«Io non sono mica una cuoca, sono una casalinga», spiega Gemma Boeri quando le si chiede cosa altro avrebbe potuto fare nella vita. «Da giovane, in realtà lavoravo come sarta. Ma da quando avevo prestato servizio come cameriera in un locale della zona, il mio sogno è sempre stato quello di aprire un piccolo ristorante tutto mio. Ci pensavo e ripensavo. Così quando a Roddino hanno aperto il circolo e mi hanno chiesto se me ne volevo occupare e io ho risposto subito “va bene, ci provo”». Su come i turisti in Langa siano cambiati nel corso degli anni, la ristoratrice di Roddino spiega: «Gli italiani ora hanno qualche pretesa in più, gli stranieri invece sono rimasti uguali, entusiasti, calorosi, amano queste colline e il nostro cibo, per loro va sempre tutto bene. Vengono tanti tedeschi, svizzeri, americani, io parlo solo un po’ di francese ma quando l’argomento è il cibo è facile capirsi».
Sul suo rapporto con le nuove tecnologie e le recensioni online, Gemma chiosa: «Se ne occupa mio figlio (Marco Andriano, sindaco di Roddino, ndr), io non leggo quasi niente. Mi rincuora che i commenti siano solitamente positivi, ma non si può piacere a tutti e accetto le critiche perché possono essere utili per migliorare. Noi generalmente non rispondiamo ma per fortuna i miei clienti affezionati ribattono alle poche critiche scrivendo il loro punto di vista. Quello che mi fa dispiacere è quando scrivono cose ingiuste. Solo una volta ho risposto personalmente perché una recensione mi aveva molto ferita e ho potuto resistere. Mio figlio mi aveva raccontato che un signore, che diceva di essere un cuoco, aveva scritto che le mie tagliatelle non erano fatte a mano perché non era possibile che preparassimo in casa la pasta per tutti i clienti che erano nel locale quel giorno. Io ho risposto che era possibile eccome, visto che io mi sono rovinata la schiena e le braccia a forza di tirare e tirare la pasta per i tajarin, ogni settimana».