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Più che mai dalla parte di chi soffre

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La gestione dell’emergenza coronavirus ha il volto, le mani e le parole dei volontari, anch’essi impegnati in prima linea alla stregua degli operatori sanitari e di coloro i quali lavorano in attività che forniscono beni di prima necessità.

Nonostante il rischio di contagio sia elevato, queste persone continuano, con grande altruismo,
a dedicarsi agli altri e, in particolare, a chi, durante l’emergenza sanitaria in corso, sta soffrendo di più. È il caso, ad esempio, degli anziani, soprattutto quelli che vivono soli, i quali sono  impossibilitati a vedere i propri cari, se non in casi di estrema necessità e, pure, costretti a rinunciare alle proprie abitudini, come una passeggiata al parco oppure la sosta nella piazza del paese per fare quattro chiacchiere.

La tecnologia è sicuramente d’aiuto, ma non a tutti, visto che sono diversi gli “over 65” che non hanno l’opportunità di utilizzare gli strumenti messi a disposizione dall’innovazione digitale
e tecnologica. IDEA si è recata a Savigliano, dove gli anziani sono supportati da una capillare
rete solidale, assicurata dall’impegno di numerose associazioni.
Tra queste c’è la “San Vincenzo De Paoli”, realtà che da quasi un secolo è attiva sul territorio saviglianese per assicurare conforto e aiuto alle persone che vivono situazioni di difficoltà.

Abbiamo incontrato una delle anime dell’associazione, Stefania Sito, giovane impiegata a Roddi che nella sua città riveste anche il ruolo di vicepresidente della Consulta della solidarietà.

Stefania, cos’è cambiato con l’emergenza legata alla diffusione del coronavirus?
«Sono accresciute le difficoltà delle persone e delle famiglie che già vivevano situazioni di
disagio. Penso, in particolare, agli anziani soli, ma anche alle famiglie numerose in cui uno o
entrambi i genitori hanno perso il lavoro o, comunque, faticano a reperire entrate. Stanno incontrando grosse difficoltà anche coloro i quali erano costretti a lavorare “in nero” e che quindi ora non sono tutelati dalla minima garanzia. Per tutti loro, oltre che di sostegno economico, c’è bisogno di un importante supporto psicologico».

Qual è il vostro apporto in questa fase?
«Abbiamo ottenuto dal Comune un’autorizzazione che ci consente, previo l’impiego dei dispositivi di protezione e il rispetto delle norme di sicurezza, di proseguire la nostra attività.
Nello specifico, assicuriamo sostegno a circa 80 nuclei familiari, preoccupandoci di consegnare buoni spesa oppure di fornire a domicilio alimenti, beni di necessità e farmaci».

Gli anziani come stanno vivendo la situazione?
«Non bene. Ancora più che per il rischio del contagio sono preoccupati per la salute dei propri
cari e sono dispiaciuti per non poter più svolgere quelle attività abitudinarie che, per molti di
loro, sono ormai tutto. Le norme restrittive ci vietano di trascorrere del tempo con i nostri assistiti. In ogni caso, facciamo il possibile per non farli sentire soli: oltre a provvedere
ad acquistare e consegnare a casa generi alimentari e medicinali, li aiutiamo a mettersi in
contatto con le proprie famiglie, un aspetto che per noi giovani può sembrare banale, ma
che non lo è affatto per chi non è avvezzo con la tecnologia».