«Il certo è un’illusione e la pandemia lo sta dimostrando bene»

Francesco Biestro di Revello ha deciso che viaggiare è la sua ragione di vita. Oggi risiede alle Canarie e organizza piccoli eventi

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“Lentamente muo­­re chi non capovolge il ta­volo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l’incertezza per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati” scriveva la scrittrice brasiliana Martha Medeiros Mai come in questo momento storico, ci si rende conto che la certezza è relativa, tutto ciò che ci appartiene oggi, può non rappresentare l’àncora (ma anche l’ancòra) di un domani. Queste sono le premesse per introdurre l’esperienza vissuta da Francesco Biestro, trentunenne revellese impiegato in una multinazionale, che da un giorno all’altro ha buttato in aria tutto e stravolto la sua vita.

Francesco, che mansione ricopriva prima di cambiare vita?
«Lavoravo come manutentore elettrico e giravo su turni a base settimanale, il che significa che una ogni tre lavoravo di notte. Facevo questo mestiere da ormai 7 anni e la cosa iniziava a pesarmi, perchè ritengo che nella vita sia importante provare nuove esperienze e anche perchè i turni sono fisicamente molto probanti».

Perché ha deciso di lasciare la certezza per buttarsi nell’ignoto?
«Perchè il certo è una illusione e questa pandemia credo lo stia mostrando molto bene. La fabbrica nella quale lavoravo stava andando male e con un poco di lungimiranza era chiaro dove si sarebbe andati a parare. Inoltre sognavo da anni di partire solo verso l’ignoto, senza limiti di tempo e spazio. Quando facevo i viaggetti nel fine settimana incontravo spesso viaggiatori “a tempo indeterminato” e ascoltavo le loro storie con gli occhi pieni di sogni. Col senno di poi non rimpiango minimamente la mia scelta, anche perchè quella fabbrica ora è chiusa mentre io vivo alle Canarie».

Cosa ti è mancato di più, e cosa ti ha spinto a fermarti?
«Non direi propriamente che mi sono fermato, ho scelto una esperienza che mi permettesse di muovermi ma al contempo mi desse un minimo di stabilità. Questo perché ero fisicamente e mentalmente esausto. Avevo bisogno di una pausa da tutta questa incertezza, dal non avere un armadio (i miei vestiti erano o alla rinfusa sul letto o nello zaino), dagli incontri fugaci, dal sapere che chi ti stava intorno sarebbe sparito in una settimana, dal non avere una routine e altro ancora. Vivere alla giornata è meraviglioso ma è anche mentalmente difficile, prima o poi devi fare una pausa da tutto questo».

Cosa ti ha spinto, dopo un breve soggiorno a casa tua, a partire come volontario per l’Unione europea presso le Canarie?
«È stato tutto molto casuale. Io ero appena tornato a casa dal mio viaggio, avevo iniziato a cercare lavoro e allo stesso tempo una mia amica avventuriera (anch’essa di Revello) a­veva appena abbandonato questo progetto per partire alla vol­ta della Colombia. Mi ha detto che cercavano un sostituto e dopo qualche mail e un paio di settimane ero qui».

Di cosa ti occupi?
«Al momento mi occupo (o mi occuperei se non fosse che è tutto bloccato) di organizzare piccoli eventi con i giovani di un paesino chiamato Moya. Oltre a questo faccio video e qualche lavoro di grafica».

Quali progetti hai per il futuro?
«Inizialmente erano quelli di partire alla volta dell’Australia o del Canada, sfruttando la mia ultima chance di ottenere il visto lavorativo di un anno (lo puoi ottenere fino alla soglia dei 31 anni) però i recenti sviluppi e l’emergenza sanitaria mi hanno fatto decidere di stabilirmi qui almeno per un po’. Non sono il tipo che fa progetti a lungo termine, la vita ti mette di fronte ad un sacco di occasioni interessanti se solo si ha la flessibilità necessaria per coglierle.

Come stai vivendo la situazione Covid-19 lontano da casa?
«In realtà non posso dire di viverla male. Egoisticamente parlando, i miei cari stanno tutti bene e comunico con loro ogni giorno, io sono qui a casa in quarantena con la mia ragazza e lavoro tramite pc. Certo mi manca lo zampettare libero nei prati però mi sono adattato piuttosto bene. Purtroppo leggendo i dati di questa malattia e vedendo i servizi che giungono dall’Italia e dal mondo non posso che provare una certa tristezza per chi è stato colpito».