Coronavirus, mercati azionari in difficoltà. Carlo Alberto De Casa (ActivTrades): “L’oro resta il bene di rifugio per eccellenza”

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La pandemia di Covid-19 sta sicuramente rallentando e mettendo in grande difficoltà l’economia non solo dell’Italia ma di tutto il mondo.

Ovviamente anche le Borse hanno subito le ripercussioni di questo virus con andamenti in calo ed un’instabilità diffusa dall’inizio della pandemia. Ideawebtv ha contattato in esclusiva il saluzzese Carlo Alberto De Casa, capo analista del broker londinese ActivTrades, cui il quale abbiamo affrontato alcuni temi sul mercato internazionale.

Il Covid-19 ha generato un gran caos sulle borse nei primi mesi del 2020. Cosa sta capitando?

“All’inizio il rischio è stato sottostimato, infatti in un primissimo momento gli indici hanno proseguito nel loro cammino rialzista, fino a toccare dei massimi significativi fra il 18 ed il 19 febbraio. L’espandersi del virus in Europa ha completamente cambiato lo scenario. Le borse hanno iniziato una rapida inversione. Quello che gli anglosassoni chiamano “lockdown”, ossia la chiusura parziale o totale delle attività lavorative nei vari paesi, ha generato un crollo azionario su ampia scala. In meno di un mese siamo passati dalle stelle alle stalle, almeno per quanto riguarda le quotazioni dei mercati azionari. Il FTSE Mib, il paniere principale di piazza affari è sceso dai massimi di metà febbraio oltre i 25.000 punti, sin sotto quota 15.000. Anche Wall Street ha accusato il colpo. L’S&P 500, il listino dei 500 titoli con la maggiore capitalizzazione, è scivolato da dei massimi in area 3.400 punti sino a 2.100, mentre l’indice VIX, che misura la volatilità, volava verso l’alto.”

A questo punto, però, sono intervenute le banche centrali…

“Esattamente. Possiamo dire che l’intervento della BCE e soprattutto quello della Federal Reserve sinora per le borse sono stati fondamentali. E le borse ovviamente scontano quelli che saranno gli effetti del loro intervento sugli utili delle imprese e, indirettamente, sull’andamento dell’economia. Per far sì che le aziende vadano bene, serve una domanda sostenuta da parte della gente, possibile soltanto se l’economia non tracolla. Il quantitative easing potenzialmente illimitato della Federal Reserve e quello da ben 750 miliardi della BCE mirano proprio a questo. Operativamente parlando il FTSE Mib ha messo a segno un recupero del 20%, mentre gli Usa di circa 30 punti dai minimi.”

Uno strumento che si è ben comportato in questa prima parte del 2020 è senz’altro l’oro…

“L’oro è da sempre il bene rifugio per eccellenza. Non è certo una gran sorpresa vedere il prezzo del metallo giallo ai massimi da 7 anni e ad appena una decina di punti percentuali dai massimi storici toccati nel 2011. Molti risparmiatori hanno deciso di investire sull’oro in questa fase, vedendolo come una sorta di assicurazione nel caso di altri crolli azionari o se dovesse esserci un collasso valutario. In altre parole, il fatto che le banche centrali siano costrette a stampare ingenti quantitativi di nuova moneta potrebbe generare scompensi in futuro, fra cui potenzialmente anche qualche fiammata da parte dell’inflazione (che al momento manca da anni).”

Ha invece perso quota il petrolio, come mai?

“La discesa del petrolio ha assunto proporzioni drammatiche, basti pensare che da inizio anno il WTI, ossia il West Texas Intermediate, punto di riferimento per il greggio americano ha perso il 60% del suo valore. Il petrolio è crollato a marzo da 50 dollari al barile sin sotto quota 20 dollari al barile (WTI) posizionandolo fra le peggiori materie prime come performance. A determinare questa discesa sono stati due fattori principalmente. Da un lato, come facilmente immaginabile il coronavirus, che ha fatto crollare la domanda mondiale di petrolio. Dall’altra, il mancato accordo fra Arabia Saudita e Russia in merito ad un taglio della produzione ha spinto i sauditi ad inondare il mercato di greggio, al fine di far crollare il prezzo ed estromettere dal mercato parte dei concorrenti. Ad inizio aprile, dopo che il prezzo aveva aggiornato i minimi da 15 anni, si è iniziato a lavorare per un accordo, arrivato a Pasqua, con un taglio di 9,7 milioni di barili al giorno. Possiamo però ricordare come anche un taglio di queste dimensioni potrebbe non bastare a sostenere i prezzi. Vari analisti hanno infatti stimato in circa 30 milioni di barili al giorno la riduzione della domanda”.