Un sacrificio che insegna

0
255

IDEA n. 13 del 2 aprile 2020

In linea con tutta la sua esistenza, anche in emergenza Don Giuseppe ha messo le necessità del suo prossimo davanti alle proprie

Eroi al tempo del coronavirus. Non solo medici e infermieri, in
prima linea contro l’emergenza, stravolti da turni massacranti ed
esposti più di chiunque al contagio, alcuni caduti per curare gli
altri, orgogliosi di lottare contro il nemico invisibile e pronti a
dare la vita per gli altri. Oggi raccontiamo di un eroe in tonaca anziché in
camice, don Giuseppe, capace d’un sacrificio che commuove e insegna.

Don Giuseppe è morto di coronavirus nell’ospedale di Lovere, trenta chilometri
dalla sua Casnigo: aveva bisogno di un respiratore e i parrocchiani gliel’avevano
donato, ma lui, 72 anni, ha rinunciato per amore, preferendo
lasciare l’uso dell’apparecchio a un paziente più giovane.

Nella sua comunità non s’è meravigliato nessuno: tutti ne conoscevano generosità
e bontà. Come a Fonteno, dov’era nato, e a Gaverina e Fiorano al Serio
dove aveva svolto la sua missione in precedenza, paesi della bergamasca
aggredita dal virus. Raccontano avesse una parola bella per tutti ma sapesse,
dote rara, anche ascoltare, che fosse riferimento per tutti, anche per i non credenti,
che avesse ristrutturato l’oratorio e contribuito a metter su un centro
d’aiuto per famiglie e giovani in difficoltà, diventato poi punto d’aggregazione
sociale. E lo ricordano, sempre sorridente, scorrazzare sulla sua vecchia
Moto Guzzi, in sella alla quale l’immaginano adesso, però tra le nuvole e non
più lungo le vie del paese.

Don Giuseppe si era ammalato tempo fa, affrontando la sofferenza con serenità,
cercando forza nella preghiera, e il covid-19 aveva peggiorato condizioni
già precarie. Senza l’aiuto del macchinario ceduto per amore, i problemi
respiratori s’erano aggravati, fino alla morte in un letto d’ospedale in una
notte di marzo. Nemmeno il funerale hanno potuto organizzargli, obbedendo
al protocollo dettato dall’emergenza, però Casnigo ha voluto salutarlo
comunque senza violare la consegna del rimanere in casa: tutti al balcone per
un applauso infinito, il modo più dolce, seppur nel dolore, per spezzare un
silenzio irreale e dare l’ultimo saluto a un uomo buono.

Ps: nelle ultimissime ore è emerso che la rinuncia al respiratore, pur confidata da
alcune persone vicine a don Giuseppe, abbia necessità di ulteriori riscontri e,
com’è giusto per chi fa informazione e ha l’obbligo di controllare, eravamo stati
tentati di rimandare il racconto. Informandoci, però, abbiamo appreso che l’arciprete
era un eroe del quotidiano a prescindere, un pastore sensibile e disponibile
davvero, un angelo per la sua comunità. E abbiamo appurato che aveva confidato
in più occasioni di ritenere giusto, da ammalato, curare e salvare prima i
più giovani, d’essere pronto a dare loro la precedenza. Così, abbiamo deciso di
non rinviare: commozione e lezione restano intatte.