Alberto Cirio i giorni più difficili

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IDEA n.13 del 2 aprile 2020

Il Presidente del Piemonte, guarito dal covid-19, racconta le sensazioni vissute durante l’isolamento

Dopo due settimane di preoccupazione per la salute del governatore della Regione Piemonte Alberto Cirio, risultato positivo al coronavirus covid-19, i piemontesi hanno potuto tirare un definitivo sospiro di sollievo.

Il Presidente è infatti tornato a essere “negativo” alla prova del tampone, il che significa che i suoi anticorpi hanno annullato la carica reattiva del temuto virus che ha aperto una crisi mondiale senza precedenti. In parole povere, Cirio è guarito, riuscendo a superare il contagio (per fortuna) indenne o, comunque, senza gravi complicanze mediche.

IDEA, grazie alla disponibilità di Cirio, ha provato a raccontare le sensazioni vissute dall’ex europarlamentare in quei quindici lunghi giorni da “isolato” nella propria abitazione: da un lato i timori per la propria incolumità e quella dei propri cari, dall’altro la necessità di restare lucidi per aiutare il Piemonte, messo in ginocchio da un’emergenza che fatica a rientrare, destando timori non solo a livello sanitario ma anche economico.

Presidente Cirio, cosa ha provato non appena le è stata comunicata la positività? Ha avuto paura?
«Sapere di aver contratto il virus è normale generi preoccupazione. Nessuno di noi era preparato a ciò che stiamo vivendo. Il primo pensiero quando ho saputo di essere positivo è stato per la mia famiglia e per le persone che mi circondano. Ho avuto timore di averli contagiati. E poi la preoccupazione di governare il Piemonte chiuso dentro una stanza, in una situazione d’emergenza così delicata. Ma non c’è stato un momento in cui io non sia stato in contatto con l’Unità di crisi, con il territorio e con il Governo. Ovviamente tutto questo ha avuto le sue complessità, però posso anche dirvi che durante questo periodo ho capito che ci sono tantissime cose, nel lavoro di ognuno di noi, che possono essere fatte bene anche senza spostarsi. Quando questa emergenza legata al coronavirus sarà finalmente superata, credo che avremo tutti acquisito una maggiore coscienza, e anche padronanza, degli strumenti tecnologici che in questo periodo ci hanno aiutato a restare vicini anche da lontani».

Sul fronte clinico, è sempre rimasto asintomatico? Chi l’ha seguita a livello medico?
«Io ho avuto la fortuna di essere stato asintomatico e, quindi, di non essermi ammalato in modo grave. A parte un po’ di tosse, le mie condizioni di salute sono state sempre buone. Sono stato seguito dal personale sanitario dell’Asl Cn2 che si occupa del territorio albese e braidese».

Come si svolgevano le sue giornate in isolamento?
«Io mi sveglio normalmente molto presto, ma da quando è iniziata l’emergenza le giornate sono diventate praticamente senza sosta. Le ore durante la quarantena sono state un susseguirsi di telefonate e videoconferenze con l’Unità di crisi a Torino e con il Governo a Roma, ma anche con gli altri governatori d’Italia e con tutte le aree della nostra regione, per confrontarci e assumere le decisioni necessarie ad affrontare questa enorme emergenza».

Continuava a essere preoccupato per la salute delle persone che più le sono vicine?
«Quella è stata la preoccupazione principale. Sentire i miei figli tossire nella stanza accanto con il pensiero di poter essere stato io a contagiarli. Mi ha sostenuto il pensiero di tutte le donne e gli uomini del nostro sistema sanitario e dell’emergenza, persone straordinarie che stanno facendo un lavoro enorme, oltre qualsiasi immaginazione.

Sono state un sostegno e un conforto anche le parole del presidente della Repubblica Mattarella, che ha voluto esprimermi personalmente l’apprezzamento per come il nostro territorio e i nostri cittadini stanno affrontando questa prova così difficile. E poi c’è un altro pensiero che mi ha dato speranza. La consapevolezza che il virus sarà anche forte, ma i piemontesi e gli italiani lo sono di più».

Cosa ha provato quando ha saputo di essere guarito. La prima cosa che ha fatto?
«Sollievo naturalmente, non solo per la salute ma per la possibilità di tornare in Regione a seguire la situazione anche fisicamente. La prima cosa che ho fatto, non appena ho ricevuto la comunicazione di essere guarito, è stato abbracciare i miei figli. Mia moglie Sara sa quanto è stato difficile, per tutti noi, non poter stare vicini. Poi mi sono immediatamente messo in macchina per raggiungere l’Unità di crisi a Torino».

Cosa le hanno detto i medici? Può ritenersi immune o rischia ancora il contagio?
«Questo virus stiamo iniziando a conoscerlo gradualmente. La cautela e la prudenza sono fondamentali per tutti, anche per chi ha avuto la fortuna di guarire dopo averlo contratto. Siamo in guerra e vinceremo solo se resteremo uniti e rispetteremo le regole. Dobbiamo stare attenti e soprattutto, non mi stancherò di ripeterlo, dobbiamo stare a casa».

In generale, quelli appena trascorsi sono stati i giorni più difficili della sua vita?
«Sì. Ma penso lo siano per ognuno di noi. Perché quello che stiamo vivendo è un evento che tocca il mondo intero in modo profondo. Sentirsi smarriti e disorientati penso sia normale e inevitabile. Ma credo anche che la prova difficile che stiamo affrontando ci stia ricordando il valore di cose che, fino a pochissimo tempo fa, davamo per scontate e su cui forse non c’eravamo neanche mai soffermati.

Il valore di una stretta di mano. Di un abbraccio. Di una riunione di persona tra colleghi e di una cena tra amici. Il valore della nostra libertà. Di muoverci, di scegliere. In questo momento ci è stato chiesto di fare un passo indietro sul bene più prezioso della nostra democrazia. Ma dobbiamo farlo per un bene ancora più grande: la vita.

Il contributo che ognuno di noi è chiamato a dare per vincere questa battaglia è grandissimo. Stiamo chiedendo un enorme sforzo a ogni cittadino, ma vi prego di comprendere che è la scelta giusta. La nostra libertà è un bene, ma la nostra vita lo è di più. Vi prego, proteggetela restando a casa».


  «UN PIANO MARSHALL PER RILANCIARE L’ECONOMIA» 
In attesa di un forte intervento dello Stato, l’ente regionale sta lavorando a misure del valore di 600 milioni di euro per aiutare imprese e famiglie

Cirio, in Piemonte, anche alla luce dei nuovi posti letto ospedalieri creati, si può essere più ottimisti?
«La nostra è una delle regioni in cui la curva del contagio ha avuto una crescita molto rapida. negli ultimi giorni per fortuna sta rallentando, ma la situazione rimane seria. Da quando l’emergenza è iniziata, con uno sforzo enorme, abbiamo quasi raddoppiato i posti di terapia intensiva e ancora ne stiamo predisponendo, perché il mio unico pensiero è fare in modo che in Piemonte tutti siano curati. ed è ciò che faremo. Cureremo tutti».

Lei aveva ideato un evento, poi annullato per il maltempo, volto a ringraziare chi fece rialzare il Piemonte dall’alluvione del 1994. Organizzerà qualcosa del genere anche per dire “grazie” a chi oggi sta lottando in prima linea contro il virus? «Ricorderemo tutte le persone che questa guerra si sta portando via e diremo forte il nostro grazie a tutti coloro che da settimane, senza un istante di tregua, combattono in prima linea. Consapevoli che questa parola non sarà mai abbastanza per esprimere la nostra riconoscenza a chi sta mettendo in gioco la propria vita per proteggere e prendersi cura della nostra».

Cittadini e imprese sono preoccupati. Come ci si rialza da questa situazione?
«sarà l’altra grande sfida. Questa non è solo una emergenza sanitaria, ma anche economica e sociale. Dobbiamo poter aiutare in modo diretto imprese e famiglie. La regione ha già avviato una cabina di regia con i rappresentanti del mondo produttivo e delle diverse categorie per confrontarci sulle misure necessarie a dare supporto al sistema. Stiamo riscrivendo il nostro piano della competitività, che era pensato per distribuire i suoi effetti su due anni, ma che invece dovrà avere una ricaduta in massimo tre mesi. Parliamo di un piano da oltre 600 milioni di euro, ma abbiamo bisogno di mettere in campo queste risorse in modo immediato. per questo ho chiesto al Governo di darci poteri speciali, come è stato per il ponte “Morandi” a Genova, ricostruito in un anno quando in condizioni normali ce ne sarebbero voluti almeno cinque. Anche noi, adesso, abbiamo bisogno di poter usare le risorse subito, superando le lungaggini della burocrazia. Risorse a cui, mi auguro, si sommino in modo maggiore anche quelle del Governo centrale: oggi più che mai serve un grande piano Marshall per l’economia italiana».