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Importanti alleati contro il coronavirus

La sanità regionale schiera in campo due eccellenze: il nuovo ospedale di Verduno e Giovanni Monchiero

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La gestione dell’emergenza coronavirus in Piemonte trova due alleati tanto inaspettati quanto preziosi. Si tratta di eccellenze della provincia di Cuneo: la prima, strutturale e architettonica, è l’ospedale di Verduno, la cui entrata in funzione, programmata per fine maggio dopo un’attesa lunga vent’anni, è stata anticipata in modo da far fronte al dilagare del coronavirus covid-19; l’altra corrisponde al profilo di un “manager” stimato e
ap­prezzato pure oltre i confini del­la Granda. Parliamo di Gio­vanni Mon­chiero, uno dei più esperti e preparati amministratori sanitari piemontesi, già parlamentare, il quale, nel ruolo di commissario straordinario, si occuperà proprio di gestire e di coordinare l’a­pertura urgente del nuovo nosocomio di Alba e Bra.
Lo hanno voluto il governatore del Piemonte, Alberto Cirio, e l’assessore regionale alla sanità, Luigi Icardi, alla luce della sua profonda competenza amministrativa in campo sanitario e del suo efficace lavoro svolto alla guida dell’Asl Cn2, di cui è stato a lungo direttore generale.
Tra le qualità di Monchiero, che svelano le sue origini roerine, spiccano il pragmatismo e la capacità di mantenere la lucidità in situazioni intricate. Sono ca­ratteristiche che emergono an­che in questo delicato frangente: impegnato 24 ore su 24 a Ver­duno, Monchiero ha trovato il tem­po per ri­spon­dere alle no­stre domande.
Dottor Monchiero, quando ver­rà aperto l’ospedale di Ver­duno?
«Se, come immagino, riusciremo a concludere le operazioni in corso e a superare le criticità legate alla disponibilità di personale e di attrezzature sanitarie specifiche, tra cui, per fare un esempio, i respiratori, il nosocomio potrà entrare in funzione già venerdì 27 marzo.
L’im­presa appaltatrice dell’opera, la “Mgr Verduno 2005”, che nelle ultime ore si è occupata delle finiture, si è mostrata collaborativa, consegnando l’ospedale in anticipo rispetto alla data concordata. Il collaudo definitivo potrà essere eseguito, come prevede la normativa, entro sei mesi dal primo giorno di utilizzo».
Quali e quanti pazienti potranno essere ospitati?
«L’ospedale di Verduno sarà il centro di riferimento piemontese per l’emergenza legata al coronavirus. Pertanto nella struttura saranno curate soltanto persone malate positive al covid-19. In una prima fase ci sarà posto per 60 pazienti, poi per 120, fino ad arrivare, nel giro di qualche settimana, a una disponibilità di 240 posti letto. Nello specifico, verranno accolti, da tutto il Pie­monte, quei pazienti che, pur avendo già superato la fase critica o, comunque, completato un percorso di rianimazione, necessitano ancora di una terapia
sub-intensiva e assistita mediante la somministrazione di ossigeno. Si tratta di cure che, in genere, richiedono una degenza di circa sette giorni. Alcuni di questi pazienti potrebbero subire ricadute e aggravarsi di nuovo: per questo 30 delle 240 postazioni disponibili saranno dedicate alla terapia intensiva».
In che modo i familiari potranno seguire i propri cari ricoverati?
«Per evitare il diffondersi dei contagi, l’accesso all’ospedale sarà limitato al personale sanitario. Di conseguenza nemmeno i parenti dei ricoverati potranno accedere al nosocomio. Alla luce di ciò, abbiamo deciso di predisporre un ufficio che si occuperà di tenere un filo diretto con i familiari, informandoli costantemente via telefono circa le condizioni di salute dei loro cari. I pazienti che avranno recuperato forze potranno anche richiedere di usare smartphone e tablet per mettersi in contatto in modo au­tonomo con le proprie famiglie o i propri conoscenti. Pe­ral­tro l’operatore telefonico “Tim”, con e­strema rapidità, ha installato un ripetitore provvisorio che rende ottima la qualità del se­gnale mobile nell’area del nosocomio. Ne­s­suno dovrà sentirsi solo».
L’apertura urgente quali interventi ha richiesto?
«A livello edilizio e strutturale, l’ospedale di Verduno risulta completo in ogni sua parte. Si è reso tuttavia necessario qualche piccolo intervento: penso, in particolare, alla costruzione di alcune pareti in cartongesso, utili a separare in maniera netta le aree della struttura che verranno utilizzate per l’emergenza coronavirus, pari a circa il 25 per cento della superficie complessiva del nosocomio, da quelle che in questo momento resteranno “fer­me”. Così facendo verranno ga­rantite zone sicure e protette sia ai pazienti che al personale sanitario. Al termine dell’emergenza, quindi, ipotizziamo tra qualche mese, entreranno in funzione anche gli altri reparti».
Quanti professionisti sanitari verranno impiegati?
«Nella fase 1, che, come dicevo, prevede l’attivazione di 60 posti di degenza ordinaria e 6 di terapia intensiva, verranno impiegate tra chirurghi, rianimatori, anestesisti e infermieri circa cento persone che provvederemo a formare nelle ore precedenti alla loro entrata in servizio. Al bando di reclutamento indetto dalla Regione hanno risposto 74 medici e 85 infermieri. Per tutti coloro i quali presteranno servizio presso l’ospedale, l’Asl Cn2 ha predisposto la possibilità di usufruire di sistemazione alberghiera in camera singola, comprensiva di vitto e alloggio».
Sarà affiancato da Paolo To­fanini. Quale ruolo avrà?
«Tofanini si occuperà di coordinare l’os­pe­dale dal punto di vista sanitario, interfacciandosi in maniera diretta e costante con il personale medico».
Personalmente si sente pronto?
«Sì, nella speranza anche che le precedenti esperienze da direttore di Aziende sanitarie locali possano tornarmi utili nella gestione di questa emergenza».

I nosocomi di Alba e Bra saranno aperti, però con funzioni limitate

Tra le scure nubi portate dal coronavirus covid-19 filtra un raggio di sole: la diffusione della malattia infettiva ha, infatti, accelerato l’apertura dell’ospedale di Ver­duno, nosocomio di eccellenza co­struito per sostituire i due attuali presidi ospedalieri di Alba e di Bra.
Durante l’emergenza sanitaria per il coronavirus cosa accadrà agli ospedali di Al­ba e di Bra?
«Il “San Lazzaro” e il “Santo Spirito” sono stati riorganizzati in questi giorni proprio per far fronte all’emergenza sanitaria. In particolare sono state sospese tutte le at­tività, compresi gli interventi chirurgici non urgenti, e il 40 per cento dei posti letto è stato destinato ai pazienti contagiati dal coronavirus. Inoltre è stata disposta la sospensione del pronto soccorso di Bra (in provincia di Cuneo lo stesso provvedimento ha interessato la struttura di emergenza sanitaria di Ceva, ndr), in modo da “liberare” professionisti medici e destinarli al trattamento dei pazienti covid-19. L’aggravio di impegno richiesto al personale di Alba rende difficile una massiccia collaborazione con la sede di Verduno: per cui sarà indispensabile reperire altrove personale qualificato».
Che impressione ha avuto entrando nell’ospedale di Verduno ormai ultimato?
«È un gioiello. Credo sia l’ospedale più bello d’Italia e, forse, del mondo. È caratterizzato da stanze accoglienti, spazi ampi e viste su panorami che infondono serenità. Certo, la bontà di un ospedale si misura dai servizi e dalle professionalità che esso è in grado di mettere a disposizione dei pazienti, tuttavia è innegabile che un contesto positivo come quello che offre il nosocomio di Verduno sia un valore aggiunto e possa contribuire a rendere più confortevole la degenza».
Quanto è stato importante l’apporto della fondazione “Nuovo ospedale Alba-Bra” Onlus?
«Ha rivestito un ruolo enorme, investendo quasi 25 milioni di euro per attrezzature e arredi e fungendo da stimolo nei confronti di alcune amministrazioni regionali che si erano mostrate restie a portare a termine l’opera. Ciascuno deve essere orgoglioso della
Fon­dazione che, senza dubbio, è una realtà unica in I­talia, in quanto costituita da protagonisti dell’economia locale che, dopo aver dato il meglio di loro stessi in campo professionale, continuano a farlo in àmbito sociale».