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Nuovi Mondi Festival, da una famiglia bovesana l’apprezzamento per la serata con Denis Urubko: “Grande alpinista ed ottima persona”

Riceviamo e pubblichiamo la lettera inviataci in redazione

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Nella serata di venerdì 27 settembre, il «Nuovi Mondi Festival», manifestazione in crescita costante (ci dicono che la massima partecipazione, quest’anno, si è avuta per Francesco Guccini, seicentocinquanta persone, a momento non enogastronomico cifra enorme), ha richiamato, sotto la grande tenda posta al «campo base» della piccola Valloriate, cinquecento persone accorse per incontrare Denis Urubko: il grande alpinista russo naturalizzato polacco e bergamasco di adozione (da alcuni anni risiede a Nembro) di ritorno dalle imprese estive sul massiccio del Gasherbrum, che lo hanno visto giungere una prima volta in vetta al Gasherbrum II, semplicemente per completare l’acclimatamento, poi spendersi in quattro diversi salvataggi ad alpinisti in difficoltà e infine concretizzare il progetto, nato diciotto anni fa, di raggiungere la cima della tredicesima montagna più alta della terra per una nuova via. Honeymoon, così l’ha chiamata.

È stata completata quando ormai sembrava che le condizioni meteorologiche gliel’avrebbero impedito e l’ha realizzata in puro stile alpino, senza l’uso di ossigeno e in solitaria causa l’indisposizione della sua compagna di cordata e di vita: l’alpinista spagnola Maria Cardell.

Urubko, che è salito sul palco accompagnato dalla sua compagna, ha impressionato per la sua umiltà, gentilezza, e perché no, anche per l’amore verso la sua Masha.
Non ha fatto parola di una «Legion d’onore», massima decorazione francese, che ci risulta arrivatagli recentemente, ad esempio.

In un italiano comprensibile ma non inappuntabile, ha cercato di spiegare il suo rapporto con la montagna e non ha mancato di simpatia quando ha imbracciato la sua chitarra e ha intonato «L’italiano» di Totò Cotugno, accompagno da una platea divertita che ha prorotto in una fragorosa risata quando ha sostituendo la strofa finale «un italiano vero» con «un bergamasco vero».

È emersa, accanto al fuoriclasse, innamorato delle montagne per il quale l’arrampicare può essere concepito come una forma d’arte che richiede estenuanti allenamenti, l’umanità, la generosità e la grandezza dell’uomo.

Di fronte alle difficoltà di un altro alpinista ci si ferma e si presta aiuto anche se questo comporta dire addio ai sogni di vetta, perché è così che deve essere. Nello stesso tempo, però, confessa di non portare con lui, nelle sue ardite spedizioni, nessun telefono satellitare: per il peso in sé dell’apparecchio e perché sarebbe inutile in quanto nel caso in cui le cose si mettessero male lui non chiamerebbe.

La decisione di raggiungere la vetta nasce da un suo intimo desiderio che, per quanto egli lo ritenga artistico, è, però, puramente egoistico, frutto di una scelta personale che non contempla, per il suo modo di essere, anche il rischio di accettare di mettere a repentaglio la vita del soccorritore.

Ha parlato delle ascensioni in solitaria, delle sensazioni potenti che generano e dei rischi che celano, ossia la ricerca di sensazioni sempre più forti, concludendo che egli preferisce le salite in coppia, specialmente con la sua compagna. E in coppia, ma con l’alpinista canadese Don Bowie, per il quale ha sottolineato «è molto importante tornare indietro, a casa», tenterà, fra qualche mese, in pieno inverno, di raggiungere la vetta del Broad Peak e magari di andare anche al K2. Ha precisato che la seconda montagna più alta del mondo non è il loro obiettivo primario. La possibilità di un tentativo verrà presa in considerazione se riusciranno a raggiungere la vetta del Broad Peak, dopo aver valutato condizioni fisiche e meteorologiche, considerando anche l’eventuale fissaggio di corde sul K2 da parte di altri scalatori.

È intervenuto, durante la serata, l’alpinista-medico Francesco Cassardo, al quale Urubko, insieme a Don Bowie e due polacchi, aveva prestato soccorso sul Gasherbrum VII, che, con le sue mani ancora fasciate, si è detto felicissimo di essere ancora vivo. Cassardo, in veste di medico, aveva aiutato al campo base la compagna di Urubko bloccata per un problema alla schiena prima della tragica scivolata e diventare lui oggetto di soccorsi. Così funziona in montagna!

Abbiamo anche appreso, che, a quanto pare, Urubko non va in moto perché la reputa un’attività pericolosa. Certo, da uno che saluta la platea dicendo che spera di sopravvivere per ritornare sano e salvo a marzo, è cosa che non ti aspetti. In bocca al lupo signor Urubko e, dopo la piacevolissima serata, permettici di chiamarti «Denis», come si fa con un amico!

Famiglia di ammiratori bovesani – lettera firmata