Pietro Coppola e il suo “staff” hanno utilizzato una tecnologia innovativa per la calcolosi renale
Il direttore della Struttura, Pietro Coppola, e il collaboratore, Paolo Mondino, hanno applicato una tecnica innovativa d’avanguardia su tre delicati interventi relativi al trattamento mini-invasivo.
Usando un miniaccesso attraverso la cute di pochi millimetri eco ed rx guidato sul paziente, con l’ausilio di laser a olmio è stato possibile frammentare e asportare calcoli renali di dimensioni fino a un diametro di 3 centimetri in un solo tempo chirurgico.
In sala operatoria, affiancati ai chirurghi, hanno collaborato gli anestesisti Matteo Bossolasco e Pasquale Portolese, le strumentiste Daniela Bruno e Claudia Bocchetti, oltre a tutti gli altri operatori del blocco operatorio e del reparto.
Con “IDEA” il professor Coppola approfondisce il tema, permettendo di capire meglio cosa significhi operare seguendo questa tecnica all’avanguardia.
Perché quello di Savigliano è tra i pochi nosocomi ad aver sperimentato tale tipo di intervento?
«Lavoro a Savigliano da tre anni e provengo dall’esperienza in ospedali di grandi dimensioni: Roma, Napoli e Torino, dove ho sperimentato questo tipo di terapia ma con strumenti molto più grossolani. Per questo conosco le aziende produttrici e loro conoscono me, quindi, quando dispongono di soluzioni innovative, come in questo caso, mi dicono: “Caro dottore, visto che lei ha esperienza pluriennale di calcolosi renale, vuole provare questo dispositivo che è ancora più mini-invasivo?”. Cosa che ho potuto fare grazie anche alle Direzioni generale e sanitaria che ha consentito la realizzazione della procedura. Come reparto di urologia del “Santissima Annunziata” abbiamo la professionalità per fare questo tipo di intervento, grazie al quale vengono estratti tutti i frammenti ottenuti con laser a olmio tramite un sistema di aspirazione continuo».
In casi di nuove procedure d’intervento non è che ci si possa fare delle prove. “Buona la prima”, come si dice?
«Devi già essere avvezzo a effettuare quel tipo di chirurgia, che è di endourologia. Occorre avere un bagaglio tecnico-culturale che ti consenta di muoverti con sicurezza. Paradossalmente, però, prima adoperavamo tubi molto più grossi e occorreva prestare ancora più attenzione a non fare danni. Adesso non dico che i rischi non ci siano, ma si riducono in modo notevole. lI rischio è legato soprattutto alle grandi emorragie, perché bucando il rene, che è una spugna ricca di sangue, si è esposti a sanguinamento. Ma con ministrumenti, utilizzati in mani esperte, si ottiene il massimo del risultato».
Con quale spirito si appresta a effettuare questa tipologia di interventi?
«Mi avvicino a questi casi con l’intento di fare scuola. Accanto a me ci sono giovani che hanno poco più della metà dei miei anni. Il mio collaboratore (Paolo Mondino, ndr), che sta praticando, ma ha già un’esperienza tale che potrebbe a sua volta fare scuola, è un urologo tra quelli emergenti. Alla sua età io non avevo questo tipo di abilità su questo tipo di intervento, anche perché lavoravo con strumenti molto meno raffinati e, poi, il mio maestro mi faceva sì assistere a questi interventi, però senza farmi operare direttamente. Io lo faccio, partendo dall’idea di far intervenire i giovani. Per questo mi avvicino a tutto ciò che è tecnologicamente nuovo, al fine di formarli a tutto tondo. L’ambizione è che le 200.000 persone circa che vivono sul territorio di nostra competenza abbiano la consapevolezza che, se hanno un problema con un calcolo, la nostra struttura ospedaliera è in grado di offrire qualsiasi intervento in modo adeguato. È auspicabile che uno strumentario avanzato, nelle mani di operatori esperti e di personale dedicato, garantisca un sempre migliore servizio sanitario ai nostri concittadini».