Ma Benjamin Button ha origini piemontesi?

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Se ne parla in un nuovo saggio

IDEA n.13 del 2 aprile 2020

L’albese Patrizia Deabate ha ripercorso la lunga strada che dal poeta torinese Giulio Gianelli porta a Ugo Maria Morosi e Francis Scott Fitzgerald

Che cosa hanno in comune l’attore e doppiatore Ugo Maria Morosi e il personaggio di Benjamin Button, che dall’omonimo racconto del 1922 di Francis Scott Fitzgerald è finito a Hollywood nel celebre film del 2008 con Brad Pitt, campione d’incassi e vincitore di tre Oscar? Moltissimo, come emerso dal concorso “Premio Acqui edito e inedito”, che ha visto la vittoria del volume “Il misterioso caso di Benjamin Button da Torino a Hollywood” di Patrizia Deabate.

Il saggio sarà presto in libreria edito da De Ferrari. In attesa della pubblicazione, che dovrebbe svelare le misteriose vie per le quali il racconto italiano sulla vita al contrario potrebbe avere dato ispirazione allo scrittore statunitense simbolo dei “ruggenti Anni Venti”, la notizia del “Premio Acqui” ha indotto l’attore Ugo Maria Morosi a rendere pubblica una storia che per cent’anni è stata nota soltanto a una ristretta cerchia di persone. L’incontro tra Morosi e Patrizia Deabate ha fornito l’occasione per rivolgere a entrambi alcune domande.

Patrizia Deabate, qual è l’origine dell’uomo dalla vita al contrario?
«Quando nel 2009 uscì nelle sale italiane il film “Il curioso caso di Benjamin Button” di David Fincher, con Brad Pitt e Cate Blanchett, tratto dal racconto di Francis Scott Fitzgerald, da più parti fu avanzata l’ipotesi di una derivazione della novella americana dalla “Storia di Pipino nato vecchio e morto bambino” del poeta crepuscolare torinese Giulio Gianelli, amico di Guido Gozzano e, come lui, spento dalla tisi poco più che trentenne. Io ho indagato in questa direzione, scoprendo molte cose interessanti ».

E cosa c’entra Ugo Maria Morosi?
«La fiaba di Pipino fu ideata da Gianelli per Ugo e Mario Morosi, due orfani che il poeta aveva salvato dalle macerie mentre svolgeva attività di soccorso volontario alle popolazioni colpite dal terremoto di Messina del 1908. Fu pubblicata a Torino nel 1911. L’edizione originale, di cui possiedo un raro esemplare, reca la dedica “A Ughetto e Mariù, due cuori nel mio cuore, questo libro, ispirato dalla loro dolcezza, dedico”. I due fratellini non furono soltanto i dedicatari e gli ispiratori della storia, ma furo no anche inseriti all’interno di essa quali personaggi, con i loro veri nomi».

Chiediamo quindi all’attore: qual è il suo legame con i due orfani di Messina?
«Una parentela molto stretta: erano mio padre e mio zio. Mio padre Mario ha chiamato me come suo fratello Ugo che purtroppo morì in giovane età, appena terminati gli studi».

Che ruolo ha avuto il poeta Giulio Gianelli per la sua famiglia?
«Per mio padre e mio zio fu un padre adottivo. Li trasse fuori dalle macerie e poi li portò con sé a Roma. Si occupò del loro sostentamento e riuscì a farli studiare presso il Collegio Nazzareno. Durante la ricreazione, passava a trovarli a scuola raccontando giorno per giorno la fiaba di Pipino, che nacque così. A me, essendo il letterato di famiglia, sono stati affidati i ricordi di Gianelli, tra cui una cartolina che Guido Gozzano gli aveva scritto di ritorno dal suo viaggio in India, dove si era recato per tentare di guarire dalla tisi. Ma, come noto, non c’è stato scampo per i due poeti torinesi: Gozzano morì nel 1916 a trentatrè anni; Gianelli era mancato nel 1914, a Roma, a trentacinque anni».

Nella sua attività teatrale le è successo di rendere omaggio a Giulio Gianelli?
«Sì, due volte. La prima, ad una lettura di poeti crepuscolari organizzata dal Teatro lirico di Trieste, con accompagnamento del maestro Paolo Longo. La seconda volta fu al teatro “Carignano” di Torino, dove mi trovavo con Mariangela Melato per le repliche di “L’Affare Makropulos” con la regia di Luca Ronconi. Durante una declamazione di poesie di argomento natalizio, raccontai al pubblico del Carignano la storia di mio padre e mio zio. Dissi che proprio da Torino era partito un poeta che sicuramente aveva amato il teatro, dato che, come noto, quando spirò a Roma, la grande Eleonora Duse gli portò personalmente un mazzo di fiori di campo. A quel poeta che aveva salvato mio padre io resi omaggio declamando una sua breve lirica: “Prima neve”».

Quale lascito del poeta è stato prezioso per la sua attività artistica?
«Quando mi è successo di doppiare i personaggi dei film della Disney, re Fergus in “Ribelle”, il polpo Hank in “Alla ricerca di Dory”, l’ammiraglio Boom in “Il ritorno di Mary Poppins”, sono stato felice di pensare che con quelle fiabe moderne avrei contribuito a far sorridere i bambini. Proprio come Gianelli che inventò la “Storia di Pipino” per divertire mio padre e mio zio… ma anche per trasmettere loro preziosi insegnamenti di vita, che poi sono arrivati a generazioni di ragazzi italiani. Quel libro, infatti, ha avuto numerose ristampe nel corso del Novecento, ha probabilmente ispirato a Gianni Rodari il personaggio del Barone Lamberto nella novella “I misteri dell’Isola di San Giulio”, è stato citato anche da Umberto Eco, che nel suo romanzo “Baudolino” menziona Giulio Gianelli e la “Storia di Pipino nato vecchio e morto bambino”».

A quanto pare, il libro di Gianelli ispirò anche Francis Scott Fitzgerald. Patrizia Deabate: quali so no i significati profondi del racconto?
«La vita al contrario ha un significato morale: Pipino segue un percorso a ritroso perché è buono in un mondo dove invece regna la cattiveria, esattamente come Benjamin Button e Gianelli stesso. Incontrare Ugo Maria Morosi ha significato, per me, scoprire avverata la profezia contenuta nel libro della “Storia di Pipino” in cui Ugo e Mario dicono commossi che racconteranno la sua vita al contrario ai loro figli e tramanderanno il ricordo della sua bontà. Ora sappiamo che è stato davvero così».