Si è conclusa, alla presenza del Generale di Corpo D’Armata Salvatore Farina, Capo di Stato Maggiore dell’ Esercito, la “Lavaredo 2019” l’esercitazione alpinistica internazionale che ha portato sulle montagne venete 700 soldati di 6 nazioni ed un comando NATO coordinati dalle Truppe Alpine dell’Esercito.
E la montagna, non solo per il suo splendore, è stata la protagonista del momento addestrativo, in cui la verticalità delle pareti dolomitiche sono state affrontate dal personale, del 2° reggimento alpini nell’atto tattico che ha visto l’impiego di numerosi assetti specialistici provenienti tra l’altro, dalle forze speciali e l’aviazione dell’Esercito. Mettendo in pratica la dottrina del mountain warfare, con immissioni in fast roop ed esfiltrazioni con velivoli, gli alpini hanno portato in Cadore anche un pezzo di storia della specialità che oggi, con spirito nuovo, sta trovando collocazione tattica. Gli artiglieri del 1° reggimento, infatti, sono stati protagonisti con l’obice 105/14, un pezzo d’artiglieria in uso dagli anni 60 fino agli inizi del 2000, di attività di elitrasporto e di simulazione d’impiego in particolari situazioni tattiche.
Sulle Tre Cime di Lavaredo, montagna tra le più famose delle Dolomiti, patrimonio mondiale UNESCO, oltre 200 alpini hanno arrampicato lungo 14 vie dalle più accessibili fino alle più dure con un VIII grado di difficoltà. Protagonista il personale delle brigate Julia e Taurinense, gli istruttori del Centro Addestramento Alpino e gli atleti del Centro Sportivo dell’Esercito. Assieme a loro, sulle cenge dolomitiche hanno operato colleghi cileni, omaniti, spagnoli, sloveni e francesi, soldati di eserciti alleati e di Paesi amici che da anni si addestrano al movimento in ambiente montano sulle Alpi, insieme alle truppe da montagna italiane, le più antiche, articolate e numerose del mondo occidentale.
L’evento di addestramento condiviso con l’amministrazione locale e dal sindaco di Auronzo, ha avuto luogo in un ambito paesaggistico conosciuto ed apprezzato, in cui le Truppe Alpine hanno operato con massima attenzione azzerando l’impatto antropico al contesto naturalistico. Sono state poste in essere, infatti, una serie di regole, accortezze, indicazioni e modi di operare redatte da un ingegnere ambientale della riserva selezionata appositamente impiegato per il suo specifico expertise. Una serie di attenzioni quasi naturali per chi, come “l’alpino”, è abituato per tradizione o per formazione, ad operare in montagna.
“La montagna è nel DNA degli alpini, oggi come ieri le sue esigenze e le sue regole dettano l’addestramento, così selettivo da fare dei soldati di montagna dei “militari al quadrato” –ha sottolineato il Generale Berto, comandante delle Truppe Alpine, proseguendo – l’addestramento che la montagna permette è irrinunciabile per l’alpino”.
cs