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Come elaborare strategie e scelte efficaci

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IDEA n.13 del 2 aprile 2020

Dal green alle policy, dalla sanità alle aziende, dalle scuole ai luoghi di lavoro, ecco il forte e positivo impatto delle “strategie gentili”

L’incontro tanto atteso è avvenuto in un soleggiato tardo pomeriggio, attraverso una videochamata su WhatsApp e, sin dalle prime parole, Laura Mondino mi è parsa una donna ricca di parole. Di emozioni. E di sensibilità verso la scrittura, verso le sfaccettature del mondo, che interpreta nella vita così come nella sua professione di consulente decisionale, scrittrice di (neuro)scienze e studiosa comportamentale.

Laura, quando le è venuta l’idea di dedicarsi alla scrittura e perché tanto interesse alle tematiche legate ai comportamenti?
«Mi sono specializzata all’Università in neuroscienze, con un corso di perfezionamento su Umberto Eco. Parallelamente lavoravo in ospedale e collaboravo anche, con tanto impegno, con un settimanale della nostra provincia, seguendo inchieste e approfondimenti vari.

Ero giovane e scrivere, devo ammettere, mi permise di affinare la penna, velocizzare il pensiero e sentirmi sufficientemente sicura di ciò che stavo facendo. Anche quando sceglievo di tappezzare la mia camera con articoli di giornali a firma di saggisti, ricercatori, scienziati e scrittori.

La curiosità e una certa impazienza mi invitavano a mettere ordine al caos che trovavo nel mondo e la rigorosa logica delle discipline scientifiche era la panacea di tutti i mali. Alimentavo , ancora senza saperlo, la mia fame razionale.

L’abnegazione per la letteratura e la scrittura mi aiutavano invece a uscire dal labirinto in cui ero stata io stessa a rinchiudermi per fuggire da qualsiasi ragionamento e spiegazione. Scrivere era un modo, prendendo a prestito le parole di Marguerite Duras, per liberare “l’ignoto che abbiamo dentro…”».

Contemporaneamente si è occupata di insegnamento…
«Avevo trent’anni, pochi di più di chi era lì ad ascoltarmi e così, fra le pieghe emotive della realizzazione che stenta va a prendere il volo, cercai forme alternative per far appassionare i discenti a ciò che avevo da dire.

Presi a raccontare storie, a usare metafore e analogie per fare in modo che la fisiologia del cervello o strane malattie dai nomi affatto memorabili facessero presa nelle fitte maglie della loro attenzione. Iniziai a spiegare ciò che sapevo usando la metodologia dei narrastorie, gli “storyteller”, per usare un termine oggi inflazionato, affinché ciò di cui parlavo venisse assimilato con la medesima intensità di qualcosa di cui non si può fare a meno.

Mi accorsi che l’irrazionalità letteraria riusciva a far breccia più del rigoroso metodo scientifico. Ho sempre cercato di creare un collegamento con il mio pubblico, un’empatia, per far capire subito, anche solo per suggestioni, l’argomento. Non amo però, le imprecisioni e non sopporto la superficialità nei rapporti, nelle amicizie. Così come detesto l’approssimazione in generale».

Allora non si sbaglia a sottolineare la responsabilità di scienziati, scrittori e giornalisti nell’aiutare le persone a comprendere il valore del’attività divulgativa.
«Bacone sostiene che “la conoscenza è potere”. È attraverso il sapere che è possibile neutralizzare o rendere meno incisivi gli “idola”, le superstizioni, i pregiudizi, ossia bias ed euristiche, teorizzate dalle scienze comportamentali, così capaci di convincerci di cose sbagliate, di indurci in errore, quando si tratta di fare una scelta.

Che ci piaccia o no la logica da sola non è in grado di spiegare il funzionamento della nostra mente e di tutto quello che ne consegue. Non a caso, nonostante siano in nostro possesso tutte le informazioni necessarie per prendere decisioni, il nostro sistema percettivo viene regolarmente ingannato. Semplicemente perché le decisioni che prendiamo non sono affatto razionali e sanno condurci verso scelte svantaggiose (ma prevedibili) per i nostri interessi ».

E, dunque, come agire?
«Ogni giorno prendiamo in media 35 mila decisioni, la maggior parte delle quali involontarie. Non ho la ricetta magica, ma nei miei libri, così come nella mia professione, consiglio le persone aiutandole a districare l’ingarbugliata matassa che sottende alle loro scelte, anche quelle più ininfluenti. E le guido ad andare più veloce o a sbagliar meno».

“Nudge”, la sua ultima fatica letteraria, è quindi un vademecum per rendere semplici proprio le scelte più complesse?
«Studiando le trappole mentali di cui siamo sistematicamente vittime quando ci confrontiamo con decisioni importanti, ho avuto modo di sviluppare soluzioni che consentano di affrontarle in modo più consapevole e che utilizzo anche come “driver” per costruire interventi di “nudge”.

I “nudge”, infatti, ci aiutano a usare a fin di bene l’irrazionalità umana. Si tratta di pungoli, che ci orientano verso comportamenti virtuosi senza porre divieti e senza limitare la libertà di scelta e anche attraverso una semplificazione della complessità. Non a caso il motto del premio Nobel Richard Thaler, papà dei “nudge”, è: “Se vuoi che le persone facciano qualcosa, rendi questa cosa semplice!”.

Ecco perchè i “nudge” sono un prezioso alleato soprattutto quando dobbiamo fare la scelta più vantaggiosa per il nostro portafoglio, il lavoro, il nostro paese e il pianeta. Con questo spirito si è concretizzata l’idea di questo libro. Rendere accessibile e applicabile a tutti, soprattutto a chi di neuroscienze mastica poco, una teoria non esattamente semplice e fruibile.

I lettori si accorgeranno leggendolo che sono tante le sane abitudini che si possono imparare e agilmente mettere in pratica con il minimo sforzo e a costo zero».

È corretto sottolineare che non si tratta di un libro difficile da leggere?
«Lo ribadisco sempre. Non si tratta di un testo scientifico. Chiedo a tal proposito scusa sin d’ora agli addetti ai lavori, agli specialisti delle scienze cognitive e comportamentali, perché sono certa, nel tentativo di semplificare, di essere sconfinata in modo eccessivo nella letteratura, facendo vestire ai protagonisti di miti, racconti e leggende abiti a dir poco improbabili».

Un libro che svela il suo amore e la sua propensione verso le cosiddette “strategie gentili”.
«Il mio è un libro scritto da una divulgatrice amante della scienza che vorrebbe che il sapere fosse di tutti e per tutti. E che si è servita della scrittura poiché “è il più delle volte una sottrazione di peso”, capace di permettere quello straordinario intreccio di temi e di contesti che moltiplicano la ricchezza del testo e il fascino della lettura».

Che aggiungere? Nulla, se non l’invito a cercare il volume, edito da Dario Flaccovio e disponibile su Amazon. E non ci si stupisca se è andato esaurito: leggendolo sarà facile comprenderne il motivo!