultimi 5 anni di risparmiare oltre 6.500 tonnellate di plastica rigida nelle confezioni di “Estathè” e delle praline e per i tappi di “Nu­tel­la”. Abbiamo anche introdotto il 90% di materiale riciclato negli im­balli non a diretto con­tatto con il prodotto, come i vas­soi dei mezzi e­spositivi, risparmiando altre 10 mi­la tonnellate di materiale vergine in 5 anni. Spesso l’intervento mi­gliorativo richiede un approccio alternativo e abbiamo sperimentato la sostituzione del piedistallo in plastica di un uo­vo di Pasqua con uno in cioccolato applicando alla lettera il concetto di rimozione. Anche il te­ma del riutilizzo, da affrontare con particolare attenzione per le confezioni di alimenti, fa parte del nostro Dna. Il bicchiere “Nutella” è la dimostrazione che un riutilizzo alternativo è possibile e rappresenta un passo importante verso una maggiore cir­­­colarità degli im­balli. Abbiamo tutti in casa una collezione di bicchieri “Nutella”!».