IDEA n.13 del 2 aprile 2020
Il regista milanese d’adozione ha colto per primo il senso della trasformazione legata al covid-19 ed è pronto a raccontarla con strumenti nuovi
Ci si interroga molto sulla vita che c’era prima e su quella che ci sarà dopo il coronavirus. Ma intanto c’è da fare i conti con questa attualità sospesa, con il #restoacasa e le difficoltà che tutti abbiamo dovuto affrontare per riadattare le abitudini, lavorative e non solo, all’impossibilità di uscire da casa, alla necessità di rinunciare ad alcune libertà in nome della sicurezza di tutti. Un immenso esperimento sociologico che, superata l’emergenza sanitaria, sarà ricordato come un momento storico, intenso e drammatico quanto una guerra, epocale come tutte le esperienze mai vissute prima. Un fenomeno mediatico che sta già producendo, grazie all’esistenza del web, innumerevoli interventi via video, dalle riunioni tra dirigenti alle lezioni per studenti passando per le tante “challenge”, le sfide ideate e diffuse tra le comunità dello sport o dello spettacolo.
Qualcosa che andrà raccontato. Specialmente nella prospettiva di una generale e auspicata ripartenza. A farlo saranno grandi narratori, registi come ad esempio Gabriele Salvatores che, proprio in questi giorni, ha alzato il sipario su un nuovo innovativo progetto che nasce dall’idea di realizzare un docufilm sviluppato e prodotto in modalità “smartworking”, con i contributi inviati direttamente dai cittadini alle prese con le quarantene e gli isolamenti che tutti abbiamo imparato nostro malgrado a condividere. Così è nato “Viaggio in Italia”, un film collettivo che «racconta della crisi che stiamo vivendo vista dagli occhi e dagli smartphone degli italiani» come si legge sul profilo social aperto appositamente per raccogliere i contribuiti di chi è rimasto a casa. L’invito, quindi, è rivolto a tutti.
Per realizzare il “docu-film” a cui sta lavorando chiede alle persone comuni (con i loro “smartphone”) di essere “i suoi occhi” e raccontare la quotidianità ai tempi della quarantena
Salvatores chiede alle persone di essere “i suoi occhi”. Racconti di quotidianità, punti di vista personali, momenti di vita: tutto questo materiale sarà assemblato in un grande, enorme mosaico dell’isolamento italiano da nord fino a sud. Il film sarà prodotto da “Indiana produc tion” e “Rai cinema”. Per l’autore napoletano di nascita ma milanese d’adozione, non si tratta di un’impresa inedita. Nel 2014 aveva infatti realizzato “Italy in a day”, altro “docufilm” in cui raccontava la giornata tipica delle persone che avevano direttamente inviato i loro video. Nel caso di “Viaggio in Italia”, però, tutto cambia perché la raccolta e la lavorazione dei contributi viene effettuata in modalità “smartworking”, l’unica possibile in questo periodo. Di conseguenza diventa difficile anche immaginare una data di uscita dell’opera: «È un po’ come chiedersi quando finirà l’emergenza» ha dichiarato il regista alla rivista specializzata “Variety”, spero che per l’estate l’emergenza sarà rientrata e allora potremo pensare di avere il film pronto per settembre».
Il titolo “Viaggio in Italia” è lo stesso del film diretto nel 1954 da Roberto Rossellini. Allora narrava, attraverso gli occhi di una coppia di inglesi, l’esplorazione di un’Italia (rappresentata da Na – poli) appena uscita dalla guerra e ancora in fase di ricostruzione. Oggi il clima da post conflitto è riproposto dalle conseguenze economiche, culturali e sociali che il dopo virus proporrà con probabile veemenza. Gabriele Salvatores ha colto per primo il senso di questa trasformazione. E vuole raccontarla con strumenti nuovi. Del resto si tratta di un regista che ama sperimentare. Lo dice l’evoluzione stessa della sua carriera.
Che inizialmente arriva subito all’apice soprattutto grazie alla trilogia sul tema della fuga, tipico dei suoi primi film: “Marrakech Express” del 1989, “Turné” del 1990 e “Mediterraneo” del 1991, premiato con l’Oscar del miglior film straniero. “Puerto Escon dido” è ancora in linea con i precedenti film, “Sud” entra nell’analisi sociale e politica. La sperimentazione vera e propria comincia con “Nirvana” del 1997, in stile cyberpunk, fino a “Quo vadis, baby?” del 2005 per arrivare a “Il ragazzo invisibile” del 2014, raro esempio di supereroe all’italiana.
UN PR EMIO OSCAR E TANTI RICONOSCIMENTI
Gabriele Salvatores, che compirà 70 anni il prossimo 30 luglio, è uno dei registi italiani più apprezzati e premiati. Oltre a essere tra i non molti cineasti del nostro paese ad aver vinto l’oscar per il miglior film in lingua straniera (“mediterraneo”, nel 1992, premio per il quale è stato il candidato italiano anche nel 2004 con “io non ho paura”), il milanese commendatore dell’ordine al merito della repubblica italiana si è aggiudicato due “David di Donatello” (proprio per i film appena citati) e 4 “nastri d’argento” (ancora per “mediterraneo” e “io non ho paura”, che gli è valso an che un “Globo d’oro”, cui si aggiunge il “miglior documentario” nel 2011 per “1960” e il “nastro dell’anno” per “italy in a day- un giorno da italiani”.
Anche sceneggiatore, Salvatores non si è fatto mancare la regia di videoclip, tra cui quello della canzone “la domenica delle salme” di Fabrizio de Andrè nel 1990, che ebbe tra i partecipanti Claudio Bisio, spesso tra gli i protagonisti dei film di Salvatores.
Molti registri hanno un proprio attore “feticcio”, quello che pare impossibile mancare nel cast e rende riconoscibile la firma di chi dirige la macchina da presa. Per Gabriele Salvatores questa parte è appannaggio di Diego Abatantuono (i due sono nella foto sopra, a destra) il quale rappresenta però qualcosa di più.
L’attore, anche lui emigrato giovanissimo a Milano dal sud, non solo ha preso parte a ben 10 dei 18 film realizzati dal regista, fin a partire dal secondo lungometraggio, “Kamikazen-ultima notte a Milano” del 1987 per arrivare a all’ultimo uscito in sala “tutto il mio folle amore” dell’anno scorso. Abatantuono e Salvatores, infatti, sono anche soci fondatori della casa di produzione cinematografica “Colorado film” ma soprattutto amici. Basti dire che Salvatores è sposato con l’ex compagna di Abatantuono (la scenografa Rita Rabassini): ci sono figli condivisi tra le due famiglie e abitazioni vicine. A dividerli soltanto la fede calcistica: interista Salvatores e risaputamente milanista Abatantuono.