Home Attualità Barge: a San Valentino un convegno dedicato ai boschi di castagno

Barge: a San Valentino un convegno dedicato ai boschi di castagno

Il convegno "Castanicoltura da frutto in Piemonte" è organizzato dall'Unione montana Barge-Bagnolo Piemonte, con il patrocinio dei due Comuni

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Un San Valentino speciale per i castagni del Piemonte. Senza un nuovo legame con l'”albero del pane”, resteranno in abbandono oltre 200mila ettari di boschi di castagni. E non ripartirà un pezzo di economia molto importante per la regione. Serve un “nuovo amore”. Che sarà al centro del convegno “Castanicoltura da frutto in Piemonte”, organizzato dall’Unione montana Barge-Bagnolo Piemonte, con il patrocinio dei due Comuni, venerdì 14 febbraio, a Barge. La castanicoltura è un’attività dalle enormi potenzialità per l’agricoltura piemontese, in grado di giocare un ruolo fondamentale per la crescita economica, la tutela ambientale e la valorizzazione dei contesti paesaggistici del territorio montano.

“Iniziative come queste sono fondamentali per offrire ulteriori progettualità concrete ai comuni montani che sempre di più sentono la necessità di focalizzare l’attenzione su temi di questa natura – sostiene il Presidente Uncem Lido Riba -. Per la realizzazione di un sistema castanicolo è importante avere un quadro completo sul castagno, che interessi il legno, il frutto e i sistemi ecosistemici, in quanto gli obiettivi strategici nella castanicoltura da frutto riguardano la valorizzazione sia della qualità, che della quantità del prodotto. Certamente, in un’ottica di frutticoltura moderna attenta alle problematiche fitosanitarie e ambientali, la realizzazione di nuovi impianti, il recupero o la sostituzione di quelli abbandonati, il miglioramento delle tecniche colturali e di gestione del castagneto, prevedono un opportuno sostegno, non solo da parte degli enti locali, ma anche degli istituti che si occupano di ricerca applicata, come la Fondazione Agrion, e di chi possiede competenze scientifiche da mettere in campo per lo sviluppo dei territori. Oltre ad evitare spopolamento, abbandono e quindi degrado ambientale, la riconversione dei modelli produttivi non più sostenibili delle aree montane richiamerebbe anche importanti flussi di turismo, in un’ottica di sviluppo dell’economia della montagna”. Uncem lavora da anni con il Centro regionale di Castanicoltura, coordinato da docenti dell’Università di Torino con Ipla e Regione. Pochi mesi fa è stato inaugurato a Chiusa Pesio il nuovo allestimento del Centro, grazie a fondi del Programma di Sviluppo rurale e a progetti che hanno visto Uncem protagonista sin dal 2014 quando è stato definito il “Masterplan Castagno Piemonte”.
 
L’Italia si pone storicamente tra i principali esportatori mondiali di castagne ma negli ultimi decenni la superficie coltivata a castagneto da frutto ha subito una pesante contrazione. Spicca la diffusione di alcuni parassiti, come il Cinipide galligeno, che hanno ripetutamente e pesantemente colpito il settore. Dall’analisi dei dati più recenti desumibili dall’anagrafe agricola regionale emerge comunque un cauto ottimismo: nel 2014, infatti, la superficie coltivata era di 3.783 ettari, mentre nel 2019 gli ettari sono aumentati a 4.063. Nello stesso periodo le aziende sono diminuite di 300 unità, ma questo non rappresenta necessariamente un fattore negativo in quanto si traduce, ovviamente, in un aumento della superficie media aziendale e quindi in un recupero di competitività. Occorre si pongano in essere strumenti efficaci a sostenere lo sviluppo di un settore certamente fondamentale per le aree montane per evidenti ragioni di carattere economico, sociale, ambientale e paesaggistico.
cs