Un direttore sempre in campo «come Baresi»

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«Lei è quello che nel calcio si definirebbe un “frutto del vivaio” essendo lavorativamente nato e cresciuto all’interno dell’Aca. Si sente più un Del Piero o un Totti?». Come esordio d’intervista potrebbe risultare spiazzante, ma il diretto interessato, con un aplomb invidiabile che si nota già di primo acchito, non si scompone, riflette un attimo e poi risponde: «Siccome sono milanista e quando giocavo a calcio a livello amatoriale ero schierato in difesa o agivo da libero, mi sento più un Maldini o un Baresi o un Collovati».
D’altronde il libero dirige la difesa e Fabrizio Pace fa lo stesso con l’Associazione commercianti
albesi dal 2017, dopo esserne stato vicedirettore per 15 anni, completando un percorso iniziato nel 1984, subito dopo il diploma da ragioniere.
Di Diano d’Alba, ma originario di Cossano Belbo (località Scorrone) Fabrizio Pace è anche  presidente del Poliambulatorio San Paolo di Alba e presidente dell’agenzia Expo turist.

«In Aca», spiega lo stesso Pace, «ho cominciato dalla segreteria generale, ero il centralinista e
aiutavo a fare le tessere, poi il direttore di allora, Giancarlo Drocco mi ha mandato per un
anno a occuparmi di un gruppo acquisto collettivo per alimentaristi che si chiamava “Alco”, a
Santa Vittoria d’Alba che è stata un’esperienza fondamentale per la mia carriera lavorativa.
Tornato a lavorare in sede, mi sono state affidate le associazioni di via, appena nate: i commercianti del centro storico, “Albauno” e “Albapiù”. Per anni mi sono occupato  dell’organizzazione degli eventi: anche questa è stata un’esperienza sul campo molto interessante, formativa. Avevo a che fare con presidenti come Giuseppe Vinai, Cesare Bella e Bruno Canonica. Erano altri periodi, con un’economia che tirava molto e sponsor assai generosi che ci permettevano di concretizzare eventi di rilievo. Ricordo che in quegli anni avevamo organizzato il primo concerto di “Albauno”, in corso Pia ve e si esibiva Fiorella Mannoia».

Cosa vuol dire essere direttore?
«Vuol dire coordinare i responsabili dei diversi settori, che sono 10, tutte ottime persone,
e vuol dire avere con loro un rapporto franco e diretto, come sono peraltro nella vita di tutti i
giorni e anche con gli altri collaboratori: 130 in Aca e 18 al Poliambulatorio. Lo stesso tipo di rapporto bisogna tenerlo con i nostri associati e i nostri clienti. Abbiamo una duplice veste:
da un lato come Associazione commercianti ci rivolgiamo a soci, oggi oltre 2.500, ma avendo
sviluppato nel tempo alcune società che erogano servizi possiamo contare su soci diventati
anche clienti, i quali usufruiscono dei plus che assicuriamo alla piccola e media impresa».

Oltre alla competenza, un direttore deve avere doti relazionali. Si imparano e sono innate?
«Un po’ è connaturato, ma credo che nel mio caso almeno in parte queste qualità me le abbiano inculcate il direttore Giancarlo Drocco e il presidente Gian Giacomo Toppino, ma le ho imparate anche dai presidenti delle associazioni di via. A fine anni ’80 e negli anni ’90 facevamo almeno tre riunioni alla settimana dopo cena. Mi hanno insegnato come mi dovevo comportare, che ruolo avere. Sono stati 10 anni di formazione continua, che mi sono poi serviti».

Gli incontri che ha fatto sono stati determinanti per renderla il direttore che è, quindi. In tal senso ci sono altri da citare?
«Di certo l’attuale presidente Giuliano Viglione e la vice direttrice Silvia Anselmo, persone fondamentali per me, insieme alle quali ho fatto un percorso di crescita e per cui provo un grande rispetto. Poi, durante gli anni da direttore dell’Enoteca regionale piemontese “Cavour” di Grinzane Cavour, presieduta dal senatore Tomaso Zanoletti (un’altra figura importante per il mio percorso professionale) ho avuto la fortuna e l’onore di incontrare personaggi come Sofia Loren, in occasione dell’Asta mondiale del tartufo bianco d’Alba e una serie di chef da Alain Ducasse a Heinz Beck oltre a personaggi politici di spicco che non avrei potuto incontrare se non avessi ricoperto quel ruolo».