E’ di ieri l’altro la notizia che Matteo Renzi lascerà il PD. Lo ha annunciato egli stesso con una intervista al quotidiano La Repubblica.
Non è stato un fulmine a ciel sereno, ma un passo di cui da tempo si vociferava. Del resto il Senatore fiorentino, dopo l’elezione a segretario di Nicola Zingaretti, aveva a più riprese manifestato un atteggiamento defilato e talvolta critico nel partito. Era tornato al centro del dibattito politico poche settimane fa assumendo una posizione contraria al voto anticipato e riconciliante con il Movimento cinque stelle, in passato suo acerrimo avversario.
Lo reputo un errore politico.
Non solo perché le separazioni non hanno mai prodotto in passato particolari vantaggi (soprattutto per chi se ne va) ma perché nel contesto attuale, proprio la scelta giusta di non andare al voto da lui promossa, meritava un seguito di maggiore impegno nel PD e non il suo allontanamento volontario.
Non è, peraltro, un modo inedito di comportarsi. Nel recente passato lo abbiamo visto a sinistra (vedi da ultimo Calenda) e a destra (Toti). Il personalismo (non quello comunitario alla Emmanuel Mounier purtroppo) ma quello cinico che nasce dalla ricerca di protagonismo e di leaderismo che caratterizza la politica del nostro tempo, produce questi effetti. Si manifesta l’incapacità di stare in un partito, di condividere le scelte (vedi il “colpo di sole estivo” di Salvini fatto probabilmente ad insaputa dei suoi), di costruire percorsi, di accettare di non essere sempre al centro dell’attenzione o di non avere sempre ragione. La politica viene concepita non come servizio da fare insieme e per questo faticoso, ma come carriera da perseguire ad ogni costo.
Non lo reputo un dramma, nè per il PD nè per il Paese.
Del resto il Senatore Renzi era vieppiù sembrato una sorta di pesce fuor d’acqua, di politico anche di qualità, spese però in un partito che per storia e valori non era il suo. Questo è stato forse il principale motivo dell’allontanamento in questi anni dal PD di tanta gente, elettori di centro sinistra, che non vedevano più in lui e nel suo PD il loro riferimento politico. Può essere questa un’occasione decisiva per fare chiarezza, uscire dalle ambiguità e consentire al Partito Democratico di essere nuovamente riconoscibile e riconociuto da tanti suoi elettori e simpatizzanti delusi e da tanti giovani alla ricerca di una politica credibile per contenuti e comportamenti.
Maurizio Marello. Consigliere Regionale PD