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E chi paga lo stallo dell’Asti-Cuneo? Si sa

Conte ha detto a Cirio e Bo che pensava fosse tutto risolto. Frattanto Bruxelles attende che Roma decida

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La scorsa ai massimi li­velli politici si è di nuo­vo parlato (siamo sempre al livello delle parole) di Asti-Cuneo. La consegna al “premier” Giuseppe Conte del “dossier” sull’autostrada ha aperto le due giornate dedicate all’opera del presidente della Re­gione, Alberto Ci­rio, e del sindaco di Alba, Carlo Bo.
«Non riuscendo a ottenere risposte dal Mi­nistero, abbiamo deciso di andare alla fonte», ha sottolineato Cirio. «Con Bo ho sollevato il tema con il Presidente del Consiglio, in Piemonte per parlare dell’Area di crisi complessa. Conte si è dimostrato stupito, perché era convinto che la soluzione prospettata a marzo fosse risolutiva». Cirio e il Sindaco di Alba hanno illustrato al “Pre­mier” una situazione paradossale, perché si percepisce il contrasto nel suo governo con una par­te propensa a mantenere la proposta Toninelli e un’altra intenzionata a recuperare quella Del­rio. L’evidente “im­passe” rischia di apparire tale an­che agli occhi dell’Ue, motivo per cui il Pre­si­dente della Re­gione e Bo si sono recati a Bru­xelles. «Il “Premier” ha chiesto di essere aggiornato sul­l’esito dell’incontro e noi a Conte di intervenire di persona per sbloccare la situazione», ha detto Cirio. Dal vertice nella capitale belga è emerso che l’Europa aspetta che l’Italia prenda una decisione. A fianco di Ci­rio e di Bo c’erano l’ambasciatore Mi­chele Qua­roni, vicerappresentante permanente italiano presso l’Unione europea, competente per il “dossier” sul­l’Asti-Cuneo, e Davide Do­na­ti, vicecapo di gabinetto della Pre­sidenza della Giunta regionale piemontese.
«La Rappresentanza del Gover­no italiano a Bruxelles», hanno spiegato Cirio e Bo, «ha confermato che la Commissione Ue, alla luce del cambio di maggioranza a Roma, attende che il nuovo Esecutivo indichi la strada che si intende seguire per il com­ple­tamento dell’Asti-Cu­neo. La Com­­missione ha due “dossier” a­perti: quello Delrio, già autorizzato, e quello To­ninelli su cui abbiamo chiarito che non serve sotto il profilo giuridico l’autorizzazione preventiva di Bruxelles, an­che se è evidente che, con il livello di attenzione mostrato, il ri­schio di infrazione è reale. La Commissione infatti ha chiesto, a marzo e a giugno, un approfondimento in merito al valore della quota di subentro, ritenuta troppo alta. La relazione tecnica con le risposte a questi dubbi è arrivata ad agosto, inviata dal ministro Toni­nelli nel periodo di passaggio tra il vecchio e il nuovo governo. Prima di iniziare la ve­rifica sulle informazioni ricevute, la Com­mis­sione chiede di sapere ufficialmente quale via intenda se­guire il nuovo Mi­nistro. Se, infatti, verrà scelta la soluzione To­ninelli l’Italia dovrà prepararsi a difendere, ed eventualmente a integrare, la relazione tecnica e battagliare per ottenere l’ok. Nel caso in cui, invece, si tornasse alla soluzione Delrio il via libera dall’Europa esiste già e non sarebbero necessari altri passaggi. A oggi, però, il Governo italiano non ha ancora chiarito la propria scelta ed è urgente che lo faccia. È quello che abbiamo det­to anche a Giuseppe Conte. Qua­lun­que sia la via, il Governo deve decidere in fretta. Perché al mo­mento tutto è fermo e quelle che rischiano di apparire all’Eu­ropa come sterili gelosie politiche, con il Pd attaccato alla soluzione Delrio e il M5S a quella
To­ni­nelli, tengono in scacco la decisione. A pagare lo stallo è un territorio che aspetta da più di 30 anni questa autostrada».

La farsa dei 9 chilometri mancanti resterà negli annali della Granda

Purtroppo da decenni l’Italia è bloccata per ogni tipo di realizzazione di opere pubbliche in tempi e con costi sostenibili. Sono le storie ricorrenti e infinite della difesa del territorio che frana, delle ricostruzioni per causa di terremoti, delle infrastrutture stradali, della Tav, ecc. Fra queste tante vi­cende di indecisioni, incapacità, confusione progettuale, veti incrociati e bu­rocrazia irresponsabile vi è quella dell’Asti-Cuneo.
Memoria storica di questa faccenda è il già consigliere provinciale Paolo Chiarenza il quale intorno al 2005, quando sembrava che il progetto fosse avviato verso la conclusione gli dedicò il libro “La strada infinita”.
Gli abbiamo chiesto un breve riassunto: «I primi progetti della Satap furono presentati nel dicembre 1985. Nel 1991 la società Autostrada Torino-Pia­cenza ottenne la concessione ministeriale. Dopo anni di azioni, discussioni, ostacoli, cambiamenti di progetti e contenzioso tra Satap e Anas nel 2001 iniziarono i lavori sul primo lotto. Il tratto autostradale Massimini-San­t’Al­bano Stura, di 11 chilometri, fu inaugurato nel luglio 2005. Allora si prevedeva di completare l’opera entro il 2009. In questo periodo si occuparono, si fa per dire, dell’autostrada ben dieci ministri dei lavori pubblici. Nuovi contrasti, modifiche, contenziosi con la concessionaria portarono nel 2012 al blocco dei lavori. Ed eccoci alla farsa relativa agli ultimi 9 chilometri da completare con due ministri, Toninelli e Delrio, le cui tesi si contrappongono per la risoluzione del problema. Dopo il 2001 l’Asti-Cuneo è passata fra le mani di otto ministri delle infrastrutture. Intanto la concessionaria aspetta e spera e l’Europa dei burocrati è sempre pronta a impicciarsi».
Chiarenza, ma non se ne esce allora? «In realtà la soluzione è un “uovo di Co­lombo”. Il dito nella piaga l’aveva già insinuato Confindustria Cuneo, in una analisi pubblicata sul suo giornale “Provincia oggi” nel luglio di 14 anni fa: “Riteniamo che non ci sia nessun’altra attività così redditizia nel mondo co­me fare il concessionario di autostrade, visti i margini, inimmaginabili in qualsiasi altro settore”. La provocazione è rivolta alla spa Asti-Cuneo, che fa capo al gruppo “Gavio”, cui partecipano anche Anas e “Itinera”. In termini politici il punto da affrontare è stato posto in rilievo nell’aprile 2019 dall’ex senatore Giuseppe Menardi, a suo tempo vicepresidente della Com­missione infrastrutture del Senato, quindi partecipante diretto ai fatti. Egli, in una sua lettera, trascurata, ai giornali riconduceva agli impegni assunti e non assolti da parte della concessionaria con il Ministero delle infrastrutture, al momento della firma della nuova concessione nel 2012. Impegni di investimenti che sono ampiamente compensati dagli altri tronchi autostradali che il gruppo “Gavio” gestisce».
«Oggi anche l’Astra, Associazione trasportatori cuneesi», prosegue il no­stro interlocutore, «avverte come sia inconcepibile che il gruppo “Gavio”, inseritosi fra i massimi competitore a livello mondiale per le infrastrutture stradali, non intenda completare 9 chilometri di autostrada. Lasciamo quindi perdere le ultime dichiarazioni non pertinenti, e comunque inaffidabili, dei governanti cuneesi 5 stelle e Pd. Credo sia utile ricordare come l’attuale ministro Fabiana Dadone, agli esordi pubblici come “cittadina e deputata a 5 stelle” nell’ottobre 2013, dichiarasse ai giornali: «L’autostrada è un’opera tardiva e troppo costosa, considerato che è poco giustificata dal traffico che incide da e per il colle della Maddalena; non è particolarmente utile al costruendo Tenda bis. Per lo snellimento del traffico pesante in attraversamento di Cuneo sarebbe sufficiente il rifacimento della cattiva segnaletica del passante Ronchi-Bombonina”. La deputata del Pd Chiara Gribaudo, in­­vece, non potendo prendersela con i suoi “compagni”, cerca di distrarre l’attenzione accusando il governatore del Piemonte, Alberto Cirio, per i suoi “spot” per l’Asti-Cuneo. Cirio si comporta con onestà, né più e né meno co­me il suo predecessore, Sergio Chiamparino. Diversamente non può fare. Il Partito democratico farebbe bene a tagliare corto con la linea To­ninelli e quella Delrio, non rifugiandosi in una nuova linea del neoministro, Paola De Micheli, ma dettare obiettivi precisi all’Anas per le infrastrutture ancora da realizzare e soprattutto raccogliere intenzioni e forze per affrontare risolutamente il gruppo “Gavio”. Oppure c’è un difetto nel manico?».