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La gratitudine che serve

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«Forza Italia, andrà tutto bene. Oggi il negozio aiuterà i bisognosi: la merce
su questo banco è gratis».

Il cartello è esposto in un negozio di ortofrutta di Vercelli ed è uno dei piccoli simboli della solidarietà del Paese, come il “panaro” pieno di provviste che penzola da un balcone a Napoli (“Chi può metta, chi non può prenda”, dice il foglietto incollato sopra) o le due banconote da cinquanta euro regalate da un passante alla coppia che non aveva più da mangiare e urlava la sua disperazione davanti a una banca di Bari. Qui, però, c’è qualcosa di più. Non c’è solo cuore, ma gratitudine. C’è l’antica morale per cui il bene fatto viene restituito e la conferma della sensibilità speciale di chi ha sofferto e non dimentica, di chi conosce davvero l’importanza dell’aiuto per essere stato soccorso, a sua volta, nel bisogno. Il negozio appartiene a Shaban, l’ha aperto sei anni fa ed è un sogno realizzato, racconta l’integrazione di un ragazzo partito dall’Egitto per cercare un futuro migliore o semplicemente un futuro.

«Io sono stato accolto a braccia aperte dall’Italia diventata casa mia», ha raccontato a La Stampa ,«ora è giusto che faccia qualcosa per chi sta vivendo un momento difficile. Sono solo e ho di che mangiare, mentre c’è chi non ha nulla, neppure un euro per pagare la spesa. Allora io gliela regalo. Siamo tutti una grande famiglia e tutti dobbiamo aiutarci».

Un gesto spontaneo, prezioso per tante persone in difficoltà: «Sono venuti in tanti», racconta Shaban, «qualcuno in imbarazzo, con gli occhi rivolti a terra. In un momento così è giusto dare una mano, faccio la mia parte». Senza timore d’essere ingannato per la sua bontà, di cadere nella trappola di furbetti e profittatori: «Si vede subito in faccia chi ha bisogno e chi no. Negli occhi di chi è in difficoltà c’è tanta tristezza». Shaban conosce quello sguardo, lo ha visto in uno specchio e non è il solo. Altri suoi connazionali e colleghi fanno lo stesso.

Sameh a Canonica d’Adda, nel Bergamasco, ha scritto: “Dieci anni fa mi avete accolto, ora voglio dirvi grazie”. Ha lavorato come pizzaiolo, poi è entrato nel commercio, oggi è orgoglioso del suo negozio ma nemmeno lui dimentica i giorni duri e le mani tese: «Non avevo niente e qui tutti mi hanno generosamente aiutato, per quel poco che posso voglio ricambiare. Il mio cartello significa grazie Italia, voglio sentirmi a posto con il cuore». Amir, a Follonica, regala invece la frutta ai volontari che si occupano del servizio mensa per le persone in difficoltà: «Ho deciso di farlo perché tanti oggi non hanno più lavoro e stipendio, io sono fortunato e voglio dare una mano. Ho chiesto come potevo e mi hanno suggerito di mettermi in contatto con i volontari: io non avrei saputo come trovare chi ha bisogno». I medici albanesi, ma anche i fruttivendoli egiziani: il cuore e la gratitudine hanno tanti volti e tanti mestieri.